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La protezione delle fonti vale anche per i blogger

Più responsabilità diretta per i media. Tocca a loro vigilare affinché i commenti pubblicati dai blogger non siano diffamatori. imagepoint.com

I media non possono essere costretti a rivelare gli indirizzi IP di chi partecipa ai loro blog anche nel caso di commenti diffamatori. Lo ha deciso il Tribunale federale respingendo un ricorso.

«Questa decisione è oltremodo importante perché si tratta della prima volta in cui il Tribunale federale si pronuncia in favore della protezione delle fonti nell’ambito dei blog. La sentenza è in linea con decisioni precedenti del tribunale che riconoscono il ruolo dei media in quanto ‘guardiani’», afferma il professore di diritto Rolf H. Weber.

La sentenza riguarda un internauta che aveva redatto un commento diffamatorio nei confronti di una terza persona su un blog della Televisione svizzero tedesca SF, relativo a una trasmissione sul Ridotto nazionale, un programma storico in cui veniva simulato il periodo della Seconda guerra mondiale. L’utente si era identificato unicamente con le iniziali A. M.

La persona presa di mira dal commento aveva sporto denuncia contro l’utente anonimo per diffamazione e abuso dei sistemi di comunicazione. La procura pubblica di Zugo aveva chiesto alla SF di consegnarle l’indirizzo IP (l’equivalente di un indirizzo stradale o un numero telefonico riferito però alla rete informatica), per risalire all’identità del blogger.

La SF ha però rifiutato, spiegando che tale informazione era contraddittoria al principio della protezione delle fonti e ha deciso di ricorrere presso il tribunale di ultima istanza.

Sentenza importante

Mercoledì, a Losanna, tre giudici su cinque della massima autorità giudiziaria svizzera hanno dato ragione alla televisione SF.

«Il giudice federale Heinz Aemisegger ha sottolineato il fatto che la protezione delle fonti e il segreto editoriale sono importanti indipendentemente dal caso concreto» ha spiegato Rudolf Mayr von Baldegg, consulente legale della SF.

In un rapporto pubblicato giovedì, Mayr von Baldegg ha scritto che il tribunale ha definito un blog di questo tipo come una forma di contenuto editoriale. La questione era definire se il contenuto servisse a informare o a intrattenere.

Due dei cinque giudici hanno ritenuto che il commento non avesse contenuti informativi in relazione al programma televisivo e pertanto non potesse essere invocata la protezione delle fonti sancita dalla legge svizzera.

Nel suo rapporto, Mayr von Baldegg afferma invece: «a una persona che esprime un’opinione in un blog deve essere garantita la protezione e la certezza che la sua identità non sarà trasmessa alle autorità anche se il media in questione è coinvolto in procedure legali».

Alla fine, il tribunale ha deciso che fosse più importante proteggere tali metodi di comunicazione evitando di emanare provvedimenti contro i media.

«È difficile definire il limite tra informazione e intrattenimento. E solo i contenuti informativi beneficiano della protezione delle fonti», ha affermato il professor Weber, aggiungendo che tramite questa sentenza, la responsabilità dei commenti ricade sulle società di comunicazione.

«Il Tribunale federale segnala che i media sono responsabili al fine di evitare la violazione dei diritti personali nei blog», ha spiegato Weber.

Responsabilità dei media

Dominique von Burg, presidente del Consiglio svizzero della stampa, si ritiene soddisfatto della sentenza perché viene così garantita la libertà dei media.

Ha dichiarato all’Agenzia telegrafica svizzera che sarebbe inaccettabile se i media diventassero degli aiutanti del sistema giuridico, aggiungendo però che questa libertà va di pari passo con degli obblighi.

«Le società di comunicazione devono assumersi le loro responsabilità e monitorare i commenti pubblicati», spiega il presidente del Consiglio svizzero della stampa, sottolineando la necessità di controllare i contenuti di forum di discussione e blog.

«Dal punto di vista sociologico, le persone si sentono più libere pubblicando commenti online rispetto alle lettere destinate alle redazioni» sottolinea Von Burg che però non crede a un cambiamento del comportamento delle persone dopo questa sentenza.

In ogni caso, anche se la corte avesse deciso che la richiesta dell’indirizzo IP era fondata, non per forza si sarebbe potuto risalire all’identità del blogger. Ci sono infatti molte possibilità per pubblicare commenti da reti condivise o pubbliche.

Il problema della diffamazione in internet naturalmente non è di attualità solo in Svizzera.

La Gran Bretagna dispone di una normativa molto rigida in materia di diffamazione online. La corte suprema britannica può ordinare sia ai provider di internet sia ai servizi di comunicazione di trasmettere l’identità dei blogger anonimi. Ultimamente però si discute di riformare tale normativa.

Nel 2006, in Irlanda, la corte suprema ha rifiutato di ordinare la comunicazione dell’identità di alcuni piloti della Ryanair che avevano pubblicato dei commenti sul sito di un sindacato.

Negli Stati Uniti, dove non ci sono leggi nazionali per la protezione delle fonti dei media, ci sono stati numerosi casi.

Nel 2009, un quotidiano dell’Illinois, ha comunicato l’identità di 5 persone che avevano pubblicato dei commenti su di un articolo relativo all’arresto di un presunto assassino.

Nel 2010, nel Montana, alcuni blogger hanno dovuto testimoniare durante un processo per un duplice omicidio.

Nel frattempo, i giudici di alcuni stati come la Florida e il Texas, hanno deciso di proteggere l’identità dei blogger anonimi.

(Traduzione e adattamento, Michela Montalbetti)

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