“La storia svizzera è stata scritta anche altrove”
Eminenti esperti chiedono la creazione di un istituto e di un dizionario che riuniscano le molteplici ricerche sulla storia dell'emigrazione svizzera. L'obiettivo è di avere una visione globale della storia elvetica, con le interconnessioni fra immigrazione ed emigrazione.
Un approccio sistematico permetterebbe di avere un quadro più completo dell’emigrazione svizzera, di scavare nella miriade di ragioni che hanno spinto tanti cittadini elvetici ad andare all’estero e di esaminare gli influssi che i paesi di accoglienza hanno avuto su di loro e sulla madre patria .
In un recente convegno storico intitolato “La Svizzera altrove”, che ha riunito a Berna ricercatori di diversi paesi, Leo Schelbert, ex professore dell’università dell’Illinois a Chicago, ha lanciato un appello per una sintesi di tutto il lavoro, che è stato compiuto o che è ancora in corso, sugli svizzeri all’estero. A suo parere, i tempi sono maturi per elaborare un dizionario storico sull’emigrazione elvetica.
Aprire la storia
“La giovane generazione di studiosi sembra essere aperta alla storia degli svizzeri emigrati”, dichiara a swissinfo.ch Schelbert. La globalizzazione e i moderni mezzi di telecomunicazione, in particolare Internet, hanno contribuito ad accrescere la consapevolezza generale “dell’identità comune fra coloro che sono all’estero e coloro che sono in patria”.
Attualmente c’è una particolare “attenzione accademica per gli svizzeri all’estero”, che si iscrive “nel grande interesse della ricerca storica per le questioni di trasferimento culturale”, spiega a swissinfo.ch Brigitte Studer, professoressa di storia all’università di Berna.
Occorre “superare la visione nazionale su una serie di tematiche per cercare di individuare quali sono le interazioni, la circolazione di idee, i trasferimenti tra i diversi paesi, gli incroci di relazioni con l’estero”. In altri termini “si tratta di dischiudere la storia della Svizzera”, sintetizza l’esperta.
Istituzionalizzare la tematica di ricerca
Seppur molto nutrite, le ricerche sull’emigrazione da sole non bastano. “Se non c’è un’istituzionalizzazione di certe tematiche di ricerca, spesso le cose si perdono”, avverte. Perciò, sollecita l’istituzione di una cattedra universitaria specifica e sostiene l’idea di Leo Schelbert di creare un dizionario storico dell’emigrazione svizzera.
Sulla stessa lunghezza d’onda è il suo collega dell’università di Basilea Georg Kreis, il quale traccia un parallelo tra una società sempre più mobile e la proliferazione di studi storici sulla diaspora.
Kreis è convinto che questo aspetto meriti un’attenzione speciale nello studio del passato. Tuttavia giudica che non debba gravitare troppo sul programma d’insegnamento universitario. Egli rammenta che esistono già istituti di ricerca focalizzati sulla migrazione, in particolare quello dell’università di Neuchâtel.
Incoraggiato dalla reazione positiva dei circoli accademici elvetici, Schelbert vede la possibilità di una cooperazione più stretta tra le università svizzere, come anche un rafforzamento della collaborazione con altre istituzioni.
“La mia idea è di collegare un futuro istituto di storia sugli espatriati con musei e scuole. Il sapere non resterebbe rinchiuso in una torre d’avorio, ma sarebbe ampiamente divulgato per formare la nostra coscienza collettiva nazionale”, precisa.
“Politica estera di milizia”
Ciò contribuirebbe anche a rafforzare la consapevolezza politica dell’importanza degli svizzeri all’estero come “ambasciatori” della Confederazione. Sacha Zala, direttore del centro di competenza per la storia della politica estera Documenti Diplomatici Svizzeri, evidenzia come dagli anni ’50 e ’60 “c’era veramente nelle autorità federali di alto livello il disegno strategico di veicolare gli espatriati quale strumento per migliorare l’immagine della Svizzera all’estero”.
L’idea di attivare la Quinta Svizzera quale portatrice di un’immagine positiva è anche dettata da un calcolo speculativo: gli espatriati “sono già presenti sul posto e ci costano poco”, rileva Zala. Secondo lo specialista, “in fondo, è la continuazione del sistema che c’è all’interno del paese, ossia il sistema di milizia. È una politica estera di milizia che utilizza i concittadini” in loco.
La volontà della Confederazione di rafforzare i legami con i propri cittadini espatriati, come risorse da curare, si è d’altronde sempre manifestata in momenti difficili. La prima volta si riscontra durante la Prima Guerra mondiale, con l’intento di farne dei portatori di valori elvetici nel mondo.
È in quel contesto che è nata l’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE), fondata nel 1916 da membri conservatori della comunità, in netto contrasto con il profilo liberale dell’emigrante medio. Per la diaspora è un passo fondamentale: da quel momento ha un portavoce che fa pressione a Berna.
Fino ad allora, lo Stato federale aveva considerato l’emigrazione come una questione privata. Autorità locali, non di rado, avevano persino incoraggiato i loro cittadini più poveri a lasciare il paese e cercare fortuna altrove.
Lezioni e sfide
Nel recente convegno storico sull’emigrazione svizzera, Kreis ha sottolineato il fascino di studiare l’interrelazione tra le esperienze della vita quotidiana con questioni più astratte di doppia identità e fare confronti e legami con diversi paesi e con gruppi sociali e di genere.
Attraverso lo studio delle migrazioni “si vedono molte cose: l’azione statale, l’azione dei poteri pubblici, gli interessi economici, gli scambi culturali e tanto altro ancora. È un soggetto di ricerca estremamente vasto e in espansione”, analizza Brigitte Studer.
“La storia svizzera non è stata scritta solo dagli avvenimenti sul territorio nazionale, bensì anche altrove”, rileva la professoressa universitaria. “Una cattedra e/o un dizionario della Svizzera altrove potrebbe aprire lo sguardo sulla storia elvetica e permettere di vederla come una storia integrata nel mondo”.
La ricercatrice aggiunge che “la Svizzera è un paese globalizzato già da tanto tempo. Ma spesso non se ne rende conto, proprio perché il suo sguardo su sé stessa è limitato al territorio nazionale”.
Tasselli mancanti
Gli esperti concordano sul fatto che si debbano ancora esaminare aspetti storici finora trascurati. Georg Kreis suggerisce per esempio un’analisi critica sull’origine delle decisioni di emigrare.
Sia Sacha Zala sia Brigitte Studer auspicano che gli storici rivolgano adesso la loro attenzione anche ai ritorni degli espatriati e al capitale economico e culturale che hanno portato in Svizzera. “Il fenomeno è stato studiato a livello locale, ma non in modo ampio e sistematico, e soprattutto senza alcuna comparazione transnazionale”, lamenta Sacha Zala.
Inoltre gli specialisti mettono in risalto la necessità di colmare al più presto le lacune nello studio dell’interdipendenza fra immigrazione ed emigrazione. “Finora la Svizzera si è interessata alla migrazione in modo unilaterale: lo sguardo si è fissato quasi esclusivamente sull’immigrazione”, si rammarica Brigitte Studer.
I frequenti ed accesi dibattiti sull’immigrazione hanno relegato nell’ombra la problematica più amplia della migrazione umana e della mobilità, commenta Georg Kreis.
Secondo un rapporto del Forum per lo studio delle migrazioni e della popolazione pubblicato nel 2010, le cifre affidabili sul numero di emigranti svizzeri fino alla seconda metà del XX secolo sono scarse.
Le statistiche del Ministero federale degli affari esteri sull’emigrazione esistono dal 1926. Esse comprendono soltanto gli espatriati registrati presso un consolato svizzero all’estero.
Gli storici si basano principalmente sui registri locali in materia di emigrazione e su dati provenienti dai paesi di immigrazione, nonché su censimenti e indagini condotte su campioni rappresentativi.
Secondo gli esperti, la proporzione dell’emigrazione svizzera oltre oceano nel XIX secolo viene spesso sopravvalutata in confronto con la costante e meno spettacolare emigrazione elvetica in Europa nel corso dei secoli, in particolare nelle vicine Francia, Germania e Italia.
Negli ultimi anni, il numero di svizzeri all’estero è continuamente aumentato. Alla fine del 2011, in totale nei registri delle rappresentanze diplomatiche o consolari svizzere nel mondo erano immatricolati 703’640 cittadini elvetici. Di questi, quasi i due terzi – 435’203 – risiedevano in Europa, mentre nelle Americhe ve n’erano 174’620.
Il convegno storico di un giorno “La Svizzera altrove”, svoltosi all’università di Berna, ha riunito studiosi provenienti da tutte le regioni linguistiche della Confederazione e dall’estero. Le ricerche presentate hanno coperto tematiche sociali, culturali, economiche, politiche, giuridiche e religiose dal XIV al XXI secolo.
I partecipanti hanno affrontato aspetti svariati dell’emigrazione elvetica, raggruppati sotto cinque grandi capitoli: Mobilità ed identità premoderne, Le colonie svizzere dal XVIII al XX secolo, La Svizzera coloniale nei XIX e XX sec., La costruzione degli svizzeri all’estero nei XIX e XX sec., Modi di vita multilocali e politica culturale nei XX e XXI sec.
L’incontro è stato organizzato dalla Società svizzera di Storia economica e sociale, in collaborazione con i Documenti Diplomatici Svizzeri e la Società svizzera per le tradizioni popolari.
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