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Daniel Koch, il ‘signor coronavirus’ in Svizzera

Daniel Koch, elogiato nella Svizzera tedesca, criticato nei cantoni latini. Keystone / Anthony Anex

Sconosciuto fino a poco tempo fa, onnipresente in televisione oggi. Lodato dagli svizzeri tedeschi, criticato dai latini. In Svizzera, Daniel Koch è il volto della lotta al coronavirus. Il responsabile della cellula di crisi della Confederazione spiega senza sosta la strategia del governo, che per ora non intende confinare la popolazione come nei Paesi vicini.

Una crisi ha il potere di proiettare sotto i riflettori una figura fino a quel momento sconosciuta al grande pubblico. In Svizzera, è il caso di Daniel Koch, il ‘signor coronavirus’, responsabile della Divisione ‘malattie trasmissibili’ all’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSPCollegamento esterno).

Il suo volto è oramai noto nelle case di tutti gli svizzeri che quotidianamente si mettono davanti al televisore per seguire l’evoluzione della pandemia. È diventato il legame dei confinati con il mondo esterno, l’interlocutore dei giornalisti, la voce il cui difficile compito è annunciare ogni giorno la progressione folgorante del numero di contagi e di decessi dovuti alla Covid-19.

È lui ad essere in prima linea per difendere la strategia del governoCollegamento esterno: non proclamare un confinamento generale, ma puntare sul civismo elvetico e la responsabilità individuale per avere la meglio sulla pandemia. Un approccio che diverge da quello seguito in Italia e Spagna, la cui curva di progressione del virus è altrettanto ripida, o dei Paesi quali la Francia e l’Austria. Questi ultimi hanno deciso di confinare la popolazione minacciando di sanzionare severamente i trasgressori.

A ogni conferenza stampa, Daniel Koch risponde instancabilmente, per delle ore, alle domande dei giornalisti, utilizzando sempre lo stesso tono pacato, anche quando deve riconoscere che “la situazione è drammatica”. Una serenità elogiata dalla stampa svizzero tedesca. “Come un guru della meditazione ascetica, sembra riuscire ad abbassare le pulsazioni collettive della popolazione svizzera di alcuni battiti al minuto a un livello sopportabile e più sano”, scrive il quotidiano bernese Berner Zeitung. “Malgrado il carattere drammatico degli eventi, non promette sangue, sudore e lacrime. Non paragonerebbe mai il virus a una guerra, come ha fatto il presidente francese”, osserva il giornale regionale Luzerner Zeitung.

>> Daniel Koch: “La situazione in Ticino è drammatica”

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“Ho vissuto molte cose terribili”

La carriera di Daniel Koch gli ha dato la possibilità di imparare a mantenere la calma nella tormenta. “Ho vissuto molte cose terribili”, dice il medico di 64 anni.

Dopo gli studi in medicina a Berna, il vallesano si mette al servizio del Comitato internazionale della Croce Rossa per 15 anni. Lavora come coordinatore medico e vive da vicino la crudeltà umana, in particolare durante il decennio di guerra civile in Sierra Leone dal 1991 al 2002. “È stata una guerra particolarmente brutale nella quale sono stesse commesse delle atrocità. Sono state tagliate delle mani, i bambini soldati sono stati strumentalizzati”, ha raccontato al quotidiano Blick. Assiste anche le vittime della guerra in Uganda e nel 1994 vive il genocidio ruandese dal Sudafrica.

Daniel Koch ha lavorato in numerosi paesi africani in qualità di coordinatore medico del CICR. SRF/Screenshot

Prima di diventare uno dei personaggi pubblici più esposti in Svizzera e prendere i comandi della lotta contro la Covid-19, Daniel Koch si è fatto le ossa, nell’ombra, partecipando alla lotta dell’UFSP contro l’epidemia di SARS nel 2002-2003 e contro l’influenza aviaria H5N1. “Avere l’esperienza delle crisi aiuta sicuramente a rimanere calmi in questa situazione”, ha confidato durante una recente intervista.

Nelle prossime settimane, o nei prossimi mesi, Daniel Koch dovrà far capo alla sua esperienza e alle sue risorse per gestire una crisi inedita, che sconvolge il funzionamento del Paese. Con il suo team di sette persone, lavora giorno e notte, sette giorni su sette, per vincere l’epidemia.

Appassionato di canicross (versione della corsa campestre in cui si gareggia insieme a un cane), non ha più alcun minuto da dedicare al suo hobby, motivo per il quale è stato costretto ad affidare i suoi due cani a un canile nell’attesa che la situazione si calmi, riporta il Blick. Intervistato dalla televisione svizzera di lingua tedesca SRF, Koch, padre di due figlie e da poco diventato nonno, ha voluto rassicurare i telespettatori che si preoccupavano di vederlo apparire pallido e affaticato. “Dormo abbastanza. Mangio abbastanza. Sono sempre stato magro”.

“Un’incoerenza drammatica”

La pressione che pesa sulle spalle del ‘signor coronavirus’ è grande. Mentre i media svizzero-tedeschi sono piuttosto elogiativi nei suoi confronti, il piano d’azione dell’UFSP e del governo suscita numerose critiche nei cantoni latini. Nella Svizzera francese si sono moltiplicati gli appelli per un confinamento totale e alcuni cittadini hanno addirittura lanciato una petizione.

Daniel Koch discute con il direttore dell’UFSP Pascal Strupler di fronte ai cartelloni che informano la popolazione sul comportamento da adottare. Keystone / Alessandro Della Valle

Anche in Ticino, il cantone più colpito dal coronavirus, c’è chi chiede che la Svizzera confini strettamente la popolazione, come ha fatto la vicina Italia. Il municipio di Ascona ha indirizzato una lettera a Daniel Koch, in cui si dice che il suo messaggio non è chiaro, in particolare quando afferma che le cene tra amici sono ancora possibili in gruppi di meno di cinque persone. “La esortiamo a rivedere le sue dichiarazioni e a invitare tutti gli svizzeri a rimanere nelle proprie abitazioni”, scrivono le autorità del comune ticinese.

Il piano d’azione sanitario della Svizzera suscita critiche anche all’estero. In Francia, Loïc Hervé, senatore dell’Alta Savoia, si è rivolto al ministro francese degli affari esteri per chiedergli di contattare le autorità elvetiche affinché se ne occupino urgentemente. Hervé ritiene che la Svizzera metta in pericolo i dipartimenti dell’Ain e dell’Alta Savoia, dove risiedono numerosi frontalieri. “Tutti gli sforzi che facciamo qui non servono a nulla, se dall’altra parte della frontiera la politica sanitaria è volontariamente lassista. Si tratta di un’incoerenza drammatica”, ha deplorato alla radio France Bleu Pays de Savoie.

“Non siamo la Cina”

I provvedimenti presi dalle autorità rivelano dunque un certo divario culturale: mentre i latini hanno la tendenza di rivendicare un confinamento totale, gli svizzero-tedeschi si attengono alle regole in vigore. “Nella cultura germanica, si presuppone che la responsabilità individuale comporterà la responsabilità collettiva. Una visione estranea alla cultura del sud, dove si ritiene che l’ordine debba venire dall’alto”, analizza lo storico Olivier Meuwly sulle pagine del quotidiano romando Le Temps.

Daniel Koch passa buona parte del suo tempo a rispondere alle domande dei giornalisti. Keystone / Salvatore Di Nolfi

Di fronte alle critiche, Daniel Koch non si stanca di spiegare la strategia del Consiglio federale. “Inaspriremo forse ancora un po’ le misure, ma lo scopo non è di andare fino al confinamento”, ha affermato alla televisione svizzera di lingua tedesca. Il signor coronavirus preferisce riporre fiducia nella disciplina degli svizzeri: “Le misure che adottiamo devono corrispondere alla nostra cultura, alla nostra società e alla nostra democrazia. Non siamo la Cina e non vogliamo diventare un regime totalitario”.

Per ora, Daniel Koch sembra convincente, se si guardano i risultati del sondaggio pubblicato martedì dall’istituto Sotomo. Il 63% degli svizzeri si fida di chi li governa in tempo di crisi. Daniel Koch porterà a termine con successo la sua ultima missione della carriera? Il medico festeggerà i 65 anni il prossimo 13 aprile. Ma dovrà probabilmente aspettare prima di andare in pensione.

Traduzione dal francese: Luigi Jorio

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