Le cascine della discordia
La ristrutturazione di molti rustici in Ticino è sfociata in un lungo braccio di ferro fra autorità federali e cantonali. Parte dei vecchi edifici rurali, simbolo del paesaggio dei monti e delle valli ticinesi, trasformati in residenze secondarie dovranno essere demoliti.
La strada che sale in Val Pontirone è lunga, stretta e molto sinuosa. Ma Alda Fogliani, una giornalista locale, guida come se la conoscesse a memoria. Ed è un po’ il caso.
Diventata la “pasionaria” dei rustici “per forza di cose”, si batte contro quello che lei chiama “l’accanimento delle autorità”, che – a suo dire – sbagliano, decretando ordini di demolizione per ripristinare la legge in quella che si dovrebbe chiamare la giungla delle ristrutturazioni.
Nella sua battaglia, ogni settimana percorre più volte la strada di quella vallata laterale in territorio di Biasca. In Val Pontirone, accompagna colleghi giornalisti, come anche comuni cittadini che si interessano alla sua causa.
Durante il lungo tragitto, Alda Fogliani ripercorre nei particolari le tappe della sua lotta. Un racconto a momenti interrotto da canzoni ticinesi che la sessantenne intona con voce forte e chiara.
Dalla cascina alla casetta
In particolare, Alda Fogliani si batte contro il decreto di demolizione (il cui termine è scaduto alla fine di settembre) per una casa rurale di proprietà di Raffaella Marconi Rodoni. L’edificio rurale con mura di sasso a secco, tetto ricoperto di piode e travi di legno apparenti – ossia con materiali della regione – è spesso ammirato dagli escursionisti che compiono gite in fondo a questa vallata poco frequentata dai turisti, a 1550 metri di altitudine.
Questo rustico, afferma Alda Fogliani, è simbolo della politica “dei due pesi e due misure” delle autorità. È l’esempio di una sorta di abitudine locale, perpetuata da certi proprietari che hanno ristrutturato a piacimento le loro cascine senza autorizzazioni, ma anche senza che qualcuno reagisse, “perché tutti lo facevano”.
Capro espiatorio
Una pratica diffusa finché un giorno una goccia ha fatto traboccare il vaso. Così, il comune di Biasca, accusato di lassismo in materia di ristrutturazioni di rustici, ha firmato l’ordine di demolizione per la casetta di Raffaella Marconi Rodoni.
Costei non si è però arresa. Insieme ad Alda Fogliani e a un gruppo di simpatizzanti ha costituito il comitato “cascine e stalle”, che ha lanciato una petizione in cui si chiede una moratoria per gli edifici rurali ristrutturati senza i debiti permessi, e l’elaborazione di un’apposita regolamentazione.
Il comitato accusa il Comune di Biasca e il Cantone Ticino di “prassi arbitrarie”. Le autorità biaschesi e ticinesi avrebbero “designato un colpevole, una sorta di capro espiatorio, per placare l’ira delle autorità federali” e dimostrare così la propria disponibilità nei confronti di Berna, dopo aver tollerato per anni molteplici abusi. Il comitato invoca dunque il principio dell’uguaglianza di trattamento.
Parità non rima con illegalità
Ma Marco Borradori, capo del Dipartimento cantonale del territorio, replica: “Non c’è parità di trattamento nell’illegalità. Tutti i rustici ristrutturati che si trovano fuori dalle zone edificabili sono controllati attentamente e, se del caso, saranno applicate le debite sanzioni”.
Un lavoro titanico. Dal nord al sud del cantone, decine di migliaia di edifici di vario tipo sono stati oggetti dei lavori più disparati. “Gli interventi sono estremamente diversi. Si va dal peggio all’ottimo lavoro, rispettoso delle norme di costruzione e del paesaggio”, spiega il capo della Sezione dello sviluppo territoriale Moreno Celio.
Il compito che Celio svolge da dieci anni è molto delicato. Da un lato ha dovuto difendere la tradizione ticinese dinanzi alla Confederazione. D’altro lato è chiamato a mettere ordine nel ginepraio dei rustici nel cantone.
Mentalità e visioni divergenti
A ciò si aggiungono le voci persistenti, secondo cui le autorità federali negli ultimi anni cercherebbero apposta il pelo nell’uovo. “Sono personalmente proprietario di un rustico ereditato dal nonno. Conosco e posso capire l’attaccamento dei ticinesi a questo pezzo di patrimonio, di natura e anche al sentimento di libertà”, confida Celio.
Nel maggio scorso, il parlamento ticinese ha approvato il Piano direttore cantonale che ha portato a un rapporto di pianificazione denominato PUC-PEIP (piano di utilizzazione cantonale dei paesaggi con edifici e impianti protetti) recentemente presentato alla Confederazione. L’Ufficio federale dello sviluppo territoriale (ARE) ha chiesto qualche modifica.
Lo spinoso dossier potrebbe comunque giungere alla fine dell’iter “fra qualche mese”, prevede Moreno Celio. “Attualmente valutiamo se questo strumento possa essere la risposta giusta dal profilo della pianificazione del territorio e dal profilo culturale, non solo sotto l’aspetto del rigore giuridico”, dice l’esperto con una nota di speranza nella voce.
Lotta popolare
Dietro le quinte di questo processo di pacificazione fra Berna e Bellinzona, tuttavia, cova la rabbia di privati cittadini. Raffaella Marconi Rodoni non intende assolutamente lasciar distruggere “il sogno di una vita”. I lavori di riattamento le sono costati circa 300mila franchi e lunghi anni di sforzi e sacrifici.
Il conflitto minaccia di trasformarsi in una lotta popolare. In Val Pontirone, i partigiani di un movimento di resistenza avvertono: “Se le autorità intendono mettere in moto le loro ruspe, possono venire. Noi distruggeremo il ponte d’accesso alla valle!”.
Il braccio di ferro fra le autorità ticinesi e l’Ufficio federale dello sviluppo territoriale (ARE) è iniziato circa vent’anni fa, quando Berna ha deciso di mettere un frenoalle ristrutturazioni fuori dalle norme in Ticino.
Nel 2009, stanche dello stallo del dossier nel cantone sudalpino, le autorità federali avevano deciso di bloccare il rilascio dei permessidi trasformazione dei rustici, finché le autorità ticinesi non avrebbero elaborato un piano soddisfacente.
Nel settembre 2010, il Dipartimento ticinese del territorio ha presentato il Piano di utilizzazione cantonale dei paesaggi con edifici e impianti protetti PUC-PEIP. Esso dovrebbe consentire di rispondere alle esigenze federali.
Le autorità ticinesi intendono ripristinare il diritto. Perciò stanno controllare minuziosamente gli edifici ristrutturati senza autorizzazione, situati fuori dalle zone edificabili. I proprietari rischiano severe sanzioni. Si va da multe che possono raggiungere diverse decine di migliaia di franchi, fino all’ordine di demolizione.
(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)
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