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Le università aprono le porte all’islam

L'integrazione accademica di una religione è la migliore difesa contro il fondamentalismo, ritiene il professore di teologia Guido Vergauwen. Keystone

L'Università di Friburgo accoglierà ben presto il «Centro svizzero per l'islam e la società». Di fronte alle preoccupazioni di alcuni politici e alle paure suscitate nella popolazione da questo progetto, il rettore Guido Vergauwen illustra che con il nuovo corso di formazione si intende promuovere il dialogo e la conoscenza tra religioni.

La nuova proposta formativa dell’ateneo friburghese non ha raccolto solo consensi. Alcuni politici hanno denunciato la cattiva gestione del denaro pubblico, temendo inoltre la perdita del carattere cristiano dell’Università dei cattolici svizzeri. Il professore di teologia e rettore dell’Istituto di studi ecumenici dell’Università di Friburgo Guido Vergauwen risponde alle critiche.

Sylvia Stam: Il nuovo corso sarà una formazione di imam?

Guido Vergauwen: L’espressione «formazione di imam» è riduttiva. Si tratta invece di un corso destinato a un ampio pubblico. Pensiamo infatti alle persone che si occupano delle comunità musulmane. Non sono solamente imam, ma anche assistenti sociali e insegnanti nelle scuole o collaboratori negli ospedali. Gli imam possono essere interessati a questa formazione se intendono approfondire le loro conoscenze del diritto svizzero delle religioni.

In linea di principio, la formazione è rivolta a tutti, anche a svizzere e svizzeri che desiderano ampliare il loro sapere sull’islam e che, per esempio, vogliono apprendere come rapportarsi con le persone di religione musulmana. Poi, naturalmente, il corso si rivolge agli studenti musulmani, di seconda e terza generazione, che intendono conoscere meglio la loro religione e a teologi che vogliono informarsi sull’islam di prima mano. Alla formazione possono naturalmente accedere sia donne sia uomini.

Sylvia Stam: Di che cosa ci si occuperà durante la formazione?

G. V.: Al centro ci sarà naturalmente il Corano, anche se dobbiamo ancora capire come sarà possibile studiarlo senza conoscere l’arabo. Il programma presenta un ventaglio di temi interdisciplinari, come il diritto delle religioni, la pedagogia, la sociologia, i problemi di integrazione dei migranti, le questioni dei musulmani di seconda e di terza generazione.

Sono tutti argomenti che, a seconda delle possibilità, possiamo sviluppare ulteriormente in maniera modulare. Inoltre, le manifestazioni sul dialogo interreligioso potrebbero essere organizzate in collaborazione con la facoltà teologica e avere una prospettiva incentrata sull’etica sociale, affrontando le questioni legate alla quotidianità.

Sylvia Stam: Si tratta dunque di una formazione rivolta alle persone che hanno contatti con i musulmani. Quali sono le condizioni per accedervi?

G. V.: Ci saranno tre livelli di formazione: certificati, diplomi e un «master of advanced studies» MAS. Ai primi due possono accedervi tutti. Per il MAS è necessario aver conseguito un master universitario. Ci auguriamo di poter introdurre i tre livelli in maniera graduale.

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Sylvia Stam: Come sono stati coinvolti i musulmani nell’elaborazione del programma di studio?

G. V.: Nel gruppo di lavoro, nominato dalla Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione, sono presenti gli imam e i credenti musulmani. Si è tentato di coinvolgere persone rappresentative che si occupano delle comunità musulmane. Sono persone dell’Ufficio federale della migrazione e del mondo accademico. Le organizzazioni islamiche ufficiali non siedono nel gruppo di lavoro.

Dopo il convegno del 13 marzo, nel corso del quale sarà presentato il concetto di un «Centro svizzero per l’islam e la società», incontreremo i rappresentanti delle organizzazioni islamiche. Mi immagino che chiederanno di avere voce in capitolo rispetto alla scelta dei docenti islamici chiamati a insegnare presso l’Università di Friburgo. Molto probabilmente vorranno far capo a persone considerate da loro credibili e autentiche. Sono due attributi molto importanti per le organizzazioni islamiche e per i membri musulmani del gruppo di lavoro.

Sylvia Stam: Questi ultimi avranno il diritto di essere consultati?

G. V.: Il diritto e il privilegio di scegliere i docenti spetta all’università. Tuttavia possiamo consultare i musulmani e fare una scelta oculata per garantire l’autenticità e l’attendibilità degli insegnanti.

Sylvia Stam: La popolazione ha paura che le università svizzere formino predicatori che fomentano l’odio. Come si pone di fronte a questo timore?

G. V.: Lo strumento migliore contro il fondamentalismo è di conferire alla teologia un carattere più accademico. Il cristianesimo lo ha imparato nel XIII secolo. È un’esperienza che dovrà fare, probabilmente, anche l’islam. I predicatori che diffondono l’odio non si lasceranno coinvolgere in una formazione accademica; è un atteggiamento riscontrabile anche nei fondamentalisti cattolici che frequentano le università. L’integrazione accademica di una religione, la razionalizzazione della conoscenza è la migliore difesa contro il fondamentalismo.

Sylvia Stam: Come viene finanziato il progetto?

G. V.: Il progetto risponde a un intervento parlamentare del 2009. La Confederazione voleva questo progetto e per questo motivo abbiamo ricevuto un primo finanziamento federale a breve termine. Nei prossimi sei-dieci anni, il corso dovrebbe diventare parte integrante dell’offerta formativa della facoltà di teologia. Nel contempo allacceremo contatti con istituzioni svizzere competenti in questo settore per collaborare con loro, con la speranza di vederle partecipare anche finanziariamente al progetto.

Giovedì 13 marzo 2014, il gruppo di lavoro nominato dalla Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione presenterà durante un convegno il suo concetto di «Centro svizzero per l’islam e la società» presso l’Università di Friburgo.

Durante la conferenza nazionale interverranno, tra l’altro, i professori Emre Öktem di Istanbul, Ali Caksu, di Istanbul e Sarajevo e il padre Claudio Monge, priore del convento domenicano di Istanbul.

Sylvia Stam: Qualcuno ha sollevato critiche rispetto all’uso del denaro pubblico per la «formazione di imam».

G. V.: È proprio così, come si evince dalle precisazioni che le ho appena fornito. Tuttavia, lo stesso principio vale anche per i teologi cattolici e riformati. Fintanto che ci saranno delle facoltà teologiche nelle università statali, i soldi dei contribuenti finanzieranno tali formazioni. Se paragonati con quelli versati per i grandi progetti scientifici, questi contributi sono davvero molto esigui.

Sylvia Stam: Come risponde all’invito rivolto all’Università di Friburgo secondo cui l’ateneo dovrebbe mantenere il suo carattere cristiano?

G. V.: L’Università di Friburgo non è un’università cattolica, ma un’università «dei cattolici svizzeri». Il termine cattolico non definisce solo una confessione; la parola va intesa nella sua accezione «universale». Noi tentiamo di continuare questa tradizione affinché la facoltà di teologia sia aperta alle sfide della società, per esempio all’ecumenismo e alle altre religioni, ossia al dialogo interreligioso. Tutto ciò fa parte della cattolicità. Se l’essere cattolico significasse chiudersi nella tradizione, allora non sarebbe più «cattolico» nel vero senso della parola. Questa è la mia convinzione come teologo cattolico.

Sylvia Stam: Perché è stata scelta l’Università di Friburgo?

G. V.: Il plurilinguismo è sicuramente un argomento importante. La formazione deve essere offerta in tedesco, francese e italiano. Inoltre, all’Università di Friburgo si riconoscono competenze in diritto delle religioni, attività e politica sociale, pedagogia e, naturalmente, in teologia. Per i membri musulmani del gruppo di lavoro, anche la teologia e non solo la scienza delle religioni doveva far parte del progetto.

Nulla è più oscuro della scienza delle religioni per un musulmano perché la considera un discorso sulla religione estraneo e lontano. Vogliono essere considerati partner alla stessa stregua degli altri. Credo che questo desiderio vada preso sul serio.

Nato nelle Fiande nel 1944, Guido Vergauwen è dal 1985 professore ordinario di  teologia fondamentale e direttore dell’Istituto di studi ecumenici presso l’Università di Friburgo.

Vice rettore dal 2003, Vergauwen è stato nominato rettore nel 2007. Ha appena concluso il suo secondo mandato alla testa dell’ateneo friburghese.

Traduzione dal tedesco di Luca Beti

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