Malattie rare: serve una nuova strategia
Il 26 febbraio si tiene un convegno a Basilea dal quale esperti e associazioni dei pazienti si aspettano molto. La Svizzera infatti ha bisogno di un piano nazionale per individuare e combattere le malattie rare.
In Svizzera, quasi mezzo milione di persone – circa il 15% della popolazione – vive con una malattia rara, contro la quale non esiste un trattamento. Al momento ne sono state scoperte dalle 7000 alle 8000; nel maggior numero dei casi sono di origine genetica.
Cos’è una malattia rara? Negli Stati Uniti – per esempio – una legge del 2002 definisce come rara una patologia che tocca meno di una persona su 1500.
Un sistema sanitario frammentario
Per il momento, la Svizzera non ha ancora elaborato una simile definizione. Stando a Robert Nehman, presidente dell’associazione basilese, che coordina la campagna di sensibilizzazione, questa lacuna è da ricondurre al sistema sanitario elvetico, diverso da cantone a cantone.
«Ogni cantone è molto legato ai suoi programmi medici e sanitari. Non ci sono delle direttive governative che definiscono le caratteristiche di una malattia rara, come si differenzia dalle altre e come deve essere trattata», spiega Nehman.
Il capo del centro ematolgico dell’università di Basilea, Jakob Passweg, spiega che il sistema sanitario locale può offrire dei vantaggi per i pazienti, ma può essere problematico nel caso di malattie rare poiché la diagnosi e il trattamento non sono centralizzati.
«Questa frammentazione del sistema sanitario rende più difficile la diffusione delle competenze necessarie. Abbiamo una strategia nazionale particolare per le malattie rare? Non che io sappia», afferma Passweg.
Diagnosi difficile
Jakob Passweg spiega che le malattie rare sono difficili da diagnosticare poiché i medici generalisti hanno raramente a che fare con queste patologie.
Il cinquantacinquenne Coby Oren soffre di fibrosi polmonare idiopatica (Fpi), una malattia rara che deteriora progressivamente i polmoni e ne riduce la capacità di rifornire l’organismo di ossigeno. In un primo tempo, i medici gli avevano diagnosticato una semplice infiammazione e l’avevano curato con degli antibiotici, prima che uno specialista di Zurigo formulasse la prognosi corretta.
«Durante una giornata normale, il dottore non riusciva a trovare nulla di strano. Quando effettuavo degli sforzi fisici, la mia respirazione diventava sempre più profonda. Se poi dovevo portare dei pesi, mi mettevo a tossire», racconta il paziente.
Come la maggior parte degli ammalati di Fpi, anche per Coby Oren il malessere si è manifestato soltanto dopo i cinquant’anni. All’epoca, quando gli hanno diagnosticato la malattia, la sua speranza di vita era di due anni.
Da allora sono trascorsi cinque anni e la capacità polmonare di Oren si è dimezzata a causa del degrado dei tessuti. Per sua fortuna, il trattamento ha fatto passi da gigante. «I dottori hanno imparato molto in questi cinque anni», si rallegra Oren, aggiungendo che negli Stati Uniti circa 150mila persone convivono con questa malattia.
Il fattore costo
Una delle sfide maggiori per le persone colpite da una malattia rara è il costo delle cure, di molto superiore a quello delle malattie normali, che le assicurazioni non sempre vogliono accollarsi. Vari paesi, fra i quali anche la Svizzera, hanno deciso di fissare un tetto massimo per il prezzo dei trattamenti medici per i casi individuali.
Nel novembre 2010, il Tribunale federale (Corte suprema), esaminando il caso di un paziente, la cui cura per la distrofia muscolare costava circa 600mila franchi per anno, ha deciso che i costi di un trattamento per una sola persona non dovrebbero essere superiore ai 100mila franchi per anno di vita guadagnata.
Jakob Passweg trova che questo caso è “inquietante”, precisando tuttavia di non aver letto tutta la sentenza. «Il problema è che si tratta di una discriminazione rispetto alle malattie rare perché lo sviluppo delle cure per quelle rare è ovviamente molto più caro», illustra il professore.
Robert Nehman, dal canto suo, critica questa sentenza, presa in assenza di una direttiva federale in materia di malattie rare. «Potrebbe essere corretta una decisione legale basata su un sistema che tratta tutte le malattie in maniera equa, ma intrinsecamente non si possono giudicare tutte le malattie allo stesso modo», sostiene Nehman.
Il sapere guarisce
Le persone coinvolte sono concordi nel riconoscere che l’informazione, non rivolta soltanto ai pazienti ma a tutti, è un fattore fondamentale per migliorare gli effetti.
«Viviamo in un’epoca di responsabilizzazione dei pazienti», spiega Passweg, sottolineando l’ampia possibilità di accedere al sapere grazie a internet.
Per Robert Nehman, la collaborazione internazionale è vitale per sostenere gli sforzi della ricerca, ma anche per i gruppi e le comunità di pazienti che intendono organizzarsi congiuntamente. Egli ricorda l’importanza di «pensare a livello globale e di agire localmente».
Dello stesso avviso è anche Coby Oren. Egli afferma che il fatto di aver cercato delle informazioni sulla malattia lo ha aiutato ad affrontare la sua situazione e di rimanere positivo.
«Quanto tempo mi resta? Non lo so. Svolgere delle ricerche è la cosa migliore che possa fare», afferma Oren. «Non ricordo più chi diceva che abbiamo paura dell’ignoto, ma quando sappiamo ciò che ci attende, non lo temiamo più. La conoscenza porta la pace».
A livello internazionale, la giornata delle malattie rare si celebra il 29 febbraio, una data rara anche lei.
In Svizzera, il 19 febbraio al Kursaal di Berna si è già svolta una giornata di informazione. Il 26 febbraio si tiene invece un convegno all’università di Basilea, all’insegna della campagna “Wissen Heilt” (il sapere guarisce), in collaborazione con Eurordis, l’organizzazione europea per le malattie rare, e sotto il patrocinio dell’Ufficio federale della sanità pubblica.
I fondi raccolti nel quadro della campagna saranno versati a favore della Fondazione Gebert Rüf, che sostiene la ricerca contro le malattie rare.
Al momento si conoscono più di 7000 malattie rare. Una persona su dieci soffre di una malattia rara, ossia 30 milioni di persone in Europa e più di 500’000 nella sola Svizzera.
75% delle persone colpite sono dei bambini, di cui il 35% muore prima dei cinque anni.
In Svizzera, 52 medicamenti sono approvati per la cura delle malattie rare.
(traduzione dall’inglese, Luca Beti)
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