Come campavano di stenti gli svizzeri di un tempo
La Svizzera oggi è uno dei Paesi più ricchi del mondo. Non è sempre stato così. L'esistenza misera della popolazione elvetica nel XVIII e XIX secolo rivive al Museo all'aperto Ballenberg, nell'Oberland bernese.
Nelle vicinanze del lago di Brienz, sparsi su 66 ettari di terreno collinare e boscoso, incorniciato da alte montagne, sorgono circa 110 edifici rurali. Si tratta di case tradizionali, negli stili più svariati: con facciate a scandole o con tetti di paglia, chalet di legno, edifici a graticcio, in pietra grezza con tetti in piode di gneis, una masseria del sud delle Alpi, rifugi alpini e una casa di viticoltori.
Il Museo all’aperto Ballenberg, vicino a Brienz, si può visitare dalla metà di aprile alla fine di ottobre. Quest’anno l’omonima fondazione festeggia il 50° anniversario. Per l’occasione organizza una serie di eventi supplementariCollegamento esterno. Ha inoltre allestito una mostra specialeCollegamento esterno dedicata alla mucca e all’importante ruolo che ha avuto nell’economia svizzera. Il Ballenberg non è solo un museo, ma anche un centro di studio e di ricercaCollegamento esterno. Ospita parte dell’archivio della Ricerca svizzera sulle case contadine.
Si potrebbe pensare che queste case rappresentino costruzioni tradizionali di diversi paesi. Invece provengono tutte dalla Svizzera. Sono state portate via dalle varie regioni del paese e ricostruite al BallenbergCollegamento esterno, attenendosi fedelmente all’originale.
“La Svizzera è un Paese multietnico”, spiega Beatrice Tobler, responsabile scientifica del Museo all’aperto Ballenberg. Nella Confederazione “vi sono regioni geografico-climatiche molto diverse, ognuna esposta a influenze culturali differenti”. L’architettura è molto diversa anche perché si è sempre lavorato con il materiale che era disponibile in loco, spiega Beatrice Tobler. In alcune regioni abbondava il legno, in altre la pietra.
Non si voleva uno zoo umano
La realizzazione del museo è quasi fallita proprio a causa del multiculturalismo della Svizzera. Negli anni ’30 l’organizzazione Pro Campagna propose di aprire un museo all’aperto in Svizzera, come avevano fatto altri Paesi. Ma l’organizzazione Heimatschutz SvizzeraCollegamento esterno, che si batte per la conservazione dei monumenti storici, era contraria: obiettava che in Svizzera ci sono troppi tipi diversi di case tradizionali per poterli mostrare in un unico luogo senza artificialità.
Inoltre, si temeva che un museo all’aperto sarebbe diventato simile all’ambigua messa in scena dell’Esposizione nazionale del 1896 a Ginevra, in cui erano stati allestiti un “villaggio di negri”, con oltre 200 sudanesi, e un “villaggio svizzero” con circa 300 svizzeri. Uno “zoo umano” di quel genere sembrava problematico. Il progetto di trasformare una parte abitata del villaggio di Brienz in un museo all’aperto fu quindi respinto.
Alla fine si decise di aprire un museo sul Ballenberg, una zona disabitata tra Brienz e Meiringen. A tal fine nel 1968 fu istituita una fondazione, incaricata di reperire in tutta la Svizzera case di valore storico che rischiavano di essere demolite. Il museo fu inaugurato nel 1978. Ancora oggi, la fondazione porta al Museo Ballenberg solo case che non possono essere salvaguardate nel loro luogo originario, a causa di progetti immobiliari, stradali o ferroviari.
Il più autentico possibile
Nelle case trapiantate nel museo Ballenberg, sono esposti mobili originali, utensili domestici e attrezzi di lavoro. La casa più antica data del 1336, la più recente intorno al 1900. Gli espositori vogliono mostrare le condizioni di vita di quel tempo nel modo più autentico possibile, compresi gli edifici poveri, gli spazi abitativi angusti e i mobili miseri.
Altri sviluppi
Museo all’aperto Ballenberg
Anche i giardini sono coltivati e lavorati secondo antiche tradizioni. Molti lavori sono fatti ricorrendo a un carro trascinato da un cavallo. I gestori del museo cercano di conservare i vecchi saperi. Ad esempio, coltivano saponaria, con la quale può essere prodotto un detersivo liquido. Ogni autunno, il personale del museo raccoglie il lino in giardino e lo trasforma in tessuto.
Un popolo di contadini e lavoratori a domicilio
Poiché la Svizzera è un paese povero di materie prime, l’agricoltura un tempo era molto importante. Fino al 1850 circa, la maggior parte della popolazione svizzera era attiva nell’agricoltura in vari ambiti: allevamento, orticoltura, frutticoltura, viticoltura, silvicoltura, pesca.
Ma la maggior parte delle persone attive nel settore agricolo non erano contadini indipendenti. Avevano poca o nessuna terra e lavoravano per altri proprietari. “Molte famiglie avevano anche lavori secondari nella tessitura, nella lavorazione della lana o nel ricamo, perché dovevano vendere qualcosa per poter acquistare altri prodotti, per esempio il sale”, dice Beatrice Tobler.
Spesso un sensale metteva a disposizione dei piccoli contadini una materia prima che questi lavoravano a domicilio, per trasformarla in un prodotto che poi il sensale riacquistava. Nel museo, i visitatori possono osservare il personale che esegue i tradizionali lavori artigianaliCollegamento esterno: forgiatura, tessitura, filatura, intrecciatura, impagliatura, intaglio, eccetera.
Miseria nera e ricchezza sfarzosa
In Svizzera c’erano anche alcuni luoghi di grande ricchezza, soprattutto nelle città, come testimoniano le magnifiche ville di proprietari di fabbriche e le maestose fattorie di latifondisti che si trovano nel museo Ballenberg.
Tuttavia, gran parte della popolazione rurale viveva in condizioni di estrema povertà, come dimostrano le misere case dei lavoratori a giornata e i cascinali di montagna. “Anche se la maggior parte delle case in ottica odierna sembrano belle, appena ci si immagina di dovervi vivere ci si rende conto di quanto fosse povera quella gente”, sottolinea Beatrice Tobler.
Non a caso nel XIX secolo, gran parte della popolazione delle campagne si trasferì nelle città per cercare lavoro nell’industria.
Premio Schulthess per i giardini 2018
L’organizzazione Heimatschutz Svizzera ha assegnato il Premio Schulthess per i giardini 2018 al Museo all’aperto Ballenberg. “La cura di giardini e paesaggi è un’importante tradizione del patrimonio culturale svizzero”, spiega l’organizzazione in una notaCollegamento esterno, elogiando il lavoro svolto dal Museo Ballenberg sin dall’inizio della sua esistenza. “Il premio è volto a incoraggiare un migliore riconoscimento della cura dei paesaggi e dei giardini tradizionali, in quanto importante prestazione sociale e culturale”, si conclude nella nota.
Tutta la Svizzera un museo all’aperto
Oggi il museo lotta contro il calo di visitatori. Il problema è che, a differenza di altri musei all’aperto, come quelli in Germania e in Scandinavia, il Museo Ballenberg non è vicino a una grande città, bensì in una zona discosta, in montagna. Inoltre, il parco del museo è molto esteso e in pendio: una sfida, soprattutto per turisti non abituati a lunghe passeggiate su terreni ripidi.
I visitatori vivono anche un pezzo di storia militare. Il museo si trova infatti sul territorio del cosiddetto “ridotto nazionaleCollegamento esterno“, dove l’esercito svizzero, durante la Seconda guerra mondiale, avrebbe dovuto ritirarsi in caso d’invasione delle truppe tedesche, per difendere il paese contro la Germania nazista. Ma la Svizzera è stata fortunata: non c’è stato alcun attacco militare. Gli edifici storici sono dunque stati preservati. Da questo punto di vista, la Svizzera nel suo insieme è una sorta di museo all’aperto.
Potete contattare l’autrice dell’articolo @SibillaBondolfi su FacebookCollegamento esterno o TwitterCollegamento esterno.
(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)
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