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“Non capisco quale sia la differenza, tutti scappano dalla guerra per sopravvivere”

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Passaporti ucraini. I rifugiati e le rifugiate di questa nazionalità ricevono un visto speciale in Svizzera che permette loro di avere accesso immediato al mercato del lavoro e all'assistenza sociale. © Keystone / Michael Buholzer

A favore dei profughi e delle profughe di nazionalità ucraina la Svizzera ha attivato per la prima volta lo statuto di protezione “S”. I richiedenti l’asilo dei Paesi arabi, africani o asiatici in fuga da conflitti e guerre sanguinosi vi reagiscono con ambivalenza – sulle colonne dei commenti arabofoni si leggono shock, perplessità, ma anche comprensione.

“Non capisco quale sia la differenza tra i profughi siriani, dell’Africa centrale o dell’Afghanistan e gli ucraini – tutti scappano dalla guerra per non morire”. Pur esprimendo comprensione per la serietà degli eventi in Ucraina e l’immensa tragedia a livello umanitario, gli utenti della nostra pagina Facebook in arabo hanno reagito in toni alterni – e alcuni anche con parole di biasimo.

La ragione è l’introduzione dello statuto di protezione “S”. Con questa decisione straordinaria la Svizzera ha mostrato un’apertura senza precedenti nei confronti di chi proviene dall’Ucraina. Lo statuto “S” è stato attivato l’11 marzo allo scopo di reagire rapidamente, in modo adeguato e pragmatico alle fughe di massa. Per evitare il sovraccarico del sistema d’asilo, i profughi ucraini ottengono protezione immediata in Svizzera, senza doversi sottoporre a una procedura d’asilo ordinaria.

La misura ha suscitato comprensione e lode, ma anche dure critiche. Ai microfoni dell’emittente televisiva SRFCollegamento esterno Miriam Behrens, direttrice dell’Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati, parla di una “disparità giuridica palese”. Gli altri rifugiati sono toccati da vicino da questa ineguaglianza, che provoca ad esempio ritardi nella loro procedura d’asilo, o genera dei privilegi rispetto a coloro che hanno soltanto un permesso di ammissione provvisoria. Secondo il servizio di SRF la critica è stata esternata da molte organizzazioni caritatevoli.

Anche molti richiedenti l’asilo dei Paesi arabi, africani o asiatici residenti in Svizzera e in fuga da guerre sanguinose e spaventosi conflitti molto simili alla guerra in Ucraina hanno reagito con ambivalenza a questa decisione.

Lo statuto di protezione “S” e i suoi vantaggi

Concretamente, lo statuto di protezione consente alla persona che ne beneficia di ottenere protezione in Svizzera senza dover effettuare la regolare procedura d’asilo. Il permesso S ha una validità massima di un anno e può essere prorogato. Dopo un periodo minimo di cinque anni, i titolari ricevono il permesso di soggiorno B, limitato fino alla revoca della protezione temporanea.

La guerra in Siria – “un cartone animato”?

Un lettore commenta: “Dov’erano questi aiuti quando è arrivata la gente dal Medio Oriente, in fuga da guerre devastanti costate centinaia di migliaia di vittime e milioni di senzatetto?”. E un iracheno puntualizza: “Umanità significa carità e buon senso, ma questo dovrebbe valere per tutti coloro che soffrono, senza distinzioni tra gruppi, perché il prossimo è un nostro fratello”.

Chi prende parte alla discussione pone anche molte domande, fra cui la seguente: “Se paragoniamo il caso della Siria a quello dell’Ucraina costatiamo che ambedue i popoli sono stati costretti ad abbandonare la loro patria per sopravvivere. Perché quindi alcuni ricevono lo statuto per persone bisognose di protezione (permesso S) e altri un permesso B o F? Non siamo di fronte a discriminazioni di razza? Che ne è del principio di uguaglianza e trasparenza?”.

E un lettore siriano commenta: “Sembra che la guerra in Siria sia solo un cartone animato, ecco perché i siriani sono rimasti a mani vuote”.

Per un altro utente la decisione della Svizzera “non significa apertura, ma discriminazione di razza”. Si tratterebbe di “apertura circoscritta al colore della pelle e alla cultura comune”, continua. E aggiunge: “Ovviamente è un suo pieno diritto, ma per favore finitela con questa insopportabile litania dell’umanità”.

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Rabbia frammista a delusione traspare tra le righe dei commenti, che alcuni completano anche con parole dure. “Purtroppo la guerra in Ucraina ha messo a nudo l’ipocrisia dell’Occidente, tanto amato e osannato nella sua presunta civiltà e umanità, e la sua immagine fintamente civile”. Alcuni si sono spinti oltre, affermando: “È praticamente ovvio che in questo mondo i valori sono frammentati e i principi che gli europei ci hanno sempre decantato non sono che vacue parole”.

Due categorie di “esseri umani”?

Come si poteva prevedere, alcuni richiedenti l’asilo paragonano la loro condizione e le difficoltà con cui sono confrontati da anni con il privilegio concesso ai rifugiati ucraini. “Come la mettiamo con i rifugiati che non hanno ancora alcun permesso di soggiorno, cui non è neppure concesso di comprare una carta Sim o di far visita alla famiglia che dista solo pochi chilometri da loro?”.

Un altro ancora è irritato a causa della giustizia svizzera: “Onestamente, il permesso F non lo auguro neppure al mio peggior nemico. Ma a quanto pare, la doppia morale e l’ingiustizia sono fenomeni di casa nella giustizia elvetica”.

Altri ancora mostrano maggior comprensione e paragonano le due situazioni: “Gli europei sono i benvenuti in Europa, ma chi proviene da altri Paesi non lo è, anche se dovessero morire sotto le atrocità della guerra. E se vengono accolti, lo sono soltanto controvoglia e con condizioni di vita e di lavoro estremamente difficoltose. Tuttavia, non possiamo muovere nessun rimprovero agli europei, neppure i Paesi arabi hanno accolto questi rifugiati e li sottopongono a forti pressioni. Il razzismo si annida principalmente nel prossimo”.

Alla puntualizzazione di alcuni svizzeri di lingua araba secondo cui la maggior parte dei profughi ucraini sarebbero donne e bambini, ha fatto eco un altro utente: “Se ci si basa su un principio pragmatico e una visione materialistica lo si può forse capire, ma le convenzioni umanitarie prevedono che ogni sfollato o profugo in fuga dalla guerra, da una catastrofe naturale o da persecuzioni illegali ha un diritto umano alla sicurezza, all’alloggio e alla continuazione della vita (non necessariamente all’integrazione), indipendentemente dal colore della pelle o dalla cittadinanza. Ma fintanto che le persone vengono selezionate non si ha il diritto di parlare di ‘alti valori umani’”.

Un altro scrive: “La Svizzera dovrebbe rivedere le decisioni sul permesso F rilasciato a persone che soggiornano nel Paese da oltre sei anni”.

Comprensione per la decisione svizzera

La discussione tra gli utenti mostra anche che i rifugiati arabi che vivono in Svizzera hanno un altro punto di vista in merito.

Le simpatie per i nuovi rifugiati si intensificano: “Che Dio li aiuti sul loro cammino, grazie al Cielo siamo qui, abbiamo un lavoro e non ci manca nulla. La categoria dello statuto non ha alcun influsso su di noi”. Un altro puntualizza che “la Svizzera sta dando una lezione ai Paesi arabi che non hanno accolto il loro stesso popolo perseguitato”. Un utente si spinge oltre: “La simpatia degli europei per la popolazione ucraina è un esempio magnifico cui gli uomini d’affari e i ricchi arabi musulmani dovrebbero ispirarsi”.

E sul tema dei rifugiati siriani un utente commenta: “La Svizzera ha aperto le porte anche ai siriani che sono giunti a migliaia. Ci sono addirittura persone che hanno ricevuto il permesso B anche senza doversi presentare in giudizio e che hanno ottenuto direttamente un alloggio privato”.

Altri parlano delle proprie esperienze personali: “Ho studiato in scuole svizzere, lavorato con colleghi svizzeri, e di loro posso solo dire che sono le persone più rette, fidate e morali che conosca. Pace e umanità scorrono nelle loro vene come il Reno nello loro cittadine. Se la Svizzera è razzista, come vogliamo chiamare i Paesi arabi, la Russia, la Cina, la Corea o l’America?”.

Cauto ottimismo

Una delle domande sul futuro poste dai lettori di lingua araba alle autorità e all’opinione pubblica svizzere: “Ci possiamo attendere una specie di compassione per i rifugiati dei Paesi del terzo mondo, oppure la democrazia e le libertà della Svizzera esigono che le persone vengano classificate a seconda della loro origine?”

Etienne Piguet, vicepresidente della Commissione federale della migrazione, ha preso posizione in questi termini sul suo blog: “L’affermazione secondo cui l’apertura verso le vittime della guerra in Ucraina rappresenti un favoritismo razzista nei confronti dei rifugiati siriani, afgani o yemeniti dovrebbe essere verificata accuratamente per tutta una serie di ragioni”. Inoltre: “Possiamo sognare che la simpatia e l’ospitalità superino un giorno tutte le distanze e le barriere, ma dobbiamo stare attenti a non ferire la solidarietà di chi ci è più vicino in nome di ideali lontani”.

Sarah Progin-Theuerkauf, professoressa di diritto all’Università di Friborgo, guarda al futuro con ottimismo: “È possibile che gli svizzeri si accorgano che questa forma di accoglienza (il permesso S) funziona e possa essere utilizzata più facilmente in avvenire”, ha recentemente affermato, rispondendo a SWI swissinfo.chCollegamento esterno. Ha pure aggiunto: “Spero che perlomeno la solidarietà dimostrata dagli svizzeri nei confronti degli ucraini abbia ripercussioni positive sugli altri rifugiati nel Paese, che si trovano esattamente nella stessa situazione. Anch’essi sono stati sradicati”.

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