Non più sottrarre operatori sanitari ai paesi poveri
In Svizzera c'è penuria di personale sanitario. Ma è niente in confronto alla carenza nei paesi in via di sviluppo, abbandonati da medici e infermieri locali che espatriano per cercare migliori opportunità.
Per combattere questo fenomeno, una vasta coalizione di associazioni di operatori sanitari e di organizzazioni umanitarie svizzere ha redatto un manifesto in dieci punti, nel quale formula raccomandazioni per rispondere alla necessità di avere professionisti della sanità adeguatamente formati in tutto il mondo.
Alla testa dell’iniziativa, c’è Medicus Mundi Svizzera, una rete di organizzazioni elvetiche attive nel campo della salute a livello internazionale, con sede a Basilea.
In sintesi nel manifesto, presentato il 16 gennaio in una conferenza stampa a Berna, si chiede di intervenire per migliorare le condizioni di lavoro degli operatori sanitari, sia in Svizzera che all’estero. In particolare, si esorta la Svizzera a rinunciare ad “importare” operatori sanitari dai paesi più bisognosi, dove ce ne sono già troppo pochi.
“Paesi sviluppati come la Svizzera ragionano a brevissimo termine se per sopperire alla scarsità interna di personale sanitario, ricorrono – direttamente o indirettamente – al reclutamento in paesi del Sud”, sottolineano le 26 organizzazioni che hanno sottoscritto il manifesto.
I promotori citano anche il codice etico dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), firmato dalla Svizzera nel maggio 2010, che condanna questa pratica.
Gravi carenze
In Svizzera il numero di nuovi operatori sanitari formati ogni anno è insufficiente. Si stima che annualmente se ne dovrebbero formare circa 5mila in più. Eppure, mentre la Svizzera ha circa 300 medici o infermieri ogni mille abitanti, questa proporzione è spaventosamente più bassa altrove.
Secondo l’OMS, 57 paesi hanno meno di tre medici, infermieri od ostetriche ogni mille abitanti. Una situazione ulteriormente peggiorata dall’emigrazione di molti di questi professionisti della salute nei paesi più sviluppati, attirati da una migliore retribuzione.
“La Svizzera deve astenersi dal reclutamento attivo da paesi che soffrono di una grave carenza di personale”, ha detto nella conferenza stampa Martin Leschhorn Strebel, membro della direzione di Medicus Mundi. Ma i lavoratori dei paesi poveri desiderano emigrare in Svizzera, indipendentemente dal fatto che siano reclutati attivamente o meno.
“Sarebbe opportuno avere un registro degli stranieri che vengono in Svizzera per lavorare in ospedali e cliniche o in case di cura private. Se sapessimo quanti e dove sono, allora potremmo anche parlare con loro”, ha spiegato a swissinfo.ch Christine Rutschmann, della Croce Rossa svizzera.
“Alcuni stanno tornando nei loro paesi d’origine e forse sarebbero interessati a collaborare a progetti gestiti dai ministeri locali della sanità”.
Il problema non riguarda solo i paesi del sud. Tocca anche l’Europa dell’Est. La Rutschmann cita le statistiche della Bulgaria, dove nel 2011 sono stati formati 600 nuovi medici. Parallelamente circa 600 medici e un migliaio di infermieri partono ogni anno per l’Europa occidentale, spesso per prendersi cura di anziani. Con un stipendio mensile tra i 200 e i 500 euro (240-605 franchi), in Bulgaria guadagnano molto meno di quello che possono ricevere all’estero.
Rendere felici gli operatori
In teoria la soluzione sarebbe semplice: ogni Paese – a prescindere dalla sua ricchezza – dovrebbe formare operatori sanitari a sufficienza e fare di tutto per tenerli nel sistema sanitario nazionale. Ma in pratica è molto più complicato, osserva Roswitha Koch, dell’Associazione svizzera delle infermiere e degli infermieri (ASI).
In Svizzera, secondo la Koch, occorrono più posti per personale in formazione e fondi sufficienti per finanziare la formazione. Inoltre, si devono migliorare le condizioni di lavoro. Per la rappresentante dell’ASI, le condizioni di lavoro insoddisfacenti sono il motivo per cui infermieri e assistenti di cura in media abbandonano dopo appena dieci anni quella che generalmente è considerata una buona professione.
La Koch evidenzia anche l’importanza di migliorare la situazione per gli operatori sanitari in tutto il mondo. “Se devono lavorare in luoghi remoti di campagna, senza scuole per i loro figli, privi di acqua corrente e di un alloggio adeguato, non sono motivati ad andare lì. Si tratta di regioni in cui la cooperazione svizzera allo sviluppo potrebbe investire”, ha detto a swissinfo.ch la rappresentante dell’ASI.
Compensazione svizzera
Svend Capol, presidente dell’organizzazione svizzera per la salute in Africa SolidarMed, ha lavorato come medico in Lesotho per due anni e mezzo. Comprende dunque che operatori sanitari dei paesi poveri possano desiderare fare esperienze in una struttura d’avanguardia all’estero.
“Tutti dovrebbero avere la libertà di scegliere”, ha dichiarato Capol a swissinfo.ch. “Ma possiamo anche offrire qualcosa alle persone che rimangono nei loro paesi, con aiuti sia per aumentare gli stipendi o per la scolarizzazione dei figli oppure per fornire alloggi”.
Come per la Koch, anche secondo Capol la cooperazione svizzera allo sviluppo avrebbe quindi un ruolo da svolgere per compensare la “fuga di cure” che si verifica quando dei professionisti della sanità di quei paesi vengono a lavorare in Svizzera.
Nel mondo ci sono circa 60 milioni di operatori sanitari. Circa due terzi forniscono servizi sanitari, come medici, infermieri, ostetriche, farmacisti, tecnici di laboratorio. L’altro terzo si occupa della gestione e del supporto, come dirigenti ospedalieri, impiegati amministrativi, cuochi, autisti e addetti alle pulizie.
Negli ultimi 30 anni, in molti paesi europei il numero di operatori sanitari immigrati è aumentato di oltre il 5% l’anno. Nei paesi che fanno parte dell’Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo (OCSE), circa il 20% dei medici proviene dall’estero. In alcuni Stati del Golfo, come Kuwait o Emirati Arabi Uniti, oltre il 50% del personale sanitario è migrante.
Infermiere provenienti dalle Filippine (110mila) e medici dall’India (56mila) costituiscono la più grande quota di personale sanitario migrante nei paesi OCSE.
In certi paesi a basso reddito oltre il 50% degli operatori sanitari altamente qualificati migra all’estero per cercare migliori opportunità di lavoro. I dieci paesi con il più alto tasso di espatrio per i medici sono: Haiti, Saint Vincent e Grenadine, Trinidad e Tobago, Tanzania, Sierra Leone, Isole Figi, Angola, Mozambico, Guyana, Grenada e Antigua.
Medicus Mundi è una rete di organizzazioni di paesi diversi attive nella cooperazione internazionale nel settore sanitario.
Medicus Mundi Svizzera associa tra loro, su base volontaria, 45 organizzazioni che hanno un obiettivo comune: il diritto alla salute per tutti.
La rete si considera una comunità di lavoro, di scambi e di apprendimento aperta e unificatrice.
Fonte: Medicus Mundi Svizzera
(Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)
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