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«Non si deve aspettare un’ecatombe per intervenire»

Dopo due anni di processo e 66 udienze, le vittime dell'amianto e i loro famigliari hanno ottenuto giustizia Keystone

Il processo di Torino ha permesso di far venire a galla la verità nella vicenda dell’amianto. Per François Iselin, che da oltre trent’anni segue da vicino il dossier, il verdetto deve servire soprattutto da monito per evitare un uso sconsiderato di tutti i prodotti cancerogeni.

La sentenza pronunciata lunedì dal tribunale di Torino non mette di certo la parola fine alla saga giudiziaria Eternit. Oltre al processo in appello, altri procedimenti si apriranno a breve in Italia.

Il verdetto rappresenta comunque un punto di partenza importante per chi si preoccupa della salute dei lavoratori e dei cittadini. Secondo l’ex professore del Politecnico federale di Losanna e esperto del Comitato di aiuto e di orientamento alle vittime dell’amianto (CAOVA) François Iselin, questo processo sarebbe stato perfettamente evitabile se i numerosi studi sulla nocività di questo materiale fossero stati presi in considerazione un po’ più velocemente.

swissinfo.ch: Il procuratore Raffaele Guariniello ha dichiarato che quello di Torino è stato il processo più importante della storia per quanto concerne la sicurezza sul lavoro. Per lei cosa ha rappresentato?

François Iselin: Qualcosa di importante, effettivamente. Bisogna però relativizzare. I due imputati sono stati condannati per alcune migliaia di vittime, ma ogni anno ce ne sono dieci volte tante nel mondo. I problemi sono gli stessi se non addirittura più gravi in Brasile, Nicaragua, Spagna, Francia e molti altri paesi. Questo processo è solo l’inizio.

Stephan Schmidheiny è stato giudicato, è vero. Ma solo per uno dei tanti aspetti in cui è implicata la sua responsabilità. La sua responsabilità è in effetti molto più grande, poiché è stato alla testa di una multinazionale che ha esposto moltissime persone a questa sostanza in diversi paesi del mondo.

swissinfo.ch: Quali sono gli insegnamenti da trarre?

F.I.: A mio modo di vedere non dovremmo più avere questo genere di processi. Da un lato, questa sentenza non farà risuscitare i morti, dall’altro il processo era perfettamente evitabile.

A partire dagli anni ’50-’60, gli scienziati hanno pubblicato degli studi dove veniva dimostrato che questo minerale è nocivo. Queste ricerche non hanno però avuto nessun impatto. Non perché erano controverse, ma perché la trasmissione delle conoscenze tra scienziati, istituzioni di prevenzione, sindacati e autorità politiche non è funzionata.

Oggi vi sono migliaia di prodotti a rischio cancro. Penso ai cellulari e alle loro radiazioni, alle nanoparticelle… Vi sono dei rapporti molto seri sulla pericolosità di molti prodotti industriali. Appena vi sono dei sospetti bisogna intervenire e non aspettare che vi sia un’ecatombe.

swissinfo.ch: Ritiene che questo verdetto possa servire da monito per quegli industriali che non fanno abbastanza per garantire la sicurezza ai lavoratori e ai cittadini?

F.I.: Il fatto è che molti industriali sono pronti a prendere dei rischi enormi, soprattutto coi prodotti cancerogeni, perché sanno che il tempo di latenza è sufficientemente lungo.

Schmidheiny, dal canto suo, ha aspettato troppo. Se avesse smesso con l’amianto quando ha preso le redini della Eternit in Svizzera (nel 1975, ndr), la catastrofe sarebbe stata minore. Invece si è intestardito a proseguire con questa sostanza fino a quando non era più redditizia. Lui stesso del resto ha detto ‘smettiamo perché l’amianto non rende più’.

Già a partire dagli anni ’60, autorità, sindacati e così via avrebbero da parte loro dovuto dire: ‘adesso basta, l’amianto è troppo pericoloso, sappiamo che è un potente cancerogeno che farà molte vittime’. Invece si è continuato ad utilizzarlo ancora per molti anni.

swissinfo.ch: Sedici anni di condanna per i due imputati, un lunghissimo elenco di risarcimenti… Si aspettava una sentenza simile?

F.I.: No, ero molto pessimista. Schmidheiny usufruisce di enormi appoggi a livello diplomatico e finanziario e gode di un grande prestigio in Svizzera. È una persona che si è ritagliata una fama considerevole nell’ambito del cosiddetto capitalismo verde.

Anche con un solo mese di prigione, tutto questo prestigio viene però a cadere. Sarà drammatico per tutte le società che ha fondato e in un certo è drammatico anche per la Svizzera. Come ha potuto la Confederazione lasciare che questa persona agisse indisturbata, allorquando la Svizzera è stato il primo paese ad utilizzare il cemento-amianto e per questo ha avuto la più lunga esperienza sui rischi associati alla lavorazione di questo materiale? Perché la Svizzera non è intervenuta subito dicendogli ‘caro signor Schmidheiny, lei sta giocando con il fuoco’?

swissinfo.ch: I due imputati non si sono mai presentati al processo e adesso si apre tutta la trafila dei ricorsi. Pensa che un giorno Stephan Schmidheiny finirà veramente in prigione?

F.I.: Non penso che sia l’aspetto centrale. L’essenziale è che questo processo abbia permesso di far venire a galla la verità.

Non so se un giorno sarà estradato dalla Svizzera o dal Costarica, dove vive gran parte dell’anno. Per lui il problema sarà comunque di non poter più viaggiare facilmente. E per persone come lui, non poter viaggiare è catastrofico.

swissinfo.ch: In Svizzera, nel 2008 il Tribunale federale ha respinto tre denunce penali contro, tra gli altri, Stephan e Thomas Schmidheiny per prescrizione dei reati. Crede che vi sia ancora spazio per un’offensiva giudiziaria anche nella Confederazione?

F.I.: Sì, questa sentenza forse aprirà delle porte. Per questo genere di casi, il termine di prescrizione di 10 anni è assurdo. Ci sono buone probabilità che la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo entri in materia sul ricorso inoltrato contro questa sentenza.

Non bisogna poi dimenticare che a Torino adesso inizia il processo Eternit-bis, che potrebbe fare molto male in Svizzera, poiché concerne gli emigrati italiani che si sono ammalati negli stabilimenti svizzeri della Eternit e chiama in causa, tra gli altri, anche la Suva (l’Istituto nazionale svizzero di assicurazione contro gli infortuni, ndr).

È necessario sapere quello che è successo in Svizzera. Sono però un po’ più pessimista. A Torino il processo è stato vinto grazie alla mobilitazione delle parti civili. Ci sono persone che sono venute a Torino per tutte le 66 udienze, che hanno testimoniato, hanno cercato delle prove… In Svizzera non vedo dei gruppi di pressione simili. Basti pensare che a Torino non era presente neppure un rappresentante del sindacato Unia o qualche personalità politica.

Al tribunale di Torino inizierà presto un altro procedimento che riguarda la vicenda Eternit.

Esso concerne le persone che si sono ammalate dopo l’inizio delle udienze preliminari – il 6 aprile 2009 – del processo che si è concluso lunedì. Attualmente sono circa 180 persone, stando a quando dichiarato da Nicola Pondrano, uno dei rappresentanti delle vittime dell’amianto.

Inoltre riguarda anche gli emigrati italiani esposti all’asbesto negli stabilimenti svizzeri di Eternit. Nell’ottobre 2007, il Dipartimento federale di giustizia e polizia aveva autorizzato la trasmissione alla procura di Torino dei dossier della Suva riguardanti 196 operai nelle fabbriche di Payerne, nel canton Vaud, e Niederurnen, nel canton Glarona.

Interpellato dall’Agenzia telegrafica svizzera dopo la lettura della sentenza, il procuratore torinese Raffaele Guariniello ha confermato i due procedimenti e ha indicato che potrebbe anche recarsi in Svizzera per i bisogni dell’indagine.

Discendente di una grande famiglia di industriali, Stephan Schmidheiny è nato nel 1947 a San Gallo.

Dopo uno stage presso Eternit Brasile alla fine degli anni ’60, diventa direttore dell’impresa della sua famiglia Eternit SA a Niederurnen nel 1974, subentrando a suo padre. Nel 1978, quando accede alla presidenza del consiglio d’amministrazione dell’azienda, annuncia di voler sviluppare dei prodotti senza amianto. Il minerale sarà però definitivamente abbandonato solo nel 1994.

Nel 1979 diversifica le sue attività acquistando il gruppo Distral (chioschi). In seguito entra a far parte di diversi consigli d’amministrazione.

Negli anni ’80, Schmidheiny partecipa alla fusione tra alcuni giganti dell’orologeria e della Asea-BBC, da cui nascerà ABB.

Nel 1989 cede le sue azioni della Eternit SA al fratello Thomas, che diventa anche presidente del cda.

Negli anni ’90 inizia ad impegnarsi in favore di una politica economica che concili crescita e protezione dell’ambiente. Durante il Vertice di Rio nel 1992, crea il «World Sustainable Development» (Consiglio economico delle imprese per uno sviluppo sostenibile.

La sua carriera di industriale prende un’altra strada nel 1994, con la creazione della fondazione Avina, che si impegna per progetti sostenibili in ambiti sociali, educativi, culturali e ambientali.

Nel 2001 abbandona tutti i suoi incarichi.

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