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Persone di fede protestante in prima linea nella promozione delle donne nelle Chiese

Rebecca Mutumosi Mfutila
Rebecca Mutumosi Mfutila è prima donna teologa e pastora della comunità evangelica di Kwango, nella Repubblica Democratica del Congo. swissinfo.ch

Il Premio internazionale Sylvia Michel è stato assegnato alla teologa e pastora congolese Rebecca Mutumosi Mfutila. Il riconoscimento, che mira a promuovere le donne in seno alle Chiese riformate, ricompensa l'impegno di una persona che "supera le barriere culturali nei confronti delle donne e rappresenta quindi un modello per le giovani ragazze". 

Nonostante qualche passo avanti, le donne sono ancora poco presenti nelle istanze della maggior parte delle religioni. Le Chiese protestanti sono però un’eccezione. Rita Famos, presidente della Chiesa evangelica riformata in Svizzera (CERiS), ritiene che una delle ragioni della maggiore presenza femminile sia la struttura delle Chiese riformate. 

“Le Chiese sono gestite democraticamente, con la partecipazione di persone non ordinate e di donne, e quindi le riforme possono essere attuate più rapidamente. L’organizzazione decentralizzata permette di realizzare riforme su piccola scala, che poi servono da esempio. Le riforme avvengono dal basso verso l’alto, una caratteristica essenziale delle Chiese protestanti”, afferma. 

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Tuttavia, la piena uguaglianza non è stata raggiunta. “Nove delle nostre venticinque Chiese associate sono guidate da donne e nelle parrocchie circa il 40% dei pastori sono donne, ma molte lavorano a tempo parziale. Più della metà delle persone che studiano teologia sono donne, ma c’è ancora bisogno di recuperare il ritardo in seno al corpo docente ordinario. Non ci sono ancora molte donne nelle funzioni di direzione operativa delle nostre Chiese associate”, dice. 

Un lungo processo 

In altre parti del mondo, la strada verso l’uguaglianza è ancora più lunga. Nella Comunione mondiale delle Chiese riformate (WCRC), la più grande associazione di Chiese riformate con circa 80 milioni di membri in più di 100 Paesi, il 60% delle Chiese ha introdotto l’ordinazione delle donne. “Ma le donne che vivono in società patriarcali incontrano ancora difficoltà, anche all’interno delle Chiese”, osserva Rita Famos. 

Il Premio Sylvia Michel mira a promuovere la presenza femminile in queste Chiese. È stato istituito nel 2007 dalla Chiesa riformata del cantone di Argovia e rende omaggio alla memoria di Sylvia Michel, pastora che era stata eletta presidente della Chiesa riformata del cantone svizzero tedesco nel 1980. Michel è stata la prima donna in Europa a ricoprire una posizione così importante nell’esecutivo di una Chiesa. 

Il premio, dotato di 5’000 dollari, viene assegnato ogni due anni dall’Associazione dei presidenti e vicepresidenti delle Chiese riformate in Svizzera (PanKS), in collaborazione con il CERiS e il WCRC. 

“La consegna del Premio internazionale Sylvia Michel [che quest’anno si è svolta il 7 novembre, ndr] è sempre stata molto toccante”, afferma Lini Sutter, direttrice di PanKS. “Le vincitrici del passato, provenienti da Kenya, Senegal, Corea del Sud, Madagascar, India orientale e Cile, hanno sensibilizzato l’opinione pubblica sul fatto che la parità di genere non può essere data per scontata ovunque. Esse dimostrano che il cambiamento degli atteggiamenti è un processo lungo e importante”. 

Far sentire la voce delle donne 

La vincitrice di quest’anno è la congolese Rebecca Mutumosi Mfutila, prima donna teologa e pastora della comunità evangelica di Kwango, una regione confinante con l’Angola e tra le più povere del mondo. “Supera le barriere culturali nei confronti delle donne ed è quindi un modello per molte giovani donne”, si legge nella presentazione delle dieci candidate. 

Questa funzione di modello è particolarmente importante. “Abbiamo bisogno di modelli che stiano già sperimentando le novità e che dimostrino che un cambiamento è possibile. Questo incoraggia chi è alla ricerca di un cambiamento e dissipa i timori di chi è esitante”, spiega Rita Famos. 

Rebecca Mutumosi Mfutila è la prova che è possibile cambiare le cose, nonostante le difficoltà. “In Congo ci sono barriere in tutta la società”, afferma. “Gli uomini ritenevano che una donna non potesse predicare. Ma ho sentito la chiamata di Dio ed ero convinta di voler servire il Signore. Il cammino è stato molto difficile”. 

“Il mio percorso ha però cambiato le cose”, continua la pastora congolese. “Ha mostrato agli uomini che anche le donne possono fare teologia e diventare pastore. Ho anche sensibilizzato le donne con corsi di formazione e ora hanno il coraggio di esprimersi”.

Traduzione dal francese di Luigi Jorio

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