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Anche se criticata, la Svizzera continua a incarcerare minorenni

Prison
Nel periodo 2017-2018 sette minori sono stati incarcerati nella prigione aeroportuale di Zurigo prima di essere espatriati. Questa immagine dell'edificio è stata scattata nel 2016. © Keystone / Christian Beutler

Ogni anno, una ventina di minori sono collocati nelle prigioni svizzere. Dopo aver respinto la loro domanda d’asilo, i cantoni li affidano alle autorità carcerarie. Nonostante le forti critiche, il parlamento  non vuole vietare questa pratica.

Assieme ad altri 196 Paesi, la Svizzera ha ratificato la Convenzione sui diritti del fanciulloCollegamento esterno delle Nazioni Unite. Il testo sancisce che la detenzione di un fanciullo – ogni essere umano avente un’età inferiore a diciott’anni, ai sensi della Convenzione – deve costituire un provvedimento di ultima risorsa ed avere la durata più breve possibile. Eppure, ogni anno una ventina di minori vengono trattenuti nelle varie prigioni del Paese. 

Secondo l’ultimo rapporto della Commissione nazionale per la prevenzione della torturaCollegamento esterno, tra il 2017 e il 2018, 37 minori sono stati imprigionati per un periodo che variava dai due ai 120 giorni. Questi giovani, d’età compresa tra i 15 e i 18 anni, hanno fatto richiesta d’asilo in Svizzera. Dato che la loro domanda è stata respinta, sono stati collocati in un penitenziario in attesa del loro allontanamento dal territorio elvetico. Si tratta di una cosidetta carcerazione amministrativaCollegamento esterno, regolarmente impiegata in Svizzera con i migranti maggiorenni la cui richiesta d’asilo è stata respinta.

La conclusione della Commissione nazionale per la prevenzione della tortura è senza appello: “Nel contesto della migrazione, la detenzione di minori, accompagnati o non accompagnati da un adulto, è inammissibile in considerazione del principio dell’interesse superiore del minore, che deve prevalere sullo status di immigrato”.

Inoltre, la commissione ha sottolineato che i minori sono stati collocati per lo più in stabilimenti non appropriati, quali penitenziari o istituti di carcerazione preventiva. 

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In base alle sue osservazioni, la commissione ha scoperto un fatto ancora più grave: prima del rinvio, tre cantoni (Berna, San Gallo e Zurigo) hanno eccezionalmente detenuto minorenni di età inferiore ai 15 anni insieme alla loro famiglia in istituti di privazione della libertà, violando quindi la legge svizzeraCollegamento esterno. Questa procedura era già stata fortemente criticata dalla Commissione della gestione del Consiglio nazionaleCollegamento esterno (CdG-N). 

Dopo una valutazione da parte del Controllo parlamentare dell’amministrazione – che aveva rilevato che la maggioranza dei 200 giovani collocatiCollegamento esterno in detenzione amministrativa tra il 2011 e il 2014 avevano meno di 15 anni – la CdG-N ha esortato il Consiglio federale a provvedere affinché gli adolescenti d’età inferiore a 15 anni non fossero più arrestati e venissero cercate alternative alla carcerazione insieme alla famiglia. Nel 2018, il governo elveticoCollegamento esterno ha quindi chiesto ai cantoni di mettere definitivamente fine a questa pratica.

Detenzione di fanciulli, denuncia da più parti 

“La Svizzera non li tratta come bambini, bensì come dei migranti”, deplora Tanya Norton, vice direttrice del programma “Bambini e giovani in migrazione” della ONG Terre des hommesCollegamento esterno (Tdh). “L’incarcerazione dei minori dovrebbe essere l’ultima ratio per le autorità. Invece si tratta di una misura presa senza considerare possibili alternative. Secondo noi manca la volontà politica”. Con la pubblicazione di un rapportoCollegamento esterno nel 2016, Tdh è stata una delle prime organizzazioni a denunciare l’imprigionamento di minori in Svizzera. Diverse associazioni hanno poi seguìto l’esempio della ONG. Nel 2017, anche il commissario per i diritti umani del Consiglio d’EuropaCollegamento esterno ha chiesto alla Svizzera di non più detenere giovani d’età inferiore ai 18 anni. 

Inoltre, Terre des hommes sottolinea la mancanza di dati affidabili sulla carcerazione di bambini migranti in Svizzera. Le varie fonti consultate (Segreteria di Stato della migrazione, SEMCollegamento esterno, Tdh, Commissione nazionale per la prevenzione della tortura e il Polo di ricerca nazionale su migrazione e mobilitàCollegamento esterno) presentano cifre differenti su questo fenomeno. Queste sono in parte dovute alle cifre diverse fornite dalla SEM e quelle trasmesse direttamente dai cantoni, autorità responsabili dell’allontanamento. Le differenze sono causate da errori di registrazioneCollegamento esterno dei dati da parte dei cantoni, sbagli che verranno corretti, scrive la SEM. Nel 2015, anche il Comitato dei diritti del bambino dell’ONUCollegamento esterno aveva invitato la Svizzera a “migliorare senza indugio il suo sistema di raccolta dei dati”. 

Nessuna armonizzazione 

«Si ha l’impressione che questi minorenni non siano importanti. È una situazione davvero insopportabile”, dice Tanya Norton. Il loro trattamento viene deciso dal cantone responsabile della loro espulsione. A Ginevra e Neuchâtel, per esempio, la detenzione amministrativa dei minori è vietata dalla legge. Di recente, la maggior parte dei cantoni non ha più fatto ricorsoCollegamento esterno a questa misura d’incarcerazione per migranti minorenni, tuttavia dieci cantoni l’hanno impiegata tra il 2017 e il 2018. 

E anche qui si notano grandi differenze: Basilea-Città e Berna hanno ciascuno collocato in detenzione preventiva undici richiedenti l’asilo d’età compresa tra i 15 e i 18 anni, il canton Soletta né ha incarcerato solo due, il canton Glarona solo uno. “Noi ci auguriamo una legge nazionale e un controllo da parte della Confederazione”, spiega Tanya Norton. “La responsabilità relativa all’applicazione dei trattati internazionali spetta allo Stato. Quest’ultimo non può demandare questo compito ai cantoni”. 

L’obiettivo della detenzione amministrativa è di garantire l’espulsione di una persona senza diritto di soggiorno in Svizzera. Visto che non si tratta di un’imprigionamento di tipo penale, il regime carcerario deve essere molto più flessibile. L’anno scorso vari cantoni hanno deciso di modificare la loro prassi e hanno cercato delle alternative per rendere la detenzione meno traumatizzante per le persone (adulti e minori), la cui domanda d’asilo è stata respinta. 

Nuovo approccio a Moutier

Nel luglio 2018, il canton Berna ha cambiato completamente l’organizzazione carceraria e ha deciso di trasformare la prigione di Moutier, nel Giura bernese, in un istituto specializzato nella detenzione amministrativa. “È stato un vero e proprio cambiamento di paradigma per il personale e l’istituto”, spiega il codirettore della prigione Andreas Vetsch. “Le persone collocate qui non hanno commesso alcun delitto. Sono solo in attesa del loro rinvio in patria”.

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Salle dans une prison

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Dalla detenzione all’accompagnamento: l’esempio di Moutier

Questo contenuto è stato pubblicato al Dal 1º luglio 2018, il canton Berna ha riorganizzato le prigioni e ha deciso di trasformare il carcere di Moutier in un istituto specializzato nella detenzione di richiedenti l’asilo in attesa di essere allontanati dalla Svizzera. L’ex penitenziario può accogliere 28 persone in 14 celle singole, in una cella doppia e in quattro celle triple.…

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In un istituto specializzato nella detenzione amministrativa è molto più facile adeguare l’organizzazione che in una classica prigione dove vengono incarcerati migranti in attesa di rinvio e comuni criminali. A Moutier, i detenuti possono passeggiare all’aria aperta tutti i pomeriggi tra i due piani dell’edificio o sul tetto. Hanno la possibilità di leggere, praticare sport, lavorare. “Vogliamo concentrarci meno sugli aspetti legati alla sicurezza e più sull’accompagnamento”, spiega Andreas Vetsch. “Il nostro obiettivo è di trovare il modo per rispettare le nostre leggi e i diritti umani dei detenuti”. Nel 2019, solo un minore è stato collocato a Moutier. 

Cambio di mentalità 

La Svizzera non è la sola a fare ricorso alla detenzione amministrativa di richiedenti l’asilo adulti e minorenni. Uno studio dell’ONUCollegamento esterno, pubblicato lo scorso luglio, rivela che ogni anno almeno 330 mila fanciulli migranti sono imprigionati in 77 Paesi. È una pratica molto diffusa anche nell’Unione europea, anche se è difficile ottenere delle cifre al riguardo. 

Si denota però un cambio di mentalità. Nel dicembre 2018, 164 Paesi hanno adottato un Patto globale per le migrazioni sicureCollegamento esterno, che tra i suoi obiettivi ha anche la lotta contro la detenzione di bambini. La Svizzera ha avuto un ruolo fondamentale nella stesura del testo, ma per ora la sua adesione è stata rinviata a causa dello scetticismo del parlamento elvetico. 

“La Svizzera applica una legge molto restrittiva per quanto riguarda la detenzione dei minori”, evidenzia Tanya Norton. “È piuttosto sorprendente, poiché i segnali della Confederazione andavano in un’altra direzione, ma le belle intenzioni non sono state confermate dai fatti”. Quest’anno, il parlamento ha ampiamente respinto due proposteCollegamento esterno che chiedevano di vietare la carcerazione amministrativa dei minori. Ambedue i testi sono stati respinti poiché la maggioranza del parlamento ha sostenuto che questo provvedimento viene impiegato solo in ultima ratio e che spetta ai cantoni decidere se incarcerare i minori in vista del loro allontanamento.

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L’incarcerazione di un bambino, anche se di breve durata, ha gravi conseguenze, come rileva lo studio dell’ONU. “La detenzione amministrativa si ripercuote negativamente sulla salute fisica e mentale dei fanciulli e li espone al rischio di violenza sessuale e sfruttamento. È stato dimostrato che ha peggiorato il loro equilibrio psico-fisico, causando ansia, depressione, idee suicide e disturbi post-traumatici”. Elodie Antony, del Servizio sociale internazionaleCollegamento esterno (SSI) a Ginevra, ha accompagnato un giovane uomo collocato in detenzione amministrativa. Il richiedente l’asilo stava seguendo una formazione in ambito informatico. L’obiettivo del progetto era di prepararlo al suo futuro professionale in Svizzera o nel Paese d’origine. 

Questo giovane adulto, che da minorenne si era messo in viaggio verso l’Europa, è stato improvvisamente imprigionato, interrompendo così il suo percorso di integrazione nel mondo del lavoro. Nonostante il SSI abbia mantenuto i contatti con lui, il giovane era completamente disorientato, ricorda Elodie Antony. “L’incarcerazione di minori, ma anche di giovani adulti, non favorisce certo la creazione di prospettive future per loro, soprattutto per i giovani migranti che attraversano un momento di grande instabilità”, evidenzia Antony. “La detenzione può davvero interrompere un processo d’integrazione o di reintegrazione nel Paese d’origine”. 

Tanti bambini scomparsi 

La paura di finire in prigione spinge molti bambini alla clandestinità, avverte Terre des hommes. “In questo modo sono ancora più vulnerabili e rischiano di finire nelle reti europee dello sfruttamento sessuale e lavorativo”, ricorda Tanya Norton.

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La SEM sostiene che lo scopo della detenzione amministrativa è di evitare la partenza incontrollata di una persona. Ricorda inoltre che i minori che hanno fatto richiesta d’asilo sono registrati e quindi “godono di misure specifiche che ne favoriscono la protezione e la ricerca in caso di scomparsa. Queste misure sono di competenza dei cantoni”. Con l’entrata in vigore nel marzo scorso della nuova procedura d’asilo, ogni persona d’età inferiore ai 18 anni viene accompagnato da un rappresentante legale. “Questa disposizione dovrebbe garantire una migliore protezione dei minori non accompagnati”, indica la SEM. 

Numerose associazioniCollegamento esterno sono preoccupate dall’elevato numero di giovani richiedenti l’asilo scomparsi dal 2015 e deplorano la mancanza di dati affidabili sul fenomeno. Infatti, la SEM registra il numero di “partenze non controllate”, senza precisare se si tratta di persone scomparse, passate alla clandestinità, che non rientrano nel sistema d’asilo o che hanno lasciato la Confederazione. Le ONG criticano l’assenza di un meccanismo che segnali sistematicamente la scomparsa di un minore e i pochi mezzi messi a disposizione per la sua ricerca. “Lo Stato è responsabile di tutti i minori che si trovano sul suo territorio”, conclude Elodie Anthony.

(Traduzione dal francese di Luca Beti)

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