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Quali diritti per i non svizzeri?

L'8 febbraio 2004 gli stranieri di Renens, nel canton Vaud, hanno potuto votare per la prima volta a livello comunale. Keystone

Integrarsi per partecipare oppure partecipare per integrarsi? L'interrogativo sollevato già a partire dagli anni '70 dal mondo politico e dagli organi che si occupano dell'integrazione degli stranieri è sempre più ricorrente nella società moderna.

Confrontata all’aumento dei lavoratori stranieri da una parte e alla presenza radicata di sentimenti xenofobi dall’altra, la Svizzera è chiamata a riflettere su cosa vuol fare dei suoi “non svizzeri”.

Se per alcuni è giusto naturalizzarli per permettere loro di partecipare alla vita del paese, per altri è la partecipazione il punto di partenza per diventare cittadini.

Per la Commissione federale della migrazione (CFM), la maggior parte degli 1,7 milioni di stranieri che vivono nella Confederazione (22% della popolazione) è perfettamente familiarizzata con la realtà nazionale e non deve quindi essere esclusa dalle decisioni che la riguardano.

«860’000 stranieri risiedono in Svizzera da oltre dieci anni e 350’000 sono nati qui», ha detto il presidente della CFM in occasione di una giornata di riflessione sulla nozione di “cittadinanza attiva” organizzata dalla commissione a inizio novembre a Berna.

Secondo Francis Matthey, queste persone andrebbero riconosciute in quanto “cittadini” e dovrebbero quindi beneficiare dei diritti politici, perlomeno a livello comunale e cantonale.

Far sentire la propria voce

Escluderli, ha fatto notare durante l’incontro il politologo Gianni D’Amato, significherebbe perdere la propria legittimità. Quando più del 20% della popolazione non può partecipare alle decisioni politiche, osserva il direttore del Forum svizzero per lo studio delle migrazioni e delle popolazioni, «il sistema democratico raggiunge i limiti della legittimità».

Quella di entrare a far parte della collettività per potersi integrare (pratica adottata soprattutto dai paesi anglofoni) è soltanto una delle vie possibili, ritiene D’Amato.

Nelle regioni germanofone del continente, scrive su una pubblicazione della CFM, si adotta in effetti tradizionalmente un approccio diverso: l’acquisizione della cittadinanza è una questione di fiducia che lo straniero deve meritarsi attraverso gli sforzi d’integrazione.

«Quello che è importante – ha sottolineato D’Amato a Berna – è far sentire la propria voce: gli stranieri devono avere il coraggio di manifestarsi all’interno delle scuole oppure in seno alle associazioni».

L’eccezione romanda

Essere straniero in Svizzera non è sempre evidente, ha commentato Ada Marra, esponente socialista in parlamento. Dal 2002, ha rammentato la deputata vodese con radici pugliesi, si è votato praticamente una volta all’anno su temi concernenti gli stranieri.

In particolare, in occasione del voto nazionale sulle naturalizzazioni (2004), sull’asilo (2006) e sulla costruzioni di minareti (2009), l’elettorato elvetico si è dimostrato assai conservatore, esprimendosi in favore di leggi più severe nei confronti degli stranieri.

A questo inasprimento della politica sugli stranieri – ha osservato Ada Marra – si contrappone l’apertura di alcuni cantoni, prevalentemente nella Svizzera romanda, i quali hanno deciso di concedere ai loro stranieri residenti il diritto di voto (e in alcuni casi anche quello di eleggibilità) a livello comunale e/o cantonale.

Tra questi figurano Neuchâtel, Ginevra, Giura, Vaud, Friburgo, Grigioni e Appenzello esterno. I cittadini di Basilea Città e Berna hanno al contrario rifiutato, a fine settembre, di concedere tale diritto agli stranieri domiciliati.

Stranieri simili agli svizzeri

Per consentire a tutti gli stranieri in Svizzera di partecipare alle votazioni federali, seppure in modo virtuale, il Centro per la Democrazia di Aarau (CDA) ha presentato alcune settimane fa il sito internet baloti.ch.

Scopo della piattaforma in undici lingue, spiega a swissinfo.ch Uwe Serdült del CDA, «è di permettere ai migranti di esprimersi sulla politica svizzera e di imparare il funzionamento della democrazia diretta».

Dalle primi analisi risulta che le preferenze politiche degli stranieri non differiscono molto da quelle degli svizzeri. Tra i migranti, fa notare Serdült, «ci sono altrettante persone di sinistra e di destra che nella popolazione svizzera».

Il coinvolgimento degli stranieri nella vita politica del paese, conclude Ada Marra, comporta risvolti interessanti non soltanto per i diretti interessati, ma anche per l’intera società. «Nei comuni del canton Vaud abbiamo notato che i partiti s’interessano sempre più agli stranieri: cercano elettori oppure candidati per le liste elettorali. Il risultato è la creazione di un vero dialogo tra politica e comunità straniere».

Alla causa non ha aiutato il caso di Ricardo Lumengo, deputato di origine angolana al parlamento svizzero. Giovedì, il consigliere nazionale socialista (cittadino svizzero dal 1997) è stato riconosciuto colpevole di frode elettorale per aver riempito 44 schede di suo pugno alle elezioni cantonali di Berna (2006). Il tribunale di Bienne lo ha condannato a una pena pecuniaria, sospesa condizionalmente. L’ho fatto «solo come esempio» per aiutare persone che non avevano dimestichezza con il sistema di elezione, si è giustificato Lumengo.

In diversi cantoni della Svizzera, in particolare in quelli germanofoni, è diffusa l’opinione secondo cui gli stranieri che vogliono votare nella Confederazione devono dapprima richiedere la cittadinanza elvetica.

Le procedure di naturalizzazione sono però spesso lunghe e possono seguire regole diverse a seconda del comune di residenza.

Nel raffronto europeo il sistema svizzero figura tra i più restrittivi. A differenza di molti Stati dell’Unione europea, la Svizzera non prevede ad esempio una naturalizzazione agevolata per gli stranieri di seconda generazione.

Nella votazione popolare del 2004, l’elettorato ha negato l’accesso facilitato al passaporto elvetico agli stranieri cresciuti o nati in Svizzera.

Nel 2009, rileva l’Ufficio federale di statistica, le naturalizzazioni sono state 44’948.

La cittadinanza svizzera può essere acquisita in diversi modi.

Per discendenza: i figli di una coppia sposata sono sin dalla nascita cittadini svizzeri se il padre o la madre lo sono (ius sanguinis); se i genitori non sono sposati, i figli ottengono la cittadinanza elvetica soltanto se la madre è svizzera.

Per adozione: l’ottenimento della cittadinanza è possibile solo se al momento dell’adozione l’adottato è ancora minorenne.

Naturalizzazione: la nazionalità svizzera può essere ottenuta al termine di una procedura di naturalizzazione agevolata (ad esempio i coniugi stranieri di cittadini svizzeri) o ordinaria.

In quest’ultimo caso si deve risiedere in Svizzera da almeno dodici anni (gli anni tra il 10° e il 20° anno d’età contano doppio).

Per ottenere il passaporto svizzero attraverso la procedura di naturalizzazione è necessaria l’autorizzazione del comune di residenza, del cantone e della Confederazione.

Chi ottiene il passaporto svizzero non è obbligato a rinunciare alla sua precedente nazionalità e può quindi avere la doppia cittadinanza.

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