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Quando le parole rendono fertile il terreno della violenza

Un'America sprofondata nel dubbio rende omaggio alle vittime Reuters

L'attentato contro la rappresentante democratica statunitense Gabrielle Giffords sabato in Arizona ha suscitato sconcerto anche in Svizzera. Quanto avvenuto a Tucson deve servire da monito affinché il dibattito politico non degeneri, rileva Hanspeter Uster, rimasto ferito nel 2001 nella strage di Zugo.

«L’America suonata dopo il massacro», «Le mortali conseguenze di un clima avvelenato», «La carneficina che interpella l’America, malata della violenza politica»… Come testimoniano i titoli di alcuni quotidiani svizzeri, la strage avvenuta sabato a Tucson, in Arizona, ha causato un’onda di choc un po’ dappertutto.

Lunedì il giovane di 22 anni autore della carneficina è stato formalmente incriminato. La sparatoria ha causato la morte di sei persone, mentre altre 14 sono rimaste ferite, tra cui la deputata democratica dell’Arizona Gabrielle Giffords, colpita alla testa e ancora sospesa tra la vita e la morte, anche se i medici si sono detti  «cautamente ottimisti». L’America, che lunedì si è fermata per «un minuto di silenzio e riflessione», come lo ha definito Barack Obama, sta intanto interrogandosi sui motivi che hanno portato alla strage.

Al di là del possibile movente e delle considerazioni sulla salute mentale dello sparatore, che stando all’FBI avrebbe pianificato l’attentato, è soprattutto il clima politico deleterio nel quale è sprofondato il paese ad esser messo sotto accusa.

Appena qualche mese fa, in occasione della commemorazione della strage di Oklahoma City (168 persone persero la vita il 19 aprile 1995 in un attentato orchestrato da Timothy McVeigh), l’ex presidente Bill Clinton aveva utilizzato parole rivelatesi profetiche, invitando tutti, ed in particolare i rappresentanti del Tea Party, ad abbassare i toni.

Un monito decisamente caduto nel vuoto: durante la campagna per le elezioni di mid-term, la repubblicana Sarah Palin non ha esitato a utilizzare metafore guerriere di dubbio gusto, pubblicando una lista di avversari politici da «abbattere» elettoralmente e una cartina con dei mirini su venti distretti in mani democratiche.

Le parole pesano

Tra di essi vi era anche (o meglio vi è tuttora, poiché lunedì la pagina facebook dell’ex governatrice dell’Alaska sulla quale figura la cartina era ancora accessibile) Gabrielle Giffords, rappresentante dell’ala centrista del Partito democratico e piuttosto conservatrice in materia di fiscalità e immigrazione.  

Gabrielle Giffords aveva aspramente criticato l’iniziativa della Palin: «Il problema non è tanto di essere nella sua lista, quanto il modo in cui lei lo ha rappresentato: mettendo un bersaglio sul nostro distretto. Quando si arriva a questo, bisogna essere consapevoli che ci saranno conseguenze».

Per Daniel Warner, ex professore all’Istituto di alti studi internazionali e dello sviluppo di Ginevra e vicino al Partito democratico, il fatto di sangue «non sorprende» così tanto  alla luce «del vocabolario utilizzato dall’estrema destra e dal Tea Party».

«Anche se l’assassino non è un suo membro ed è mentalmente instabile, il Tea Party deve assumersi le sue responsabilità. Non può semplicemente dire che si tratta di un atto isolato di un folle», prosegue Warner.

Le parole pesano, afferma in sostanza Warner, secondo il quale non bisogna stupirsi se poi qualcuno passa all’atto, soprattutto in uno Stato dove vi sono in circolazione molte armi e dove la disoccupazione e l’immigrazione creano un clima di frustrazione.

Tra i repubblicani, il movente politico per l’attentato non convince: «Dobbiamo semplicemente ammettere che in questo paese vi sono persone psicologicamente fragili», ha ad esempio dichiarato il senatore dell’Arizona Jon Kyl.

Il responsabile dei Repubblicani in Svizzera Ed Flaherty ritiene dal canto suo assai scorretto imputare quanto successo a Sarah Palin o al Tea Party. «Dare la colpa ai conservatori è semplicemente oltraggioso, è un teatrino politico da due soldi», afferma Flaherty, sottolineando che entrambi gli schieramenti hanno utilizzato una retorica politica piuttosto accesa, «ciò che è permesso dal primo emendamento (sulla libertà d’espressione, ndr)».

Il ricordo della strage di Zugo

«Negli Stati Uniti il governo non è ancora riuscito a dare una risposta alle frustrazioni della gente. È ciò che rende Sarah Palin e il Tea Party così popolari. Un po’ come in Svizzera, dove l’Unione democratica di centro utilizza un discorso populista, che gioca sulla frustrazione e sulle emozioni della gente», aggiunge dal canto suo Warner, che traccia anche un parallelo tra i due paesi per quanto concerne il dibattito sulle armi.

In Svizzera l’attentato di Tucson ha richiamato alla mente la strage di Zugo, avvenuta il 27 settembre 2001. Quel giorno, Friedrich Leibacher – che poi si suicidò – fece irruzione nel parlamento cantonale ed aprì il fuoco con il suo fucile d’assalto ed altre armi, uccidendo 14 persone e ferendone altre 18.

Tra di loro vi era anche Hanspeter Uster, direttore del dipartimento della sicurezza del canton Zugo, colpito a un polmone. «Naturalmente fatti come quelli di Tucson risvegliano in me i ricordi di quanto accaduto quel giorno a Zugo», afferma Uster.

«Ciò che spaventa è soprattutto il vocabolario utilizzato da Sarah Palin, che ha ad esempio affermato ‘non indietreggiate, ricaricate’. Una simile retorica qui in Svizzera non esiste. Quando però si dice ad esempio che qualcuno è stato ‘politicamente fucilato’ non bisogna dimenticarsi che dietro a questa formulazione vi è anche un significato simbolico. In politica si devono utilizzare le parole con attenzione».

Secondo Uster, negli ultimi anni anche in Svizzera i toni del dibattito politico sono diventati più accesi. E nello stesso tempo circolano molte armi. «È necessario rendere più severa la legislazione sulle armi», sottolinea Uster, che il 13 febbraio prossimo non esiterà ad inserire un sì nell’urna per l’iniziativa intitolata «Per la protezione ella violenza perpetrata con le armi». 

Il Tea Party non è propriamente un partito, ma piuttosto un movimento politico di area repubblicana emerso negli Stati Uniti nel 2009.

I suoi membri sono dell’opinione che le tasse e le spese federali, in particolare quelle sociali e quelle legate ai piani di rilancio dell’economia, vadano drasticamente diminuite. In generale sono ostili al governo federale, hanno un discorso anti-élite e ritengono che il Partito repubblicano abbia lasciato per strada alcuni suoi valori chiave. In materia ambientale nutrono dubbi sulla veracità del riscaldamento climatico, mentre per quanto concerne le assicurazioni sociali sono tra i più ferventi nemici della riforma sanitaria voluta da Barack Obama. Inoltre militano per il diritto di possedere armi.

Nelle elezioni di metà mandato svoltesi lo scorso novembre, il Tea Party è riuscito ad imporre al Partito repubblicano diversi suoi candidati. Il movimento è però riuscito a mandare a Washington solo un paio di rappresentanti. I candidati del Tea Party hanno infatti in parte allontanato l’elettorato repubblicano tradizionale. Il Partito repubblicano è comunque uscito vincitore dalle elezioni.

Sarah Palin, candidata alla vicepresidenza con John McCain alle presidenziali del 2008 contro Barack Obama e Joe Biden, non è la leader del Tea Party, ma è molto vicina ed è sostenuta dal movimento.

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