Questa casa è autosufficiente per l’acqua e l’elettricità
Una ricercatrice svizzera sta sviluppando una casetta ecologica che funziona secondo il principio dell'economia circolare. Al momento, però, le normative in Svizzera continuano ad ostacolare le costruzioni e le abitazioni che consumano poche risorse.
Angela Birchler ci offre del caffè e del tè. L’acqua ribolle nel bollitore, come succede in ogni casa. Tuttavia, questa tazza di tè allo zenzero è particolare: è stata preparata con acqua piovana trattata e con l’elettricità prodotta da pannelli fotovoltaici.
Assieme alla compagna, Birchler sta sperimentando come si vive all’interno della “casa KREIS”, un’abitazione quasi autosufficiente per una o due persone. Le due donne contribuiscono così alla ricerca, poiché l’edificio è stato progettato come un laboratorio sperimentale per l’edilizia e l’abitare ecologico.
Birchler è una biologa delle costruzioni ed è quindi la persona ideale per il test. Non solo sta provando se sia possibile vivere comodamente nella casa KREIS, ma presta anche attenzione agli aspetti biologici dell’edilizia. Durante la nostra visita, misura più volte i campi elettrici e magnetici.
Cosa piace di più alle due inquiline? “Il clima interno è molto piacevole grazie ai materiali da costruzione naturali”, afferma Birchler. Quando siamo entrate in casa, siamo state accolte da un odore di legno. Le due donne ci raccontano di aver cucinato dei gamberi all’aglio la sera prima, cosa che non avremmo mai potuto immaginare. Eppure, la cucina è sprovvista di cappa aspirante. Significa che l’areazione attraverso il bagno funziona molto bene.
Le due donne sono anche molto soddisfatte dell’autarchia, ovvero del fatto che la casa è indipendente dal sistema fognario, che vengono riutilizzate le acque reflue domestiche e che l’elettricità è prodotta da un’installazione solare. “L’autarchia è tra le ragioni principali che ci hanno spinte visitare la casa KREIS, perché vogliamo costruire noi stesse una casa autosufficiente”, dice Birchler.
Dove vedono un potenziale di miglioramento? “A livello dell’elettrosmog delle apparecchiature!”, concordano le due donne. In effetti, in casa sono stati installati alcuni dispositivi tecnici particolari: la luce è controllata in modo centralizzato, le porte si chiudono automaticamente e l’acqua si spegne immediatamente quando si allontanano le mani dal lavandino. In questo modo si risparmiano elettricità e acqua e si mantiene il calore all’interno. Birchel e la compagna apprezzano queste particolarità, ma sarebbero felici di ulteriori ottimizzazioni a livello elettrobiologico.
Cosa può essere scalabile?
La casa KREIS-Haus è stata sviluppata dall’ingegnera ambientale Devi Bühler dell’Università di scienze applicate di Zurigo (ZHAW). Vuole esaminare se si possano creare dei sistemi circolari per i materiali, l’energia, l’acqua e i nutrienti negli edifici residenziali. Nella sua casa modello non ci sono rifiuti: tutto viene riutilizzato. I frammenti di vetro riciclato vengono usati per la pavimentazione, gli escrementi diventano dei fertilizzanti e l’acqua piovana è utilizzata per la doccia.
La costruzione e il funzionamento degli edifici generano il 40% delle emissioni globali di CO2. Bühler è convinta che si possa fare di meglio e ridurre l’impatto sul clima. La sua ricerca contempla anche un cambiamento sociale. Con la sua casa, vuole dimostrare che consumare poche risorse non significa necessariamente ridurre la propria qualità della vita. Bühler è in contatto con grandi società immobiliari che vogliono costruire in modo più ecologico e rispettoso del clima, e attendono con ansia i risultati della ricerca. “Si tratta di valutare la fattibilità tecnica, la sostenibilità finanziaria e l’accettazione della gente”, afferma Bühler.
>> Video di presentazione della casa KREIS (in tedesco):
Ma quali sono le tecnologie e le idee della casa a basso impatto climatico che potrebbero essere utilizzate nelle costruzioni esistenti o future? È ciò che abbiamo voluto scoprire insieme a Bühler, a un esperto dell’Amministrazione federale e alle due inquiline della casa KREIS.
Devi Bühler ha orientato la casa KREIS verso sud e l’ha dotata di ampie pareti vetrate. Questo consente di ridurre la necessità di riscaldare. La quantità di luce che passa attraverso le finestre, e quindi il calore che entra in casa, può essere regolata affinché sia maggiore in inverno e minore in estate. L’isolamento spesso riduce la perdita di calore.
Queste tecniche sono già state integrate nei marchi ecologici e nelle certificazioni internazionali e svizzere. Ma c’è un problema: più l’isolamento è spesso, meno spazio abitativo rimane.
La casa KREIS è costituita da un modulo abitativo isolato e da un involucro di vetro con celle solari integrate (vedi immagine). L’irraggiamento solare diretto sulle facciate in vetro provoca un effetto serra. La ventilazione trasporta il calore dell’aria riscaldata dal sole nello spazio abitativo e nella termopompa per l’acqua calda. Il giardino d’inverno nella mansarda contribuisce quindi al riscaldamento e alla produzione di acqua calda.
“In Svizzera, le leggi sull’edilizia sono regolamentate a livello cantonale. A seconda del Cantone e del regolamento edilizio, si può realizzare un giardino d’inverno, oppure no”, spiega Bühler. La sovrastruttura in vetro occupa uno spazio supplementare, ma non può essere utilizzata tutto l’anno. “Una delle partecipanti al test era inizialmente entusiasta e voleva costruire un giardino d’inverno come quello”, racconta Bühler. “Tuttavia, quando si è resa conto che questo avrebbe tolto spazio alla sua casa già piccola, ha dovuto abbandonare l’idea”. Bühler ritiene che sia necessaria una regolamentazione uniforme, che stabilisca che il giardino d’inverno non sia legalmente considerato come spazio abitativo, poiché costituisce una zona cuscinetto, si potrebbe quasi dire una piccola centrale elettrica, e permette di far funzionare l’edificio secondo un sistema circolare.
La nebbia dell’Altopiano svizzero rappresenta un’ulteriore sfida. “Se in inverno c’è nebbia alta per diverse settimane, dobbiamo ricorrere a un riscaldamento supplementare a infrarossi”, spiega Bühler. Esso è alimentato dall’elettricità solare proveniente dal tetto e dalle batterie. A volte l’elettricità non è sufficiente, soprattutto in gennaio e febbraio. “Dobbiamo quindi acquistare la corrente dalla rete. Ma ne immettiamo durante l’estate. Nel corso dell’anno, produciamo circa quattro volte più energia solare di quella necessaria alla casa”. Nella soleggiata regione alpina, invece, la casa KREIS non avrebbe bisogno di un allacciamento alla rete elettrica, secondo Bühler.
La casa KREIS non è allacciata a un impianto di depurazione. Non c’è lo sciacquone. Le feci e le urine vengono raccolte separatamente. La carta igienica e gli escrementi vengono trasformati in terriccio in una compostiera con lombrichi, mentre l’urina evapora.
Una cooperativa vicino a Ginevra ha predisposto dei servizi igienici a compostaggio in un condominio. “Ci vuole disciplina”, dice Bühler a proposito del modello che ha installato nella casa KREIS. La persona che si reca in bagno deve premere un pedale per allontanare le feci tramite un nastro trasportatore. Non c’è alcun problema, dicono le due inquiline. Bühler potrebbe immaginare di automatizzare il nastro trasportatore per renderlo ancora di più facile utilizzo. Ad esempio, aggiungendo un pulsante che aziona il sistema.
Tuttavia, è improbabile che i bagni a secco con separazione diventino la norma in Svizzera: per legge, ogni casa deve essere allacciata alle reti dell’acqua e delle acque reflue. Questa regola è stata introdotta per motivi igienici, al fine di prevenire la propagazione di malattie e limitare l’inquinamento ambientale. “La legislazione svizzera è in ritardo rispetto alla realtà”, afferma Bühler. Con i sistemi di riutilizzo interni, l’obbligo della fognatura è obsoleto.
Tuttavia, dietro le leggi esistenti ci sono interessi finanziari tangibili, come confermano all’unisono diversi esperti ed esperte, tra cui la ricercatrice Devi Bühler, Martin Vinzens dell’Ufficio federale dello sviluppo territoriale (ARE) e l’associazione “Kleinwohnformen”, che opera affinché carrozzoni, mini case, yurte e simili siano riconosciuti come forme di abitazione in Svizzera. I Comuni hanno investito un sacco di soldi per costruire reti fognarie, condutture dell’acqua e impianti di depurazione, che devono ammortizzare. “I Comuni hanno l’obbligo di posare le tubature fino a ogni terreno edificabile”, spiega Vinzens. Se alcune persone non dovessero utilizzare tale infrastruttura, i costi di base non verrebbero coperti.
Inoltre, secondo Bühler, c’è la questione del controllo: se ognuno gestisce il proprio piccolo impianto di trattamento delle acque reflue in casa, chi verifica il rispetto delle norme igieniche? Per le autorità comunali, si tratterebbe di un compito difficile e oneroso. Ma secondo Bühler, anche questo problema può essere risolto: “Ci potrebbero essere delle regolamentazioni che definiscono come i privati possono garantire la sicurezza del loro sistema e fornirne la prova. Non deve necessariamente essere il Comune ad occuparsene”.
Questa soluzione è particolarmente promettente nei Paesi in cui, a causa delle grandi distanze, non tutte le case sono collegate al sistema fognario, ad esempio in Australia o negli Stati Uniti. In queste zone, le compostiere con lombrichi potrebbero essere più interessanti delle cisterne o delle fosse settiche.
Nella casa KREIS, l’acqua piovana viene trattata e resa potabile. Anche le acque reflue di bagni e cucine (acque grigie) vengono trattate meccanicamente, biologicamente e con la luce UV, in modo da poter essere riciclate per innaffiare l’orto nella mansarda.
Secondo Bühler, questa tecnica è molto più interessante per i Paesi con problemi idrici che per la Svizzera, considerata il castello d’acqua d’Europa. Ma anche in Svizzera vale la pena riutilizzare le acque reflue per non perdere i nutrienti. “Se il ciclo non è chiuso, un giorno avremo una carenza di risorse”. Inoltre, a causa dei cambiamenti climatici, anche in Svizzera si verificheranno penurie di acqua regionali e temporanee. “Usare l’acqua potabile per gli scarichi dei bagni è uno spreco”, concordano Birchler e Bühler.
Anche Martin Vinzens dell’ARE saluta i benefici del ciclo dell’acqua. In alcuni edifici, già si utilizza l’acqua piovana per lo sciacquone. “In passato, questi sistemi non erano sempre ben visti: alcune persone ritenevano che l’acqua fosse sporca, soprattutto quando si formavano alghe o si colorava. Ma la situazione è già notevolmente migliorata”.
Ma per quanto riguarda gli impianti idrici autosufficienti, la Svizzera non è all’avanguardia, secondo Bühler. L’autosufficienza nell’approvvigionamento idrico e nel trattamento delle acque reflue non è ancora molto diffusa, conferma Vinzens. Se però sempre più persone volessero sistemi di questo tipo, e se interi quartieri e zone residenziali non avessero più bisogno di un allacciamento, allora questo potrebbe diventare interessante anche per i Comuni e portare a una revisione della legge.
Un’argomentazione che infastidisce Bühler: “Come può la gente fare qualcosa che non è permesso? Conosco innumerevoli esempi in cui quartieri e proprietari di case volevano realizzare il proprio sistema di approvvigionamento idrico, ma le autorità non lo hanno consentito”.
Il calcestruzzo è un vero e proprio nemico del clima perché durante la sua produzione genera grandi quantità di CO2. I materiali da costruzione naturali come legno, bambù, sughero, canapa o paglia, al contrario, sono in grado di assorbire il CO2. Per la costruzione della casa KREIS, Bühler ha utilizzato materiali da costruzione naturali e riciclati. Le finestre e le portefinestre a sud, ad esempio, sono di seconda mano.
Secondo Vinzens, l’uso di materiali riciclati non si presta per le strutture più grandi. “Se si sta pianificando un progetto immobiliare di grandi dimensioni, non si troveranno abbastanza materiali da costruzione di seconda mano adatti, a meno di un enorme sforzo logistico”, afferma. Inoltre, i materiali previsti devono essere specificati nella domanda di costruzione. Ma a quel momento è impossibile saperlo, tutto dipende da ciò che si trova alla borsa dei materiali da costruzione.
“È proprio per questo motivo che è necessario un adeguamento normativo per promuovere l’economia circolare. Le soluzioni sono già pronte, dobbiamo solo attuarle”, afferma Bühler.
Gli scavi e le fondazioni comportano molte emissioni di gas serra. È quindi ragionevole rinunciare a uno scantinato.
Bühler voleva ridurre al minimo l’impatto sul suolo. Ecco perché la casa KREIS poggia su fondazioni a vite prive di calcestruzzo, simile a una costruzione su palafitte. Il terreno non è impermeabilizzato e quindi la casa può teoreticamente essere rimossa e il terreno ripiantato.
Tuttavia, Vinzens non è molto convinto: “Un edificio di appartamenti a più piani è ideale in termini di densificazione edilizia, ma non è possibile realizzarne uno su palafitte”. Inoltre, a suo parere, bisognerebbe sfruttare lo spazio dello scantinato in quanto la perdita di volume è più pregiudizievole rispetto alla produzione di gas serra durante lo scavo e la costruzione del seminterrato. “Non è proprio vero che il terreno non è impermeabilizzato, perché la terra perde qualità se non riceve luce solare e pioggia”.
Bühler la vede in altro modo: “Fino a quattro piani, questa tecnica è possibile anche per gli edifici residenziali”, afferma. Oltre a ciò, l’apporto di aria sotto la casa favorisce la biodiversità: molti insetti e piccoli animali vi trovano un habitat. Nella costruzione di case convenzionali, il terreno scavato finisce spesso in discarica. “È una perdita di terreno prezioso”.
Il fatto che una Tiny House necessiti della stessa licenza edilizia di una casa convenzionale comporta sforzi e costi sproporzionati rispetto all’edificio in sé, secondo l’associazione “Kleinwohnformen”.
Non è però detto che sia possibile realizzarne una: “Una Tiny House al posto di una casa unifamiliare: nella maggior parte dei Comuni non è possibile ottenere una licenza edilizia”, dice Vinzens. Il terreno risulterebbe “sottoutilizzato”. Anche le banche difficilmente concedono delle ipoteche in quanto ritengono l’investimento troppo rischioso.
Bühler sostiene ciononostante che ci sono degli ambiti in cui sarebbe sensato ricorrere a una Tiny House: per utilizzi provvisori su aree industriali dismesse o per densificare la costruzione, ad esempio utilizzando i giardini delle case monofamiliari per creare degli spazi abitativi aggiuntivi.
Tuttavia, la questione non è forzatamente di sapere se la Tiny House sia adatta a un uso diffuso, bensì: “Abbiamo bisogno di così tanto spazio?” Un utilizzo multifunzionale consente di ridurre l’esigenza di avere più spazio, anche nelle case plurifamiliari.
La casa KREIS è quindi un laboratorio di prova per l'”abitare ridotto”. Bühler non ha voluto creare un’atmosfera da campeggio, è per questo che l’ha dotata di un vero piano cottura in vetroceramica e un piccolo forno. “Ho fatto installare arredi di alta qualità, ma di dimensione ridotta”, dice Bühler. Con l’aumento del numero di famiglie monoparentali, questo è sicuramente un concetto promettente.
Quindi, se tutto sembra così semplice, perché in Svizzera si fa così poco?
Lo status quo è troppo comodo, dice Bühler. I programmi di formazione sono obsoleti. “La maggior parte dei corsi di architettura si focalizza su come creare un edificio estetico. La sostenibilità ha un ruolo secondario”.
Secondo l’esperta, ci vorrebbero un cambiamento di mentalità e un incitamento a tutti i livelli. Ad esempio, attraverso sussidi per coprire i costi aggiuntivi delle conversioni e delle costruzioni di abitazioni rispettose dell’ambiente, procedure di pianificazione e costruzione più flessibili e misure per correggere i fallimenti del mercato.
Traduzione dal tedesco: Luigi Jorio
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