Si può essere insegnanti e drag queen?
Michel von Känel è insegnante e una volta al mese diventa una drag queen. Le critiche giungono da ogni parte, come ci racconta durante la nostra conversazione. Non si lascia però abbattere per questo.
SRF: Che cosa significa per lei drag queen?
Michel von Känel: La libertà di esibirmi come voglio. Essere libero e celebrare la femminilità. Perché nella nostra società la femminilità è ancora rappresentata come una debolezza, soprattutto tra gli uomini. Come drag, prendo la mia femminilità e ne faccio un punto di forza.
Ma essere drag significa anche prendere posizione nel dibattito politico?
Le drag queen sono sempre state protagoniste del movimento Pride. Nel dibattito attuale, veniamo strumentalizzate, proprio perché siamo così politiche. Le drag vengono demonizzate. Siamo dipinte come malvagie perché giochiamo con il genere. Questo ci rende esattamente ciò che molte persone di destra non vorrebbero vedere. Ecco perché voglio che sia chiaro: essere drag è una forma d’arte. Non siamo persone cattive, ma che amano la pace.
Lei è un insegnante e secondo il programma scolastico deve parlare anche dei ruoli di genere. Come lo fa?
È importante parlarne a scuola perché i giovani queer e trans devono affrontare molto più spesso il bullismo, e questo aumenta il tasso di suicidi. Per tenere sotto controllo il bullismo e portare obiettività alla discussione, è necessario educare. Ma la prima cosa di cui abbiamo bisogno sono i termini per poterne parlare.
Mi piacerebbe affrontare questi temi in modo approfondito, ma come insegnante queer mi trovo al centro delle critiche e reputo difficile trattare tali argomenti nel modo in cui vorrei, anche per proteggermi. La competenza di poter discutere di genere in modo rispettoso con altri e altre fa comunque parte del programma.
È già stato contattato da qualche genitore?
Mai per il mio insegnamento, ma per la mia attività come drag queen. Non sono un insegnante che vuole influenzare politicamente gli allievi e le allieve. Molti temono che, se c’è un’insegnante come me, i bambini diventino tutti gay o le bambine lesbiche. Posso rassicurarli: non chiedo nemmeno di fare i compiti.
La direzione della scuola la sostiene?
Sì, e anche questo era molto importante per me quando ho scelto la scuola. Per questo motivo, nella mia candidatura ho indicato chiaramente di essere una drag queen.
Ha già subito attacchi o discriminazioni?
Fortunatamente non ho mai subito attacchi fisici, ma ho sentito molte parole offensive, sui social media e per strada. Dico sempre: “Mi rimbalzano addosso e sono al di sopra di tutto”. Ma a volte, quando sono a casa, penso: “È incredibile che non posso camminare per strada come tutti gli altri”.
Se deve fare i conti con forti reazioni, perché si è presentato al Club di SRF [talk show della televisione svizzera di lingua tedesca, ndt]?
Ho fatto fatica a partecipare alla trasmissione. Ho saputo delle minacce di morte alla scuola secondaria di Stäfa nell’ambito della “Giornata gender”. E poiché sono doppiamente coinvolto nella questione, come insegnante e come drag queen, temevo per la mia sicurezza.
Ma poi ho pensato: “No, non lascerò che queste voci mi mettano a tacere”. Ho fatto coming out a 21 anni, sono qui ed è importante che io possa prendere posizione. Nessuno può portarmi via questa cosa. La paura non mi porta da nessuna parte. Questo è il mio obiettivo come drag queen, ma anche come insegnante.
Traduzione di Luigi Jorio
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