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Troppo vecchio, troppo stanco o malato per vivere

Un crescente numero di persone desiderano porre fine ai loro giorni con l’aiuto di un’organizzazione di assistenza al suicidio. A volte anche quando non soffrono di una malattia incurabile. 

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È giusto considerare che il diritto di determinare quando morire faccia parte della vita? Oppure ciò potrebbe spingere delle persone anziane a porre fine prematuramente ai propri giorni? Domande delicate che figurano al centro dei dibattiti in corso in Svizzera in relazione all’eutanasia. Un dibattito ormai ricorrente, anche perché la questione del suicidio assistito non è stata finora regolata con una legge. Ancora oggi non esiste quindi una pratica unitaria per quanto riguarda l’eutanasia negli istituti che si occupano delle persone anziane.

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Dibattito sulla morte: Svizzera, un ideale per il suicidio assistito

Questo contenuto è stato pubblicato al Che si tratti di malati terminali o di persone stanche della vita, l’autodeterminazione rappresenta la cosa più importante e spesso l’ultimo argomento nel dibattito sulla morte. Molte persone vogliono decidere in modo autonomo quando mettere fine alla loro esistenza. Per quanto riguarda il suicidio assistito, una pratica ampiamente accettata in Svizzera, l’ultima azione – ossia…

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Il fenomeno del suicidio assistito è però aumentato notevolmente negli ultimi anni. Oltre 1200 persone vi hanno fatto ricorso nel 2015 in Svizzera. Un terzo in più rispetto all’anno precedente: secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica, 742 persone (320 uomini e 422 donne) avevano posto fine alla propria vita nel 2014 tramite il suicidio assistito. A titolo di paragone, nel 2003 erano state appena 187. 

Cure palliative quale alternativa

Anche le cure palliative si occupano della qualità della vita nell’ultimo stadio. “Molti familiari di una persona sofferente hanno inizialmente paura. La possibilità di compiere assieme l’ultimo cammino permette però di avvicinare le persone. Si è costretti a confrontarsi con la morte, raccogliendo esperienze importanti anche per la propria vita. Chi ha vissuto questi momenti, ha meno paura della propria morte”, ha spiegato Steffen Eychmüller, specialista di cure palliative, in un’intervista pubblicata due anni fa dal quotidiano “Blick”. Il medico vuole mostrare che le cure palliative rappresentano un’alternativa al suicidio assistito. L’Università di Berna lo ha nominato professore per le cure palliative – finora vi sono solo due cattedre consacrate a queste cure in Svizzera. 

Il diritto di determinare quando porre fine ai propri giorni viene sempre più riconosciuto in Svizzera. Molte persone hanno sempre più l’impressione che si tratti di un modo moderno di morire. Secondo coloro che criticano le organizzazioni di assistenza al suicidio, quali Exit o Dignitas, spesso si sottovaluta il peso di questa scelta per i familiari. Molti soffrono dei traumi legati al suicidio assistito di un loro caro, ha evidenziato uno studio condotto in Svizzera nel 2012. Anche la morte “naturale” di una persona amata può provocare delle crisi presso i familiari, rileva lo studio, ma meno spesso rispetto al suicidio assistito.   

Assistenza al suicidio 

La Svizzera è pioniere nell’assistenza al suicidio. Questa pratica è già autorizzata dal 1942. Una regolamentazione analoga è stata adottata negli USA da cinque Stati. L’Oregon l’ha introdotta nel 1997, hanno fatto seguito Washington, Montana, Vermont e nel 2015 anche la California. Il suicidio assistito e l’eutanasia sono autorizzati in Olanda, Belgio, Lussemburgo, Canada e Colombia. 

Morire in un sonno artificiale 

Uno studio dell’Università di Zurigo mostra che negli ospedali svizzeri vengono somministrati sempre più sonniferi ai malati in stadio terminale, che non possono più essere curati, che hanno grandi sofferenze e che desiderano morire. Secondo lo studio, pubblicato recentemente dalla NZZ am Sonntag, l’impiego di sonniferi in fase terminale è fortemente aumentato in poco tempo nella Svizzera tedesca. Nel 2001 il 4,7% dei decessi è avvenuto durante il sonno artificiale, mentre nel 2013 questa quota aveva raggiunto il 17,5%. Il foglio domenicale rileva che questa percentuale è molto alta a livello internazionale. 

Alcuni specialisti si dicono preoccupati per questa tendenza. “È inquietante. Occorre un dibattito pubblico per definire in base a quali condizioni questa forma di trattamento possa essere praticata, ha dichiarato Markus Zimmermann, etico e teologo, alla NZZ am Sonntag. Dal profilo etico è ammissibile che dei malati incurabili vengano posti in uno stato di sonno artificiale fino alla loro morte. Se non vi sono più altre possibilità di aiutarli. “Le condizioni da rispettare sono grandi sofferenze, una chiara volontà del paziente e la prossimità della morte”, rileva Zimmermann. 

Il diritto di determinare quando morire fa parte della vita? Oppure ciò potrebbe spingere delle persone anziane a porre fine prematuramente ai propri giorni?

Partecipate al dibatttito con un vostro commento.

Traduzione di Armando Mombelli

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