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Un’educazione precoce per lottare contro la povertà

Un gruppo di ragazzi rientra a casa dopo aver partecipato a una delle attività proposte a San Gallo swissinfo.ch

Dopo una giornata sui banchi, molti bambini fanno sport, lezioni di musica o altre attività extrascolastiche. Chi proviene da una famiglia meno favorita è però spesso lasciato a se stesso. Reportage a San Gallo, dove un programma cerca di colmare il fossato che separa ricchi e poveri.

A San Gallo, città di 70’000 abitanti, gli abitanti più ricchi vivono sulle colline che dominano il capoluogo, mentre le classi popolari tendono a concentrarsi sul fondovalle, nei pressi del centro. Questa stratificazione geografica ha ripercussioni sulla vita quotidiana, specialmente per i bambini.

«Sono cresciuta in un quartiere dove eravamo i più poveri, facevamo parte della classe operaia, eravamo il gradino più basso nella scala sociale», sottolinea Nicole Schönthal. Questa madre di cinque bambini è cresciuta nel quartiere di St. Georgen, ma oggi vive in quello di Tschudiwies, a pochi passi dal centro città.

«Qui si vede un altro volto della povertà», spiega. «Per me è difficile, poiché vedo dei giovani e dei bambini che non sanno cosa fare di se stessi».

Per Nicole Schönthal e suo marito, che lavorano come custodi nella scuola del quartiere, iscrivere i figli ad attività extrascolastiche è «semplicemente impossibile» e le altre famiglie a basso reddito della zona si trovano nella stessa situazione.

Il primo programma finanziato dalla Confederazione per lottare contro la povertà in Svizzera, approvato nel maggio 2013, dispone di un budget di nove milioni di franchi ripartiti su cinque anni.

I suoi principali obiettivi sono:

accrescere le opportunità di formazione

  • elaborare delle misure d’accompagnamento per l’integrazione sociale e professionale
  • predisporre una banca dati sui diversi programmi esistenti
  • identificare le buone pratiche e valutare i progetti
  • coordinare le attività esistenti

Tetto e cibo non bastano

La rete di sicurezza sociale svizzera permette in generale a tutti di avere un tetto e cibo a sufficienza. Tuttavia uscire dal ciclo della povertà è difficile e lo si può constatare sin dalla tenera età, afferma Bettina Fredrich, responsabile del settore politica sociale alla Caritas.

«I bambini delle famiglie più povere non hanno le stesse possibilità dei loro coetanei, sottolinea. Spesso le attività per i ragazzi sono a pagamento e le famiglie più indigenti non possono permettersele».

Ciò ha come conseguenza che i bambini poveri non hanno la possibilità di sviluppare le competenze acquisite a scuola e di costruirsi una rete di sostegno personale al di fuori della loro classe, osserva la responsabile della Caritas. Sono quindi più esposti al rischio di essere in ritardo scolastico e di ritrovarsi nella stessa situazione dei loro genitori: vivacchiare isolati dal resto della società.

A sostegno della sua analisi, Bettina Fredrich menziona un recente studio dell’UNICEF sul benessere dei bambini nei paesi ricchi, che situa la Svizzera al 16esimo rango dei 29 Stati presi in considerazione. Una situazione – afferma – che si spiega soprattutto col fatto che non tutti i ragazzi hanno le stesse possibilità.

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Primo timido passo a livello nazionale

In Svizzera, la lotta alla povertà e alle disuguaglianze sociali è di competenza soprattutto cantonale e comunale. Per la prima volta, però, il governo federale ha deciso di lanciare un programma di lotta contro la povertà e di stilare una sorta d’inventario nazionale dei progetti esistenti. Per questa iniziativa è stato varato un credito di nove milioni di franchi su cinque anni. Una somma che potrebbe sembrare modesta, ma che secondo Ludwig Gärtner, dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali, è sufficiente per effettuare questa analisi.

«In questo ambito, in particolare per quanto concerne l’educazione dei giovani, è già stato fatto tanto, osserva Gärtner. Tuttavia non abbiamo una veduta d’insieme sistematica e spesso non vi è nessuna valutazione dei programmi. Una parte dei fondi federali potrebbe servire anche per sostenere le iniziative più innovative».

Per Bettina Fredrich il programma federale contiene per ora «solo pochi obiettivi e misure concrete». Spera però che le organizzazioni che si occupano di lotta alla povertà possano trarre profitto dalla dinamica creata da questa iniziativa nazionale. «Questo programma rappresenta una tappa importante, afferma. È la prima volta che il governo federale riconosce che la povertà è un problema da affrontare a livello nazionale».

Attività per tutti i bambini

Una delle iniziative innovative potrebbe essere quella portata avanti a San Gallo, denominata «Attività aperte a tutti i bambini».

In un quartiere ad ovest della città, il luogo dove si ritrovano i bambini brulica d’attività. In uno spazio aperto, una piccola biondina si dà da fare per costruire una casetta per la sua bambola. Gli animatori del programma ci dicono che la bimba è sempre presente quando la struttura è aperta. In un altro angolo, delle sculture d’argilla seccano al sole. Un gruppo di bambini si ingegna per costruire armi di cartone. «Stabiliamo delle regole di gioco chiare. Ad esempio non possono far finta di sparare contro altri bambini», spiega uno degli animatori.

L’idea del programma è di lasciare decidere ai bambini ciò che vogliono fare e di permettere loro di andare e venire a loro piacimento. La maggior parte rimane però fino alla chiusura, poiché non ha un altro posto dove andare.

Grande affluenza

Quando la città ha lanciato questo progetto pilota alcuni anni fa, nessuno sapeva se sarebbe funzionato. Sin dal primo giorno, però, lo spazio è stato preso d’assalto dai bambini della città bassa, racconta Nicole Bruderer, incaricata del programma in seno al segretariato alla gioventù del comune.

«I bambini dei quartieri benestanti hanno a disposizione un ampio programma di attività extrascolastiche, spiega. Potrebbero parteciparvi anche i bambini della città bassa, ma non lo fanno perché la cultura è diversa. Queste attività sono care e si svolgono lontano dai quartieri in cui vivono. Questi diversi gruppi di bambini non si mischiano».

Nel suo quartiere Nicole Schönthal ha potuto osservare molti bambini errare senza meta dopo la scuola e entrare in contatto con personaggi poco raccomandabili, come drogati o alcolizzati. La recente inaugurazione di un’attività aperta a tutti i bambini nel suo quartiere non può che farle piacere.

Secondo Nicole Schönthal, questo gruppo ha già prodotto i suoi primi effetti. Il fatto di andare a riprendere i bambini permette ai genitori di uscire un po’ dall’ombra e di incontrare altre famiglie. Inoltre gli animatori del programma servono da cassa di risonanza ai bambini quando a scuola o a casa le cose non vanno per il meglio.

La povertà in Svizzera tocca 580’000 persone, pari al 7,6% della popolazione residente, stando alle cifre relative al 2011 rese note martedì dall’Ufficio federale di statistica (UST). Le persone con un’attività lavorativa ma con un reddito insufficiente sono 130’000.

Rispetto al 2007, il tasso di povertà è sceso di quasi il 2%, rileva ancora l’UST.

La soglia media di povertà in Svizzera è fissata a 2’200 franchi al mese per una persona sola e a 4’050 franchi per due adulti con figli.

Come negli anni precedenti, i gruppi a rischio sono composti soprattutto dai genitori con figli a carico (21,9%), dagli adulti che vivono soli (16,9%), dalle persone senza formazione post-obbligatoria (13,7%) e dalle persone di economie domestiche i cui membri non esercitano un’attività professionale (20,4%).

(traduzione e adattamento dall’inglese di Daniele Mariani)

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