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Un posto al riparo dalla violenza e dai pregiudizi

Già non facile per le donne, il riconoscimento sociale della violenza domestica è spesso ancora più difficile per gli uomini. AFP

Quando il primo rifugio per uomini maltrattati era stato aperto 5 anni fa in Svizzera, molti avevano messo in dubbio la necessità di una tale struttura. Da allora le richieste di accoglienza sono rimaste alte e la questione non appare più come un tabù. 

Pochi mesi fa, dopo una grande lite con la sua compagna, con la quale aveva una relazione da oltre cinque anni, Lucas* ha trascorso la prima notte nella sua auto. Senza fratelli, il giovane ventisettenne non ha mai conosciuto il padre e la madre è deceduta alcuni anni fa. Così, il giorno in cui la sua partner “ha perso il controllo”, come dice lui, ha sentito il bisogno di abbandonare il domicilio comune, in cui vive anche il loro figlio di due anni di età. 

“Non volevo che mio figlio vedesse questi problemi. Non volevo farlo crescere in una famiglia del genere”, racconta Lucas, seduto sul divano del primo rifugio maschile aperto in Svizzera, situato nei pressi di Aarau, capoluogo del canton Argovia. Questo edificio, dall’aspetto normale, può ospitare fino a cinque uomini e cinque bambini. 

“ZwüscheHalt”

Il rifugio “ZwüscheHalt” nei pressi di Aarau è stato aperto nel 2009. Gli ospiti dispongono di una chiave e sono liberi di andare e venire.

Questa struttura di accoglienza è destinata ad offrire un tetto agli uomini, in modo che possano continuare ad esercitare la loro attività lavorativa, in attesa di trovare un’altra sistemazione o di far ritorno a casa loro.

I responsabili del rifugio forniscono anche consulenza su questioni pratiche, legate ad esempio alla separazione o alla ricerca di un appartamento. Offrono inoltre consigli e prestano ascolto a coloro che hanno bisogno di raccontare la loro esperienza. 

“Ho sempre voluto una famiglia. Pensavo che anche la mia amica fosse interessata al matrimonio”, prosegue Lucas. “Per me la fiducia e la fedeltà sono cose molto importanti, ma a un certo momento ho dovuto rendermi conto che non eravamo d’accordo su questo punto. E ne ho veramente sofferto”. 

Tempo fa si è anche ritrovato in gravi difficoltà finanziarie. “L’amavo veramente, ho cercato di sostenerla, le ho dato tutto quello che avevo. Ma alla fine si perde la visione di ciò che è realistico”. 

“Vi è stata violenza… Non da parte mia, ma da parte della mia ex compagna. Si è spinta troppo lontano”.

Lucas ha trascorso un paio di notti presso un amico. Ma “non voleva essere di peso” e in meno di una settimana ha trovato la sua strada verso il rifugio di Aarau, chiamato in svizzero-tedesco “ZwüscheHalt” (luogo di sosta). 

Cambiamento di atteggiamento 

La struttura sociale è destinata a uomini “che soffrono di violenza domestica in qualsiasi forma e che sentono di dover lasciare la loro casa, con o senza i loro figli”, indica Oliver Hunziker, fondatore del rifugio. 

A suo avviso, “la semplice esistenza di questo progetto” ha permesso alla società svizzera di cominciare a riconoscere il problema della violenza domestica contro gli uomini. “La consapevolezza del pubblico è aumentata molto. Quando abbiamo iniziato cinque anni fa, l’intera questione era generalmente ignorata o derisa”, aggiunge Hunziker. 

Quando si parla di vittime di sesso maschile di violenza domestica, ancora oggi si sentono spesso le stesse domande, rileva Hans Bänziger, che gestisce il rifugio. “Ne abbiamo davvero bisogno? Esiste davvero? Sono reazioni tuttora abituali, ma vi è tuttavia un cambiamento significativo, dal momento che la gente può ora rendersi conto dell’utilità di questo rifugio”. 

Tra il 2009 e il 2013, il 76% delle vittime di violenze domestiche erano donne, contro un 24% di uomini. Mentre le donne cercano spesso rifugio in seguito a casi di stupro o tentativo di stupro, gli uomini sono principalmente vittime di calunnie, diffamazioni o tentativi di omicidio. 

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Attualmente sono in funzione due rifugi riservati solo agli uomini in Svizzera. In Gran Bretagna, dove nel 2013 si sono registrati 84’799 casi di violenza domestica contro gli uomini e 304’522 contro le donne, ve ne sono una ventina. In Germania mancano dei dati a livello nazionale, ma dalle statistiche relative alla città di Berlino emerge che il 23,8% delle vittime di violenza domestica sono uomini. 

Sostegni finanziari 

Da studio pubblicato in marzo da Anne Kersten, sociologa presso l’Università di Friburgo, risulta che un quarto di tutte le domande rivolte agli uffici pubblici di aiuto alle vittime di attacchi di natura fisica, psichica o sessuale è stato presentato da uomini. E questo benché gli uomini, secondo le statistiche criminali, siano altrettanto spesso delle donne vittime di questi reati. Questo contrasto lascia trasparire il fatto che gli uomini sono generalmente meno propensi a cercare aiuto. 

Secondo Oliver Hunziker, la difficoltà di ottenere un riconoscimento per gli uomini che sono colpiti da violenza domestica è tuttora un problema importante, che complica anche il lavoro nel rifugio di Aarau. Per i casi riconosciuti dagli uffici di aiuto alle vittime di violenza, un pernottamento presso il rifugio viene conteggiato in base ad una tariffa di 160 franchi. Se il caso non viene accettato, la tariffa viene ridotta e calcolata in base al reddito dell’uomo. 

“Già per le donne non è stato facile ottenere un riconoscimento di vittime di violenze domestiche. Per gli uomini è ancora più difficile”, rileva Hunziker. “Generalmente è indispensabile un rapporto di polizia. La violenza fisica è visibile, può essere documentata da foto o certificata da un medico. Ma la violenza psicologica è invisibile”.

Il rifugio è in gran parte sostenuto finanziariamente da fondazioni, donazioni e sovvenzioni. Il budget è di circa 130’000 franchi all’anno, compresi i costi di gestione della casa e del personale.

Aiuto e consulenza

Nel 2014 una ventina di uomini sono stati accolti dal rifugio di Aarau. Secondo Hunziker, strutture come questa dovrebbero essere disponibili in diverse parti del paese. “Ci troviamo al centro della Svizzera. Per un nostro ospite non è facile lavorare, ad esempio, a San Gallo e vivere qui”. 

I responsabili del rifugio ricevono ogni mese da 60 a 70 domande. “La maggior parte vogliono sapere quanto costa, come funziona. Alcuni vogliono solo parlare della loro situazione o cercano di capire se potrebbe essere un luogo adatto per loro, nel caso in cui dovessero averne bisogno.

* Nome cambiato per proteggere l’idendità della persona

Traduzione di Armando Mombelli

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