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Un rifugio per ragazze in cerca d’aiuto

Mädchenhaus, un rifugio contro la violenza fisica o psicologica sulle donne. Mädchenhaus Zürich

Il Mädchenhaus a Zurigo, l’unico centro di accoglienza in Svizzera per giovani donne che hanno subito una violenza, è sempre al completo. Per aprire un'altra struttura analoga, mancano i soldi.

Il Mädchenhaus è stato realizzato nel 1994 in una zona residenziale di Zurigo. Il centro ha dato rifugio nel 2009 a 54 giovani donne, ma le richieste di aiuto hanno superato ampiamente la sua capacità di accoglienza. La struttura ha infatti una capacità di soli sette letti.

Nello stesso anno, 292 ragazze si sono rivolte telefonicamente all’ufficio di consulenza psicologica del centro. Sono state il 10% in più rispetto al 2008. Due su tre di queste giovani erano figlie di migranti.

L’aumento delle richieste è da ricondurre all’accresciuta consapevolezza delle autorità sul problema della violenza sulle giovani donne. Inoltre, secondo la condirettrice del Mädchenhaus, Karin Aeberhard, è aumentato anche il numero delle ragazze che cercano aiuto.

Violenza e mancanza di libertà

Molte hanno alle spalle esperienze di violenza fisica e psicologica. Spesso non godono di nessuna libertà: devono rientrare subito a casa dopo la scuola e sbrigare le faccende domestiche.

«Le ragazze soffrono per questa situazione specialmente quando raggiungono l’età della pubertà. In questo periodo iniziano ad avere delle relazioni sentimentali con dei ragazzi che i genitori non approvano», spiega Aeberhard.

«Figlie di migranti, ma nate e cresciute in Svizzera, ci hanno raccontato che i genitori le hanno minacciate di mandarle nel loro paese di origine o di darle in sposa a uno sconosciuto», aggiunge Aeberhard.

È di solito il padre ad infliggere le punizioni, contro le quali la madre per paura non si oppone. A volte sono invece i fratelli maggiori a picchiare la sorella.

«Se la vittima non riesce più a sopportare il peso della sua condizione, inizia a confidarsi con amici, insegnanti o con l’assistente sociale della scuola. Ed è grazie alla segnalazione di quest’ultimo che la ragazza giunge fino al Mädchenhaus», spiega Aeberhard.

Paura di vivere

Il Mädchenhaus offre un rifugio sicuro per tre mesi. Si tratta spesso di un periodo movimentato dal punto di vista emotivo, a cui una ragazza ha dato voce con una poesia.

«Ho paura di andare a dormire e di non svegliarmi più per vedere il giorno.
Ho paura di arrivare a un bivio e di prendere la strada sbagliata.
Ho paura di prendere una decisione di cui mi potrei pentire.
Ho paura di mostrare debolezza, amore, comprensione e rimorso».

Durante i tre mesi di permanenza, il Mädchenhaus contatta le autorità locali per stabilire se la ragazza può tornare a casa e se il suo rientro in famiglia viene seguito da qualcuno. In caso contrario, il centro di accoglienza la aiuta a trovare un appartamento in cui vivere.

Circa la metà delle giovani donne che hanno cercato rifugio presso la struttura a Zurigo nel 2009, alla fine ha potuto tornare a casa.

L’aiuto delle autorità

Sul territorio elvetico, si notano grandi differenze nella qualità e nella gestione del servizio di assistenza alle ragazze che hanno subito delle violenze. In alcune città, i servizi sociali sanno rispondere in maniera adeguata alle richieste, nei piccoli villaggi invece – a causa della poca esperienza in queste situazioni – la consulenza «lascia un po’ a desiderare», sostiene Aeberhard.

Questa situazione è causata dall’assenza di un’organizzazione nazionale. Questo servizio viene gestito infatti dai singoli cantoni o dalle autorità locali. Secondo Aeberhard, è quindi fondamentale svolgere un’attività di sensibilizzazione affinché l’opinione pubblica e le autorità sappiano come aiutare.

Anche nelle scuole la prevenzione e l’informazione assumono un ruolo chiave nella lotta alla violenza. Le ragazze vengono così a conoscenza dei loro diritti e delle strutture a cui si possono rivolgere in caso di difficoltà.

Ma come sempre, sono i soldi a definire le condizioni quadro. «Al momento, il denaro a disposizione non è sufficiente e così capita che le giovani donne vengano riportate a casa anche se la situazione non è realmente cambiata. Succede anche che alle ragazze venga offerta la sistemazione più a buon mercato, ma non la migliore. È un grosso problema con cui dovremo fare i conti anche nei prossimi anni», conclude Aeberhard.

Isobel Leybold-Johnson in Zurich, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento dall‘inglese, Luca Beti)

Il centro di accoglienza si rivolge alle ragazze di età compresa tra i 14 e i 20 anni e ha una capacità di accoglienza di soli sette posti.

La struttura è organizzata come un appartamento in comune. Le ragazze o le giovani donne dormono in camere singole o doppie e si dividono cucina, bagno, salotto e la camera dei giochi.

La cena viene preparata assieme. Anche le faccende domestiche vengono suddivise fra le occupanti del centro.

Quando è possibile, le ragazze e le giovani donne frequentano la scuola o continuano l’apprendistato anche durante la permanenza presso il Mädchenhaus. Se ciò non fosse possibile, la struttura offre alle giovani un programma individuale (compiti scolastici, candidature, uscite, bricolage…).

Ogni settimana vengono organizzati degli incontri durante i quali vengono affrontati vari temi: dalla violenza domestica alla vita in comune.

Ogni ragazza è seguita da una persona di riferimento che l’aiuta a elaborare la sua tragica esperienza e a programmare il futuro. Il soggiorno può durare al massimo tre mesi.

Dall’apertura nel 1994, 3700 ragazze e giovani donne hanno chiesto aiuto al Mädchenhaus.

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