Una tragedia che lascia senza parole
Perché? È la domanda senza risposta che si pongono i giornali svizzeri dopo l’incidente di Sierre nel quale hanno perso la vita 22 bambini e sei adulti. Terminata l'identificazione dei feriti, venerdì si inizierà a rimpatriare in Belgio le prime salme.
Le cause del tragico incidente rimangono ignote. Al momento, le ipotesi al vaglio degli inquirenti sono tre: un problema tecnico, un malore del conducente o un errore umano da parte dello stesso.
L’unica certezza è che l’urto frontale è stato di una violenza «estrema», ha rilevato la polizia vallesana. Stando ai primi accertamenti, «il veicolo circolava a una velocità adeguata e i passeggeri avevano allacciato la cintura di sicurezza», ha spiegato mercoledì il comandante della polizia cantonale Christian Varone.
L’autobus si è schiantato contro la parete della piazzola di soccorso della galleria autostradale di Sierre. A bordo viaggiavano due scolaresche belghe di ritorno da una vacanza nella Val d’Anniviers, in Vallese. Dei 52 passeggeri, 22 bambini (per la maggior parte sui dodici anni), i quattro accompagnatori e i due autisti hanno perso la vita.
La vita dei 20 bambini ricoverati negli ospedali del cantone non è in pericolo, ha detto Florence Renggli, responsabile della comunicazione dell’Ospedale del Vallese. Alcuni potranno rientrare a casa già oggi. Notizie confortanti giungono anche dall’ospedale universitario di Berna, nel quale è stato trasportato un bambino. Rimane al contrario critico lo stato di salute dei tre pazienti ricoverati al CHUV di Losanna.
Per il rimpatrio delle prime salme, previsto per venerdì, è stato messo a disposizione un aereo dell’esercito belga.
Il momento è difficile non soltanto per le famiglie delle vittime, ma pure per le persone che hanno prestato i primi soccorsi. Per una decina di soccorritori è stato necessario far intervenire uno psicologo direttamente sul luogo dell’incidente, ha indicato all’Agenzia Telegrafica Svizzera Alain Rittiner, responsabile dei soccorsi per il cantone. Il dramma vissuto martedì, ha detto Rittiner, «è il peggiore in assoluto e lascerà delle tracce».
Piazzole mal concepite
Il 13 marzo 2012, scrive il Blick, «è un giorno nero per la storia del nostro paese». Una tragedia per la quale «non ci sono parole», sottolinea il giornale svizzero tedesco analogamente agli altri quotidiani svizzeri.
Oltre a riportare le testimonianze dei sopravvissuti, dei famigliari e dei soccorritori, la stampa elvetica s’interroga sulla sicurezza del tunnel vallesano. Una galleria inaugurata nel 1999 e giudicata «sicura» dall’Ufficio federale delle strade.
«Bisognerebbe forse ridurre il limite di velocità [da 100 a 80 km/h] per i veicoli pesanti?», si domanda il romando Le Temps. «Oppure – aggiunge – si dovrebbe modificare la concezione delle piazzole di soccorso?».
Anche il zurighese Tages Anzeiger s’interroga sulla progettazione di queste aree di emergenza realizzate nella parete del tunnel. I loro angoli a 90 gradi, rileva, rappresentano un pericolo mortale in caso di collisione.
Ed è proprio a causa di questo muro ad angolo retto, e largo circa tre metri, che si è verificato uno scontro frontale, prosegue il Tages Anzeiger, rammentando che questo tipo di costruzione è molto diffuso nei tunnel svizzeri.
Secondo Daniel Menna dell’Ufficio prevenzione infortuni, si tratta di una concezione per nulla ottimale. «Una piazzola dalle pareti inclinate non avrebbe evitato l’incidente, ma avrebbe probabilmente attenuato l’urto», rileva sulla Aargauer Zeitung.
Autisti sotto pressione
Sembrano invece esserci pochi dubbi sullo stato di servizio del veicolo, di proprietà di una società di trasporti belga che gode di ottima reputazione.
«Questi torpedoni di ultima generazione sono macchine performanti, tecnologicamente avanzate e anch’esse sottoposte ogni anno al collaudo, in Europa come in Svizzera», spiega sulla Regione Ticino Marcello Tuena , presidente in Ticino di CarTourisme Suisse, sezione dell’Associazione svizzera dei trasportatori stradali.
«In termini di sicurezza però la differenza la fa ancora l’uomo, cioè chi le guida», aggiunge Tuena, secondo cui la tesi più plausibile è un malore improvviso dell’autista del pullman.
Oggigiorno, fa notare il navigato autista di autobus Andy Sottas, i conducenti sono sottoposti a forti pressioni. «Anche le società più serie pretendono dai loro autisti che soddisfino completamente la clientela (…) Un pullman è oggi anche una specie di salotto, spesso provvisto di un bar, di una macchina del caffè e di un bagno», spiega su Der Bund e Tages Anzeiger.
Quando qualcosa non funziona alla perfezione, prosegue, il cliente si rivolge all’autista. «Per l’autista non è tuttavia sempre facile rispondere che non può occuparsi del problema, ma deve concentrarsi sulla strada».
«Stato di choc», titola Le Soir, riassumendo il sentimento generale che prevale nel paese, che per una volta mette da parte i conflitti tra Vallonia e Fiandre e si unisce nel lutto.
Ricordando le frasi spensierate lasciate dagli allievi sul blog delle loro vacanze in Vallese, l’editorialista del quotidiano di Bruxelles sottolinea che «questi messaggi li abbiamo tutti attesi con ansia un giorno o l’altro, dopo aver visto i nostri bambini salire su un autobus o un treno per il loro bel viaggio».
«Il Belgio piange i suoi bambini», constata la Dernière Heure. Il quotidiano dedica 15 pagine al dramma, dando la parola ai testimoni e ai parenti delle vittime.
«Lutto nazionale», titola dal canto suo la Libre Belgique, mentre i quotidiani del gruppo Sud Presse scrivono: «21h15: la felicità frantumata».
Tra i giornali delle Fiandre, De Morgen apre con una pagina bianca e constata che «non esiste nessun risposta soddisfacente a questa domanda: perché proprio mio figlio?».
Het Nieuwsblad pubblica da parte sua in prima pagina le fotografie dei 28 morti e 24 feriti, titolando: «Una tristezza incommensurabile».
Per il quotidiano De Standaard si tratta del «peggior incubo» possibile, poiché siamo «toccati laddove siamo più vulnerabili: i nostri bambini».
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