“Una vita di lotte contro la radioattività”
Si può ancora vivere qui? Si possono mangiare queste verdure? Il mio bambino crescerà sano? swissinfo.ch ha raccolto delle testimonianze di abitanti della prefettura di Fukushima, due anni dopo il disastro nucleare dell'11 marzo 2011.
I commenti ricevuti, spesso molto lunghi, esprimono le paure e il dolore provati dalla popolazione. Pubblichiamo una selezione di questi messaggi, in forma sintetica.
Una donna che abita nella città di Fukushima (a 60 km dalla centrale nucleare)
Per i miei figli, controllo sempre la provenienza dei prodotti agricoli che compro. Nei giorni di forte vento, li obbligo a mettere una maschera e in quelli di terremoto, verifico subito su Internet la situazione della centrale di Fukushima: questa è la mia vita quotidiana. In breve, è una vita di lotta contro la radioattività.
Questi commenti non possono essere considerati rappresentativi di tutta la popolazione di Fukushima: L’invito a fornirci delle testimonianze di esperienze personali è stato lanciato su Facebook, in giapponese. Alcuni lettori non hanno voluto fornire dettagli personali (sesso, età, luogo di residenza precisa). I messaggi selezionati sono stati tradotti e poi accorciati per motivi di comprensione. Ringraziamo tutti coloro che ci hanno scritto.
Un’altra abitante della città di Fukushima
Si può ancora vivere qui? E se restando qui succedesse qualcosa ai miei figli, cosa faremmo? Possiamo mangiare queste verdure? Posso attraversare questa via con i miei figli? Mi sono posta in permanenza queste domande nel corso degli ultimi due anni. Allo stesso tempo, l’idea che la gente intorno a me mi possa giudicare troppo nervosa o ossessionata mi stressa ancora di più. Ci sono persone che non sono stressate perché le autorità affermano che la decontaminazione avanza e che il cibo è conforme alle norme. Ma io non ci posso credere.
Un abitante (che non specifica il luogo di residenza)
Ho un figlio di 6 anni e un neonato. Al momento dell’incidente nucleare, la società per cui lavoravo mi ha costretto a lasciare Fukushima e a trasferirmi a Tokyo. Ma una settimana dopo, ci hanno detto di tornare. Mia moglie ha voluto tornare con me. Mio figlio, che a quel momento aveva 4 anni, non è uscito di casa per 4 mesi e mezzo. Il mio secondo figlio è nato di recente: ho pregato Dio ogni giorno perché potesse nascere normalmente. Per fortuna tutto è andato bene. Ma ora sono preoccupato per lui: crescerà senza una grave malattia?
Una persona (non precisa il sesso) che abita a 20-30 km dalla centrale nucleare
Vivo a 20 o 30 chilometri dalla centrale. Ho cercato alimentazione e acqua al di fuori del raggio di 30 chilometri per distribuirle agli abitanti del mio comune. In questo modo, mi sono dovuto(a) chiedere se io stesso(a) dovessi lasciare questo posto o no: ero in uno stato di esitazione costante, tra le difficoltà della vita altrove e l’accettazione della radioattività. E ho deciso di rimanere qui. Ma ora ho paura dei pregiudizi. La parola “hibakusha” (le persone irradiate), per esempio, mi fa paura. È più inquietante della radioattività. Adesso sono trascorsi due anni. Risultato: solo il 10% della popolazione è rimasta in questo comune.
Un uomo (non fornisce ulteriori dettagli)
Posso dormire tranquillo soltanto in viaggio d’affari al di fuori della prefettura di Fukushima!
Una donna della città di Shirakawa (a 80km dalla centrale)
Adoravo prendermi cura delle rose nel mio giardino. Ma dopo l’incidente, non sono più andata in giardino per un anno. Mi piacerebbe traslocare, andare lontano da qui, ma mia madre è anziana e malata, deve andare dal medico che conosce, qui vicino…
Altri sviluppi
Il timore di essere evitati come la peste
Un uomo di circa 25 anni (che abita in una casa temporanea)
Prima abitavo a Futaba, a 3 o 6 km dalla centrale nucleare. Adesso vivo in una casa temporanea: ho perso la mia casa come pure il mio lavoro, e non so quando potrò tornarvi. Forse mai. Sono molto stanco di negoziare con la Tepco (la società elettrica proprietaria della centrale nucleare, Ndr.) per un risarcimento. Ora spero che una simile catastrofe non accada mai più. Per questo, sono pronto a sacrificarmi.
Una sfollata di 50 anni (attualmente vive con cinque membri della sua famiglia in un piccolo appartamento di 40 m2. La sua casa si trova nella zona di interdizione attorno alla centrale)
Continuo a pagare il mutuo per la mia nuova casa e allo stesso tempo lo spazio di cui dispongo soltanto per me attualmente è un metro quadrato davanti alla televisione. Qui sento che questa non è la mia vita reale. È come se fosse quella di un’altra persona. Non c’è niente di interessante per me, la vita è vuota. Un giorno ogni tre mesi abbiamo il diritto di tornare a casa nostra. Provo una disperazione profonda osservando il giardino con le erbacce e pensando al mio futuro rubato, nel quale avrei potuto vivere qui con i miei figli e i miei nipoti. Mi sento come se stessi guardando il mio funerale. Vorrei tornare indietro di due anni e ricominciare la mia vita, con le mie volontà.
Una madre con un figlio di 5 anni, a Kooriyama (a 60km dalla centrale)
Subito dopo l’incidente, mio figlio di 3 anni ha perso sangue dal naso. Sono dunque partita per andare a Hokkaido. Io sono stata fortunata: in molte hanno divorziato perché il marito, o la suocera, non ha capito la paura delle donne. Sono tornato a Kooriyama. E siccome non si può più credere alle informazioni da parte delle autorità, la difficoltà era quella di decidere tutto da sola. L’altro giorno mio figlio si è ammalato e mi ha detto “Mamma, sto male perché ho ricevuto molte radiazioni?” Da quel giorno, ho smesso di parlare di radioattività: voglio una vita semplice, ordinaria, come prima.
Una giovane (a 100 km dalla centrale)
I miei suoceri utilizzano le verdure del loro orto. Anche se ho spiegato loro i pericoli della radioattività, credono che qui non esista e mi consigliano di mangiarne anch’io. Mi piacerebbe avere un bambino prossimamente, perciò le rifiuto. Ma è molto difficile.
Una giovane (che non specifica il luogo di residenza)
Ciò che è maggiormente cambiato rispetto a prima è che non riesco più a guardare i film horror. Questo perché la realtà è ancora più inquietante. Inoltre ho tanta paura delle persone intorno a me che non capiscono le mie angosce…
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