Uno specchio delle (dis)parità dei generi
Vent'anni dopo l'iscrizione nella Costituzione, il principio della parità fra i sessi non è ancora applicato ovunque. Il Fondo nazionale svizzero ha avviato un programma di ricerca scientifica sulla questione. Al centro di uno dei 21 progetti c'è la Società svizzera di radiotelevisione (SSR).
Diritto di voto, congedo di maternità, politica dell’uguaglianza: certamente sono state fatte delle conquiste. Ma i ricercatori vogliono capire perché le leggi non bastino per determinare l’ordine sociale e cancellare le disuguaglianze.
“I ricercatori esamineranno abitudini quotidiane, differenze e gerarchie”, dice Brigitte Liebig, presidente del comitato del Programma nazionale di ricerca sulla parità tra uomini e donne (PNR 60). D’altra parte, cercheranno di identificare le decisioni individuali e le condizioni quadro strutturali che fanno sì che, senza che ci si renda veramente conto, uomini e donne non hanno ancora le stesse opportunità”.
Uguaglianza, un’idea svizzera?
Le conclusioni sono previste per il 2013. Tra i 21 progetti di ricerca, “Uguaglianza dei sessi: un’idea svizzera? Pari opportunità nella SSR dal 1980 ad oggi” sembra molto promettente. Quale datore di lavoro nazionale del settore dei media, la SSR è uno specchio della società.
“Questo progetto è interessante perché analizza contemporaneamente come i media presentano il tema nei propri programmi e come applicano il principio nella propria struttura aziendale”, sottolinea René Levy, membro del comitato del PNR 60.
Una problematica che riguarda tutti i media. Ma la SSR ha la particolarità di essere presente in tutte le regioni. “Vedremo come le leggi sono state applicate dal servizio pubblico e come è evoluta la politica del personale”, spiega Nelly Valsangiacomo, membro del gruppo di ricerca.
Poi, “vedremo se la società applica ciò che dice, se c’è una relazione tra la politica d’uguaglianza e i suoi programmi e se questi offrono un modello socio-culturale”.
Sull’aspetto mediatico, la ricerca è solo all’inizio. Sull’aspetto istituzionale, alcune osservazioni sono già possibili. Fondamentalmente, la SSR applica le leggi federali. Dagli anni ‘70, ha avviato la discussione sulle pari opportunità e nei primi anni ’90, ha creato posti di delegate per l’uguaglianza.
Il soffitto di cristallo
La ripartizione tra i sessi a livello orizzontale è molto diversa a seconda delle numerose professioni all’interno della SSR. Per quanto riguarda i giornalisti, varia a seconda delle rubriche”, spiega Nelly Valsangiacomo.
Ma è a livello verticale che si può davvero parlare di disuguaglianza. Anche nella SSR c’è il famoso soffitto di cristallo che, non si sa perché, le donne riescono difficilmente a superare per salire nella gerarchia. “Abbiamo constatato che sono molto presenti nella metà inferiore della scala salariale. Ma non solo hanno stipendi più bassi: hanno soprattutto i contratti più precari”, prosegue la storica.
Nel 1967, Tiziana Mona era stata la prima presentatrice del Telegiornale della televisione svizzera di lingua italiana (seguita nel 1971 da Annette Leemann in quella di lingua francese). Ma la giornalista ticinese minimizza. “Ero nel posto giusto al momento giusto. Inoltre poche persone avevano il televisore e i giornalisti non avevano lo statuto sociale di oggi”.
La quota femminile nella SSR è del 44% fra il personale e del 25% fra i dirigenti. “Ci sono molte donne che appaiono sul piccolo schermo e qui non c’è discriminazione. Anzi, c’è piuttosto valorizzazione. Le cose, invece, cambiano a livello di direzione”, dice Tiziana Mona.
La pensionata 64enne ha presieduto per una dozzina di anni il sindacato svizzero dei mass media (SSM). Ha trascorso gli ultimi dieci anni della sua carriera in seno alla direzione generale, chiamata dall’allora direttore generale, Antonio Riva.
Ancora una volta, un caso, relativizza. “C’è stata una direttrice della televisione svizzera di lingua tedesca (Ingrid Deltenre), c’è stata una direttrice di swissinfo (Carla Ferrari). Ma si tratta di eccezioni. Poi ci sono poche caporedattrici”. Una carica che, dal 1° gennaio 2011, è occupata da una donna (Lis Borner) alla radio della Svizzera tedesca (DRS).
Discriminazioni e/o disparità salariali
In Svizzera, il divario salariale fra i sessi raggiunge il 20%. “Le differenze di formazione, anzianità di lavoro, settore di attività e funzione spiegano il 60% di questa differenza. Il resto non ha altra spiegazione che la discriminazione sessuale”, afferma Marianne Geisser, direttrice supplente dell’Ufficio federale dell’uguaglianza.
Nel 2009, il Tribunale federale ha concesso un risarcimento di 342’000 franchi a Francesca Molo, al termine di oltre dieci anni di procedimenti legali. Motivo: l’ex giornalista della Televisione svizzera di lingua italiana per anni, a parità di qualifiche, ha guadagnato il 23% di meno di suoi colleghi maschi. La sua vittoria contro la SSR ha fatto giurisprudenza. Da allora non ci sono stati altri casi così evidenti.
“La discriminazione non è solo legata all’idea di ‘pari stipendio per pari lavoro’. Può essere più sottile, considerando ‘naturale’ un certo atteggiamento delle donne verso il lavoro (a tempo parziale, lavoro flessibile, congedo o cambiamento di carriera a causa della famiglia)”, rileva Nelly Valsangiacomo.
A prima vista, il contratto collettivo di lavoro è impeccabile. “Ma occorre fare una serie di verifiche”, aggiunge la storica. Come le ex regie federali, anche la SSR esternalizza molto. Con lo sviluppo di mandati esterni e part-time, il lavoro si è femminilizzato”.
La direzione generale della SSR per ora non ha voluto esprimersi sulla situazione. Ha precisato di attendere “con interesse” i risultati della ricerca.
Il PNR 60 ha l’obiettivo di valutare gli effetti delle misure adottate finora in Svizzera in materia di uguaglianza fra i generi. Una parità tuttora non raggiunta.
È articolato su 21 progetti di ricerca interdisciplinari che comprendono prospettive sociologiche, politiche, economiche e della formazione, e coinvolge tutte le regioni linguistiche della Confederazione.
Dispone di un budget è di 8 milioni di franchi per quattro anni, dal 2010 al 2013.
Azienda di diritto privato del settore dei media, la Società svizzera di radiotelevisione (SRG SSR) ha un mandato federale di servizio pubblico, ma è autonoma.
Società non profit, è finanziata per circa i tre quarti dal gettito del canone radiotelevisivo e per un quarto dalle proprie attività commerciali.
Composta di cinque unità aziendali – tra cui swissinfo.ch – e sei filiali, impiega circa 6’100 dipendenti per complessivi 5mila posti a tempo pieno.
Alla SSR sono pari al 44% di tutto il personale e al 25% dei quadri (2010).
Alle Ferrovie federali svizzere (FFS) sono rispettivamente del 14 % e dell’8% (2009).
Alla Swisscom sono rispettivamente del 65% e del 20%.
Alla Posta sono del 50,1% del personale e dell’8,7% dei quadri superiori(2009)
(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)
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