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Venerdì di sangue in Tunisia, Francia e Kuwait

L'estremismo islamico ha fatto un bagno di sangue venerdì, in pieno Ramadan, nella nota località balneare tunisina di Port el Kantaoui, a Sousse. AFP

La Tunisia ha vissuto venerdì a Sousse il più sanguinoso attentato della sua storia recente. Nella stessa giornata, in pieno Ramadan, l'estremismo islamico ha colpito anche in Francia e in Kuwait. A nome del governo svizzero, la presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga ha condannato fermamente gli attentati.

“Il Consiglio federale, a nome del popolo svizzero, esprime le proprie condoglianze ai parenti delle vittime e alle nazioni interessate”, si legge in una dichiarazione del Dipartimento federale di giustizia e polizia. Simonetta Sommaruga aggiunge che “dobbiamo lottare sempre contro l’intolleranza, l’estremismo e il terrorismo e non lasciarci intimidire da tali attacchi”.

Secondo l’ultimo bilancio ufficiale, l’attacco a Port El Kantaoui (Sousse) ha fatto almeno 38 morti – tra cui sembra numerosi turisti tedeschi, britannici e belgi – e 39 feriti. Al momento non pare che ci siano vittime elvetiche.

Il Dipartimento federale degli affari esteri a Berna ha indicato a swissinfo.ch che l’ambasciata svizzera a Tunisi è in contatto con le autorità locali e segue la situazione.

L’operatore di viaggi elvetico Hotelplan ha detto all’agenzia di stampa ats che tutti i suoi clienti che si trovavano a Port El Kantaoui sono stati contattati e sono indenni.

Le autorità tunisine hanno riferito che un assalitore è stato ucciso e un presunto complice fermato. La paternità della strage è stata rivendicata sui social media a nome dello Stato Islamico (Isis).

Ancora molta confusione

Focolaio di combattenti per l’Isis

La Tunisia è il paese che finora ha fornito il più alto numero di combattenti stranieri (“foreign fighters”) alle forze del sedicente Stato islamico (Isis) e molti di loro sono originari proprio di Susa.

Secondo dati ufficiali citati in un servizio della tv satellitare al-Jazeera del novembre scorso, sui circa 3’000 tunisini che combattono con i jihadisti, un migliaio sarebbero di Susa.

Nel suo reportage, l’emittente riferiva che alcuni quartieri della città, come al-Qalaa al-Kubra, al-Riyadh, al-Shabab e Hamam Soussa, rappresentano veri e propri centri di reclutamento di potenziali terroristi, al pari di sobborghi come Herkalion, Sidi Abdelhamid e Nafidha.

Questi quartieri sono stati spesso teatro di scontri tra estremisti islamici e forze di polizia, tra cui un attacco a un commissariato nel 2012, in cui persero la vita due attivisti salafiti, e quello di un kamikaze che si fece esplodere sulla spiaggia di Susa nell’ottobre 2013, senza fare vittime.

Raccogliendo le testimonianze di residenti della città, al-Jazeera raccontava di come si perdano di frequente le tracce di giovani che frequentano alcune specifiche moschee di Susa e di come, nei giorni successivi, le famiglie vengano a sapere della loro partenza per la Turchia, con destinazione finale Siria o Iraq.

La tv riferiva di un gran numero di questi jihadisti che sono rientrati in patria e sono riusciti a evitare di essere incriminati. Questo spingeva alcuni analisti a puntare l’indice contro le autorità tunisine.

(Fonte: ats-adnkronos)

Secondo le prime ricostruzioni, nel mirino dei terroristi sono finiti i turisti che prendevano il sole e facevano il bagno sul litorale davanti agli alberghi Imperial Marhaba e Hotel Soviva.

Le autorità hanno affermato che “l’autore dell’attentato è uno studente tunisino, originario della zona di Kairouan e sconosciuto alle forze dell’ordine”. Vestito con pantaloncini corti, per confondersi tra i turisti, sarebbe piombato sulla spiaggia col kalashnikov nascosto sotto un ombrellone da sole.

La dinamica dell’assalto è ancora confusa. Secondo quanto riferito dal portavoce del Ministero dell’interno tunisino, un terrorista “è entrato dal retro dell’hotel e ha aperto il fuoco”.

Il segretario di Stato alla Sicurezza tunisina, Rafik Chelly, ha più tardi parlato di un solo assalitore “arrivato dalla spiaggia e vestito come un bagnante, con in mano un ombrellone sotto cui nascondeva l’arma da fuoco”.

Alcuni testimoni, invece, hanno raccontato di un commando giunto via mare sulla costa. “Sono arrivati in barca. Dalla spiaggia, poi, si sono diretti verso l’hotel”, ha spiegato un turista russo alla BBC in lingua russa.

Secondo la testimonianza di una dipendente dell’Hotel Imperial Marhaba potrebbero essere cinque i terroristi coinvolti nell’attacco. La donna, che si trovava al quarto piano della struttura, ha detto all’emittente televisiva nazionale tunisina di aver visto un’imbarcazione rossa con a bordo cinque persone approdare sulla spiaggia antistante all’albergo. Uno di loro ha gettato una bomba mano e poi ha iniziato a sparare contro i turisti. L’uomo è riuscito a entrare nella reception dell’hotel, dove erano presenti anche dipendenti tunisini. Secondo la testimone, l’attentatore avrebbe scelto di sparare esclusivamente ai turisti

Certo è che, improvvisamente, sul litorale si è scatenato il muro di fuoco di un kalashnikov. “Abbiamo sentito degli scoppi come di petardi. Pensavamo che qualcuno stesse festeggiando. Ma molto rapidamente ci siamo accorti del panico che c’era nel resort accanto a noi”, è la testimonianza resa a Sky news da un turista britannico.

“Era circa mezzogiorno e ho visto a circa 500 metri da me una piccola mongolfiera venire giù e poi subito una sparatoria. Poi ho visto alcune persone correre verso di me, io pensavo fossero fuochi d’artificio”, ha raccontato una donna irlandese che ha fatto appena in tempo a raccogliere i suoi figli dall’acqua per poi rifugiarsi in hotel.

Nuovo shock per la Francia

Nella stessa giornata della strage in Tunisia e meno di sei mesi dopo i sanguinosi fatti di Parigi, un nuovo attentato ha scosso anche la Francia. Teatro delle violenze l’impianto di produzione di gas industriale Air Products a Saint-Quentin-Fallavier, a una trentina di chilometri da Lione. Stando a fonti giudiziarie, la polizia francese ha già arrestato il presunto terrorista, sua moglie e una terza persona.

L’attacco è scattato verso le 10.00 in un’unità di produzione del gruppo americano Air Products situata in una vasta zona industriale non lontana dall’aeroporto lionese di Saint-Exupéry. Un regolare fornitore del sito, in possesso quindi di un badge d’accesso – entra nell’impianto a bordo di un’auto e travolge una seconda recinzione di sicurezza. Scende dal veicolo, apre le bombole di gas immagazzinate in un deposito, vi appicca il fuoco provocano una prima piccola esplosione. Non soddisfatto si accinge ad innescarne un’altra che potrebbe essere molto più devastante ma viene fortunatamente fermato.

I vigili del fuoco arrivano infatti rapidamente sul posto: uno di loro si dirige verso l’attentatore, lo afferra e lo immobilizza al suolo in attesa dell’arrivo delle forze di sicurezza. L’aggressore si qualifica come un uomo dell’autoproclamato Stato islamico.

Nel frattempo all’interno del complesso industriale viene ritrovato un corpo decapitato. La testa è appesa a una recinzione, a diverse decine di metri dal corpo, attorniata da bandiere dell’Isis. La vittima è il datore di lavoro dell’attentatore: il gestore di una società di trasporti, che si trovava nell’impianto per una consegna.

Il presunto terrorista, 35 anni, si è stabilito di recente con la famiglia a Saint-Priest, nella perifieria lionese, in precedenza viveva nell’est della Francia. Secondo il ministro dell’interno francese Bernard Cazeneuve, l’uomo è conosciuto dal 2006 dai servizi antiterrorismo: senza precedenti penali, ma già noto per estremismo. Il ministro ha aggiunto che tre persone che potrebbero aver partecipato all’attentato sono state fermate; “l’inchiesta dirà se sono implicate e in che modo”. Si tratta della moglie e della sorella dell’attentatore, nonché del proprietario di un’automobile scoperta nei pressi dell’impianto, poi rilasciato.

Massacro in moschea a Kuwait City

Un terzo attentato – rivendicato dall’Isis – è stato compiuto nella moschea sciita al Imam al Sadiq a Kuwait City, durante la preghiera del venerdì. L’ultimo bilancio ufficiale, reso noto dal ministero dell’Interno kuwaitiano, è di 27 morti e circa 200 feriti. Secondo quanto riferiscono testimoni oculari all’inviato dell’emittente televisiva panaraba al Jazeera, un uomo è entrato nella moschea con indosso una cintura esplosiva e si è fatto saltare in aria al grido di “Allah è grande”.

Una scia di attentati in Tunisia

La Tunisia era già in allerta elevata dopo la strage al museo Bardo di Tunisi dello scorso 18 marzo, che aveva provocato la morte di 24 persone, tra cui 21 turisti, e il ferimento di altre 45.

Il 29 marzo le forze della sicurezza tunisina hanno ucciso nove miliziani, compreso l’algerino Khaled Chaib, che si ritiene abbiano partecipato all’attentato al Bardo.

Il 7 aprile uomini armati hanno invece teso un’imboscata a soldati tunisini uccidendo quattro di loro nella regione occidentale di Kasserine, vicina al confine con l’Algeria. Nel luglio del 2014 sono stati uccisi 15 soldati da sospetti militanti islamici che hanno attaccato un posto di blocco vicino al confine tra la Tunisia e l’Algeria.

Ancora prima, il 6 febbraio 2013, è stato assassinato vicino a Tunisi il leader del Movimento patriotico, partito laico di sinistra, Chokri Belaid. Il 25 luglio del 2013 è toccato a un altro leader dell’opposizione, Mohamed Brahmi, dando il via a un’ondata di manifestazioni di massa e di richieste di dimissioni rivolte al governo islamico di Ennahda, incoronato dalle elezioni parlamentari dell’ottobre del 2011.

Anche la località di Sousse, in passato, era finita nel mirino dei terroristi: alla fine di ottobre del 2013, un kamikaze si è fatto esplodere sulla spiaggia davanti al Rihad Palm, uno degli hotel più famosi della città. Nell’attentato è perito solo il kamikaze e nessuno è rimasto ferito.

(Fonte: ats-adnkronos)


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