La “rinascita” di Ma Anand Sheela in Svizzera
Un tempo braccio destro del guru Bhagwan Shree Rajneesh, Sheela Biernstiel – alias Ma Anand Sheela – si è costruita una nuova vita come badante per disabili mentali in Svizzera. Si è così lasciata alle spalle la sua fama di presunta mente di un attacco bioterroristico negli Stati Uniti. Oggi ci racconta la sua versione dei fatti.
Quando si arriva nel villaggio di Maisprach, nel cantone di Basilea Campagna, è chiaro che ci si trova nella Svizzera rurale. L’autobus postale giallo, che trasporta donne anziane con in mano borse della spesa e scolari che tornano a casa per il pranzo, mi lascia vicino al centro del paese. Dopo un attimo di incertezza sulla direzione che devo prendere, guardandomi attorno alla fermata dell’autobus, vedo un cartello su cui è indicato “Matrusaden”, la casa per disabili gestita da Sheela.
Dove sta la verità?
In realtà Sheela Birnstiel non ha mai confessato l’attacco bioterrorista. Ancora oggi, lascia nel vago chi parla con lei. È come se ci fosse una verità interna e una verità esterna, che coesistono pacificamente l’una accanto all’altra. Ciò corrisponderebbe alla percezione che è rimasta di Baghwan, il guru, noto anche come Osho, di cui Sheela è stata per lungo tempo la più stretta confidente.
Baghwan ha sfruttato i suoi seguaci, i Sanyasin, sessualmente e finanziariamente, per la sua decadente vita nel lusso, come affermano i suoi critici? Oppure è stato un maestro spirituale che, insegnando loro l’astinenza e la saggezza orientale, ha dato loro un senso di vita che non avrebbero trovato altrimenti, come affermano i suoi sostenitori?
Mi incammino sulla stradina stretta, in salita, che serpeggia tra prati verdi, verso una valletta. Proprio mentre comincio a chiedermi se mi sono perso, noto un altro cartello con la scritta “Matrusaden”, che si erige in mezzo a un manto di foglie morte.
Proseguo con la crescente apprensione di incontrare la famigerata Sheela. La pagina di Wikipedia, che avevo consultato in precedenza, non parla in suo favore.
“Come segretaria personale di Bhagwan Shree Rajneesh, leader spirituale del movimento Rajneesh, dal 1981 al 1985 ha diretto l’ashram del Rajneeshpuram nella contea di Wasco, in Oregon, Stati Uniti. Nel 1985 si è dichiarata colpevole di tentato omicidio e di assalto, per il suo ruolo nell’attacco bioterroristico di Rajneeshee nel 1984”, si legge.
Troppo tardi per avere ripensamenti. Raggiungo la vetta della collina e, finalmente, vedo la casa. Ci sono diversi veicoli nel parcheggio. All’altro estremo della strada vi sono dei cavalli in una stalla di un veterinario. Poiché sono un po’ in anticipo per il mio appuntamento, mi dirigo verso una giumenta e il suo puledro.
Proprio mentre sto per accarezzare i cavalli, sento voci che mi chiamano. Due donne sono uscite di casa e mi invitano a raggiungerle. Sheela è una di loro. Sono colpito da quanto sia fragile, ma questo è dovuto al fatto che le foto e i video che avevo visto risalgono a decenni fa. Dopo tutto, quest’anno compirà 70 anni.
“Tempio della demenza”
Appena entro nell’edificio, vedo una grande foto di un barbuto. Suppongo che sia l’ex guru di Sheela, Rajneesh. Ma, a un esame più attento, mi rendo conto che mi sbaglio. Sheela mi dice che era suo padre e sulla foto accanto c’è sua madre. Ha chiamato le sue due case per disabili “Matrusaden” (casa materna) e “Bapusaden” (casa paterna) per onorare la loro memoria.
Poi entro nell’ufficio e mi appare uno scenario che non ho mai visto prima. I computer e le scrivanie utilizzati per il lavoro amministrativo sono circondati da letti per i pazienti. Sheela chiama la stanza “Demenz Mandir” ossia tempio della demenza. È qui che i pazienti con le più gravi disabilità trascorrono la notte, in modo da non sentirsi isolati. È anche uno stratagemma per normalizzare la morte, esponendola agli altri pazienti nella stanza.
“Molte persone con disabilità mentali hanno un’enorme ansia di morire. Dovrebbero entrare in contatto con essa per vedere che non è nulla di cui avere paura”, dice Sheela.
La maggior parte dei pazienti si trova nella veranda inondata di sole, all’estremità opposta della casa, ed è occupata con libri da colorare. Uno dopo l’altro si presentano e mi stringono la mano.
Molti sono nati all’estero, in paesi svariati, come Brasile, Turchia, Sri Lanka, Vietnam, Serbia, Germania, Austria e India. Il più giovane ha 42 anni e il più anziano 83. La maggior parte si trova a “Matrusaden” da oltre un decennio. La casa ammette solo pazienti tra i 18 ei 64 anni, ma poi possono rimanere per tutto il tempo che vogliono.
“Matrusaden” è una fondazione senza scopo di lucro e i pazienti ricevono il sostegno dello Stato per coprire tutto o parte degli 8’500 franchi di spese mensili per la loro cura.
“Siamo conosciuti per aver a che fare con pazienti difficili, che non hanno trovato posto in altri istituti a causa del loro handicap. Abbiamo pazienti che hanno visitato altri 15 centri e nessun posto ha funzionato per loro”, racconta Sheela.
Gli unici pazienti che Sheela rifiuta sono i tossicodipendenti e coloro che soffrono di tetraplegia. I primi non sono “il suo genere” e i secondi richiedono infrastrutture speciali difficili da fornire in una piccola casa.
L’aspetto più singolare del luogo è che non ci sono aree delimitate per i pazienti. Tutti sono liberi di entrare in qualsiasi stanza, compresa la camera da letto di Sheela che si trova al primo piano della casa. Mi sento come un intruso quando entro nella sua camera da letto su invito della sua assistente.
Il mio sguardo è immediatamente attratto da una grande fotografia incorniciata di colui che sembra essere Rajneesh, mentre Sheela gli serve champagne. È difficile immaginare che provi ancora affetto per l’uomo che l’ha accusata di aver compiuto atti terroristici contro lo Sato americano e la comunità. Accuse che le sono costate 39 mesi dietro le sbarre.
“Il mio personaggio è stato assassinato da Bhagwan e dalla sua gente, così come dal governo dell’Oregon. Stavo cercando di digerire questo e non avevo idea di cosa avrei fatto quando sarei uscita di prigione. Quando alla fine sono uscita, non ero preparata per il mondo esterno”, dice Sheela.
Dopo aver scontato la pena detentiva, ha lasciato gli Stati Uniti per recarsi in Germania. Le autorità tedesche però le hanno negato il rientro [la Germania l’aveva già estradata negli USA dove era poi stata arrestata e processata], senza spiegazioni. Dopo un breve periodo in Portogallo, nel 1989, si è stabilita in Svizzera.
Sheela aveva acquisito la nazionalità svizzera attraverso il matrimonio, nel 1984, con un cittadino elvetico che era il responsabile della comunità Rajneesh di Zurigo. Suo marito è morto mentre stava scontando la pena detentiva negli Stati Uniti. Un avvocato tedesco, con cui aveva una relazione, si è rifiutato di lasciare la moglie e di iniziare una nuova vita con lei.
“Ero ancora in stato di shock a causa della mia vita passata e mi stavo adattando a un nuovo ambiente. È stato un periodo molto intenso”, ricorda.
Alla fine ha trovato un lavoro come governante per una vecchia coppia a Basilea. “Mi sentivo a mio agio perché mi mancavano molto i miei genitori. La vecchia coppia era sugli ottant’anni e mi ha aiutato a placare il dolore”, dice.
Più tardi, ha affittato una casa e nel 1990 ha accolto sei anziani disabili. Si è fatta una reputazione di badante competente e cinque anni dopo si è trasferita in un luogo più grande, dove si è occupata di 16 pazienti.
“A quell’epoca non esistevano requisiti in materia di titoli di studio. Hanno visto che stavo facendo un buon lavoro e mi hanno lasciata sola per 18 anni”.
In seguito è stata introdotta una legge sull’assistenza ai disabili e Sheela afferma di aver lavorato sodo per soddisfare i requisiti. Nel 2008, la sua casa ha ricevuto l’autorizzazione ufficiale, ma la filosofia alla base delle cure prestate si basa sull’intuizione personale e sulle esperienze di vita.
“Il carcere era la mia qualifica più alta e non considero quel tempo sprecato. Lì ho imparato ad avere pazienza. Ho anche imparato il valore del tempo e ad accettare meglio la mia realtà. Queste sono le qualità che uso nel mio lavoro”, spiega.
Ritorno alla ribalta
Sheela è rimasta relativamente anonima durante i suoi primi tre anni in Svizzera. Non si nascondeva, ma nessuno aveva fatto il collegamento tra Sheela la badante e la controversa Ma Anand Sheela di Rajneeshpuram. La situazione è cambiata quando un giornalista di un quotidiano regionale l’ha contattata per un articolo sulle case di riposo per disabili anziani.
“Dopo che gli ho concesso un’intervista di due ore, più tardi, la sera, il giornalista mi ha chiamata e mi ha detto che il mio volto e il mio nome gli erano familiari. Mi ha chiesto se ero la stessa Sheela di Rajneeshpuram. Quando ho confermato, ha cambiato il soggetto del suo articolo, incentrandolo su me invece che sulla casa di riposo. Sono così di nuovo diventata di notorietà pubblica”.
Il fatto non l’ha comunque disturbata perché non si è mai distanziata dal suo passato. “È una cosa che mi porto addosso ancora oggi e di cui non mi sono mai vergognata. È stato un onore per me vivere a stretto contatto con uomini come Bhagwan. Ha avuto una grande influenza sull’esperienza della mia vita, che a sua volta influenza il mio lavoro”, afferma.
Il suo lavoro oggi ruota attorno a 29 pazienti nelle due case sotto la sua cura. “Penso che l’esperienza di Rajneeshpuram sia stata utile. Quando si gestisce un posto enorme come quello, questa casa sembra uno scherzo”, osserva.
Si avvicina l’ora del tè. Per quanto io sia desideroso di assaggiare il caffè e la torta che i pazienti ricevono alle tre del pomeriggio, non voglio abusare dell’accoglienza. In quel mentre compare la sorella di Sheela, che era andata a fare la spesa. Non è contenta di vedermi.
“Penso che i giornalisti siano persone che non sanno lavorare per guadagnarsi da vivere, ma sanno solo fare soldi con la vita altrui. Queste cose sono accadute molto tempo fa, eppure la stampa non può lasciarla in pace”, commenta.
Capisco la sua ostilità. Sheela è straordinariamente aperta sulla sua vita. Questo è un sogno per un giornalista, ma può essere l’incubo per un membro della famiglia.
Prima di partire, ho un’ultima domanda per Sheela. Ritiene che le sue case per disabili siano il lavoro della sua vita, all’opposto di Rajneeshpuram, dove era solo uno strumento per realizzare la visione di Rajneesh?
“Dopo aver lasciato Bhagwan, tutto quello che faccio è il mio bambino. Sono orgogliosa di dire che quell’esperienza è utile, ma questo è il lavoro della mia vita. Rajneeshpuram è stato il lavoro della vita di Bhagwan. Questo è puramente mio, insieme al mio team. Sono contenta di entrambe le mie eredità: con e senza Bhagwan”.
Rajneesh e Sheela
Conosciuto anche come Osho o Bhagwan Shree Rajneesh, il guru spirituale indiano ha conquistato un vasto seguito a Mumbai dal 1970 in poi, prima di trasferirsi nella vicina Pune, dove i suoi seguaci hanno costruito un luogo di ritiro per lui. Ha ottenuto notorietà predicando contro l’ortodossia religiosa riguardo a ricchezza e sesso.
Nel 1981, ha nominato Sheela, nata in India, sua segretaria. Lei ha ricevuto il compito di trovare una nuova sede per la comunità, al fine di espandersi.
Cosicché è stato acquistato un ranch in Oregon (Stati Uniti) per quasi 6 milioni di dollari, ribattezzato Rajneeshpuram. Quello è diventato il quartier generale dell’impero di Rajneesh.
La comunità è presto entrata in conflitto con la popolazione locale che era contraria allo sviluppo del ranch e allo stile di vita alternativo dei discepoli di Rajneesh. Per superare gli ostacoli frapposti ai suoi progetti edilizi, la comunità è riuscita a far eleggere dei propri membri al governo locale.
Nel 1985, Sheela ha lasciato la comunità sostenendo che non poteva sopportare le esigenze di Rajneesh in materia di auto Rolls Royce e costosi orologi. Dopo la sua partenza, Rajneesh ha rotto il suo voto di silenzio e ha accusato lei e i suoi stretti collaboratori di avere avvelenato abitanti locali con batteri della salmonella per ribaltare l’esito delle elezioni locali. Rajneesh ha anche affermato che Sheela aveva rubato 55 milioni di dollari alla comunità.
Sheela è stata estradata dalla Germania, dove era fuggita ed è stata accusata, tra gli altri, di tentato omicidio. Alla fine si è dichiarata colpevole di frode in materia di immigrazione e di intercettazione telefonica illegale e ha scontato 39 mesi della sua condanna a 20 anni di reclusione. È stata rilasciata per buona condotta.
Anche Rajneesh è stato brevemente arrestato, ma è stato condannato a dieci anni di reclusione per frode in materia di immigrazione, sospesi con la condizionale, e gli è stato ordinato di lasciare gli Stati Uniti. Dopo alcuni anni di esistenza nomade, nel 1987 è ritornato al suo ritiro a Pune ed è morto tre anni dopo, all’età di 58 anni.
Quest’anno è uscito il documentario Wild Wild CountryCollegamento esterno dedicato a Rajneesh, Sheela e alla comunità di Rajneeshpuram, in Oregon.
(Traduzione dall’inglese)
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