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La giustizia svizzera è… ingiusta con i bambini

"Per il buon trattamento del bambino e la prevenzioni dei maltrattamenti, c’è un modo di interagire che deve essere trasversale a tutti: dalla famiglia, agli insegnanti, ai monitori di sport, agli assistenti sociali, ai magistrati", sottolinea l'esperta Myriam Caranzano-Maitre. Keystone

Il lavoro di prevenzione degli abusi e dei maltrattamenti dei minori e di promozione del buon trattamento compiuto in Svizzera ha consentito progressi, ma è ancora intralciato da ostacoli. Uno di questi è la mancanza di una giustizia a misura di bambino. La Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia è l’occasione per prenderne coscienza e promuovere il cambiamento.

 “Attorno ai 13 anni ero un bambino ribelle. Marinavo la scuola, facevo delle fughe, frequentavo ragazzi non raccomandabili, avevo comportamenti che qualificherei di delinquenti. […] Due o tre volte sono stato portato alla stazione di polizia. Sono stati coinvolti anche i servizi per la tutela dei minorenni. Ripercorrendo questo passato mi sono convinto di avere avuto la fortuna di essere capitato su dei poliziotti di qualità, che mi hanno messo in guardia in modo intelligente, che hanno stabilito che non c’era motivo di incriminazione, anche se sarebbero stati legittimati a farlo. Persino il poliziotto che ho chiamato imbecille ha gestito la situazione con un eccezionale autocontrollo e non mi ha spedito davanti al giudice dei minorenni”.

A parlare pacatamente della propria irruente adolescenza è il professor Philip JafféCollegamento esterno, direttore del Centro interfacoltà di diritti del fanciullo dell’università di Ginevra e responsabile del settore Politica dell’infanzia e della gioventù del Centro svizzero di competenza per i diritti umani. Luminare della psicologia clinica e della psicologia legale, narra i propri trascorsi agitati al congressoCollegamento esterno internazionale interdisciplinare dedicato alla prevenzione del maltrattamento e alla promozione del buon trattamento del bambino, organizzato a Lugano, dal 26 al 28 ottobre scorsi, dalla Fondazione della Svizzera italiana per l’aiuto, il sostegno e la protezione dell’infanzia (ASPICollegamento esterno).

La consapevolezza di essere stato fortunato gli è venuta dall’esperienza professionale, nell’ambito della quale ha constatato che in Svizzera la giustizia minorile, contrariamente a quello che dovrebbe essere, in realtà non è uguale per tutti: varia a seconda dell’applicazione, delle competenze delle persone che la esercitano. Ancora oggi, a lunga distanza da quei primi anni ’70 del suo vissuto adolescenziale.

Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia

Il 20 novembre si celebra la Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. La data corrisponde all’anniversario della conclusione, nel 1989 a New York, della Convenzione sui diritti del fanciullo. Approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la Convenzione è stata ratificata nel 1996 dalla Svizzera, dove è entrata in vigore il 26 marzo 1997.

Iniquità federaliste

Benché da allora l’Assemblea generale delle Nazioni Unite abbia concluso la Convenzione sui diritti del fanciulloCollegamento esterno, che la Svizzera ha ratificato, e il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, di cui la Svizzera è membro, abbia adottato le Linee guida sulla giustizia a misura di bambinoCollegamento esterno, “nella prassi permangono grandi differenze tra i cantoni”, ci spiega, a margine del congresso.

“Anche in termini di formazione dei professionisti ci sono notevoli differenze”, precisa Philip Jaffé, ritenendo “scandaloso che in certi cantoni vi siano delle autorità di protezione che non hanno alcuna formazione specifica. Non si può agire nell’interesse del bambino, se non si hanno le competenze necessarie”.

In generale nel sistema giudiziario elvetico “vi sono molti operatori – giudici, avvocati, assistenti sociali – non sufficientemente formati a lavorare con dei bambini. E se lo sono non hanno il tempo materiale per sedersi e giocare il tempo necessario con un bambino per metterlo a proprio agio”, lamenta lo specialista.

Violato il diritto di essere ascoltato

Di fatto, secondo il professore universitario, “la Svizzera non ha una giustizia adattata ai bambini”, il cui diritto ad essere sentiti è diffusamente violato. “Nei procedimenti amministrativi e civili si stima che solo il 10% dei bambini è sentito in situazioni che li concernono direttamente. Eppure è un diritto fondamentale. A nessuno verrebbe mai in mente che un adulto possa non essere sentito in una vicenda che lo riguarda”.

Un’ingiustizia che il professore sa perfettamente cosa significhi, non solo per le sue conoscenze scientifiche, ma anche per averla sperimentata di prima persona nella sua tumultuosa adolescenza. “Anche se tutti volevano il mio bene, nessuno prendeva il tempo di ascoltarmi. Cosa non avrei dato perché il sistema giudiziario prendesse il tempo di sentirmi e di ascoltarmi, potessi dire delle cose che fossero prese in considerazione e aiutassero a determinare qual era il mio interesse superiore”.

Ruolo preventivo e incentivo

Dal momento che vale il principio secondo cui “non c’è diritto senza giustizia, significa che non ci sono nemmeno diritti dell’infanzia senza giustizia adattata all’infanzia”. Ciò è inoltre negativo dal profilo della prevenzione dei maltrattamenti e della promozione del buon trattamento. Condannando abusi e maltrattamenti, infatti la giustizia rende attenti a ciò che non va fatto. Ma “la giustizia ha anche un ruolo estremamente importante nella misura in cui non deve essere essa stessa maltrattante”, rileva Philip Jaffé.

“Per il buon trattamento e la prevenzioni dei maltrattamenti, c’è un modo di interagire che deve essere trasversale a tutti: dalla famiglia, agli insegnanti, ai monitori di sport, agli assistenti sociali, ai magistrati. L’idea è che in ogni possibile situazione di vita, il bambino ha il diritto di essere rispettato e ben trattato”, precisa Myriam Caranzano-Maitre, direttrice dell’ASPI.

Se il bambino sta già soffrendo, “è grave che anche la giustizia o altre istituzioni aggiungano una traumatizzazione a quello che è già successo. Perciò è fondamentale che la giustizia non peggiori le cose, ma al contrario sia in grado di interagire con questo bambino, soggetto, non più oggetto, ascoltandolo e rispettandolo”.

La pediatra, che è anche membro del consiglio della Società internazionale per la prevenzione degli abusi e della trascuratezza nell’infanzia (ISPCANCollegamento esterno), puntualizza che “il buon trattamento è fondamentale: è l’antidoto agli abusi e alla violenza. E questo vale per tutte le forme di maltrattamento”.

Nella Convenzione ONU sui diritti del fanciullo “è indicato tutto quello che serve” per il buon trattamento. “Se fosse veramente applicata, non avremmo più lavoro”, conclude Myriam Caranzano-Maitre.

Il problema delle cifre

Tra i problemi riscontrati in Svizzera da chi opera nella prevenzione di abusi e maltrattamenti sui minori, c’è la carenza di dati. “Ci sono cifre fornite dai pediatri, dagli ospedali, dalla polizia. Questa è però solo la punta dell’iceberg, anzi la punta della punta dell’iceberg, perché sono solo dei casi che vengono alla luce. Ci sono tante altre situazioni sconosciute. È una grande nebulosa”, si rammarica Myriam Caranzano-Maitre. La direttrice dell’ASPI sottolinea l’importanza di disporre dati affidabili e completi sia per individuare i problemi e poterli prevenire, sia per verificare l’impatto delle strategie di prevenzione. Questa lacuna dovrebbe essere progressivamente colmata nei prossimi anni grazie a una ricerca nazionale – lo Studio OptimusCollegamento esterno Svizzera – e tramite iniziative elvetiche e internazionali.

In base a “vari studi epidemiologici si sa che almeno dal 10 al 20% dei bambini in Svizzera subisce qualche forma di maltrattamento”, precisa la specialista.

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