Giovani, clandestini e senza un mestiere
I figli dei sans-papiers frequentano la scuola pubblica in Svizzera. Molti di loro non si rendono conto che vivono in un paese dove non dovrebbero trovarsi. Dai 16 anni, la ricerca di un posto di apprendistato li pone di fronte a una realtà nella quale è difficile districarsi, malgrado nuove disposizioni legali.
«A 15 anni ho saputo che la mia situazione in Svizzera era irregolare. Ho pianto. Ero veramente triste, perché a scuola avevo fatto grandi sforzi e mi ero fatta degli amici». Daiene ricorda così il giorno in cui si è resa conto che «non era come tutti gli altri». Una situazione con cui sono confrontati molti minorenni privi di un permesso di soggiorno.
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«A 15 anni ho capito che la mia situazione nel paese non era regolare»
Se al termine dei nove anni di scolarità obbligatoria questi alunni non hanno note abbastanza alte per proseguire gli studi – in un liceo o in altre scuole medie superiori – si scontrano, di colpo, con l’impossibilità di conseguire un lavoro a causa del loro statuto illegale.
L’apprendistato è la strada scelta dal 70% dei giovani in Svizzera per imparare un lavoro. Chi non ha un permesso di soggiorno non può però firmare un contratto per un tirocinio e rimane così escluso dal mondo del lavoro.
Da bambini a giovani adulti
Si calcola che ogni anno sono almeno 200 i giovani che terminano la scuola ma che non possono iniziare una formazione professionale a causa della loro situazione irregolare. «Improvvisamente scoprono di essere adulti e di non avere il permesso di vivere qui», osserva Salvatore Pità, dell’associazione Riconoscere il lavoro domestico – regolarizzare i sans-papiers.
È il caso di Luan: «Quando ho deciso di cercare un posto di apprendistato, ho saputo che avevo bisogno di un permesso di soggiorno. È in quel momento che mi sono reso conto di stare in un posto dove non dovevo essere».
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«Mi sono reso conto che ero in un posto in cui non avevo il diritto di essere»
«Criteri severi»
Negli ultimi anni, la situazione vissuta da questi ragazzi è stata oggetto di numerosi dibattiti, sia a livello cantonale sia federale. Nel 2010, il parlamento federale ha approvato una mozione del deputato popolare democratico ginevrino Luc Barthassat, che chiedeva di permettere a tutti i giovani clandestini che frequentano la scuola in Svizzera di poter accedere a un apprendistato.
In seguito a questa mozione, il governo ha introdotto, dal febbraio 2013, la possibilità di accordare un permesso temporaneo. I criteri sono molto precisi.
Entro 12 mesi dalla fine della scuola obbligatoria, la persona deve ad esempio dichiarare la sua identità, nonché quella dei suoi genitori e dei suoi fratelli e sorelle che vivono clandestinamente in Svizzera. Inoltre, deve aver seguito almeno gli ultimi 5 anni di scolarità obbligatoria, aver rispettato l’ordine giuridico e presentare un datore di lavoro che si dice disposto ad assumerlo.
«Sono criteri molto severi», afferma Thierry Horner, che si occupa di fornire consigli ai giovani clandestini e alle loro famiglie presso il Sindacato interprofessionale dei lavoratori di Ginevra (SIT).
Questa nuova regolamentazione non ha avuto molti effetti. L’Ufficio federale delle migrazioni (UFM) ha indicato a swissinfo.ch che finora sono stati accordati solo due permessi, a Lucerna e a Berna.
La Svizzera non ha mai effettuato regolarizzazioni collettive per persone senza statuto legale, come accaduto in Spagna o in Italia.
Dal 2001, la Svizzera accetta però delle regolarizzazioni valutando i singoli casi. L’articolo 30, lettera b, della Legge federale sugli stranieri prevede infatti che è possibile derogare alle condizioni di ammissione al fine di «tenere conto dei casi personali particolarmente gravi».
In 12 anni, le autorità hanno concesso meno di 2’000 permessi per i cosiddetti «casi di rigore» e hanno respinto 1’000 richieste che avevano già ottenuto il nullaosta dei cantoni.
Per sperare di ottenere un simile permesso, il candidato deve soddisfare tutta una serie di criteri, ad esempio dimostrare di essere integrato socialmente.
Dal febbraio 2013, le autorità federali hanno introdotto criteri simili anche per concedere un «permesso di rigore» ai giovani sans-papiers che vogliono svolgere un tirocinio.
Fonte: UFM e Collettivo sans-papiers
Scarso interesse dei datori di lavoro
Una delle esigenze più difficili da rispettare, è di trovare un datore di lavoro disposto ad assumere. «Vi è poco interesse a formare nuove leve senza la garanzia che possano rimanere in Svizzera», riassume Sophie Paschoud, portavoce del Centro padronale. Questa analisi è condivisa anche da Jürg Zellweger, responsabile dalla formazione presso l’Unione svizzera degli imprenditori.
A tal proposito, l’UFM rileva che il permesso di lavoro dovrebbe comunque essere prolungato al termine del tirocinio, poiché il giovane dovrebbe rientrare nella categoria dei cosiddetti «casi di rigore», ossia quei casi particolarmente gravi dal punto di vista umano che giustificano la concessione in via eccezionale di un permesso di dimora. Una probabilità che non convince appieno il settore padronale.
«Partiamo dal presupposto che coloro che pensano di accordare un posto di tirocinio a una persona senza permesso siano mossi da un certo idealismo», commenta Zellweger, aggiungendo che «gli sforzi per assumere un sans-papiers sono ben più importanti di quelli necessari per ingaggiare un giovane in situazione regolare».
Permesso o rischio espulsione
Si pone inoltre il problema che presentando una domanda, questi giovani rischiano di compromettere gli altri membri della famiglia. L’obbligo di dichiararli può tradursi nell’espulsione se non si soddisfano tutte le condizioni per ottenere un permesso di dimora in quanto «casi di rigore», rileva la Commissione federale della migrazione.
In Svizzera, le possibilità di regolarizzazione, anche per le famiglie che vivono nel paese da molto tempo, sono scarse e non tutti i cantoni si comportano nello stesso modo quando devono valutare i casi, spiega Alessandro de Filippo, del collettivo Sans-Papiers di Ginevra.
«A Ginevra, dove si stima che vi siano circa 10’000 persone in situazione irregolare, dal 2001 ad oggi si è proceduto a circa 1’200 regolarizzazioni. A Zurigo, invece, dove i clandestini sono apparentemente circa 20’000, vi sono stati solo una quindicina di casi».
Volontà di imparare
Cantoni come Vaud, Ginevra, Basilea Città, Neuchâtel e Berna hanno manifestato interesse per risolvere la situazione dei giovani clandestini che negli anni scorsi non hanno potuto accedere alla formazione professionale, pur avendo frequentato la scuola in Svizzera.
Ginevra, ad esempio, da quest’anno tollera che ragazzi in situazione irregolare inizino una formazione, in attesa di trovare una soluzione.
Il Sindacato interprofessionale dei lavoratori sottolinea che in questo modo il giovane ha la possibilità di dimostrare la sua volontà di imparare un lavoro e di partecipare attivamente alla vita economica locale, uno dei criteri che entrano in linea di conto quando si tratta di decidere se accordare un permesso di dimora in quanto «caso di rigore».
È il caso di Jeferson: «Ho iniziato il tirocinio a 21 anni, un’età alla quale normalmente lo si conclude. Mi sono impegnato a fondo. Sono molto contento. Adesso ho fiducia in me stesso».
Jeferson aspira a ottenere una regolarizzazione, al pari di quei giovani che assieme alle loro famiglie riescono a far riconoscere la loro situazione come «caso di rigore».
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«La chance della mia vita»
Dall’agosto 2012 all’agosto 2013, sono stati così ammessi 18 clandestini di età compresa tra 15 e 21 anni, indica l’UFM.
«Permettere ai giovani sans-papiers ben integrati di accedere a una formazione professionale e facilitare così il loro inserimento nella vita attiva, è benefico non solo per loro ma anche per lo Stato», sottolinea la Segreteria di Stato alla formazione.
Si stima che in Svizzera vivano da 70’000 a 90’000 persone prive di permesso di dimora; 10’000 sono minorenni.
Si calcola che ogni anno, da 300 a 500 giovani sans-papiers terminano la scuola dell’obbligo. Sulla base di queste cifre, si valuta che da 200 a 400 ragazzi che non hanno voti sufficienti per proseguire gli studi rimangano esclusi dalla formazione professionale.
Fonte: UFM
(traduzione dallo spagnolo di Daniele Mariani)
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