“I Rom devono essere parte attiva dei cambiamenti”
Le strade commerciali di Berna sono frequentate da mendicanti o musicisti rom anche nel periodo natalizio. Oltre che davanti ai negozi della capitale, da anni Lisette Steiner li incontra di persona anche nella casa aperta La Prairie.
“I primi Rom hanno varcato l’ingresso della nostra casa una quindicina di anni fa”, ricorda Lisette Steiner, una vallesana che da quasi vent’anni opera come volontaria nel gruppo caritativo di ispirazione ecumenica La Prairie. “E dal 2000 in poi, il loro afflusso è aumentato.”
La Prairie è un’istituzione sociale organizzata come associazione e finanziata mediante donazioni e collette nelle chiese. Chiunque si presenti ai suoi battenti – senza fissa dimora, studenti, disoccupati, pensionati, tossicodipendenti e, per l’appunto, Rom – riceve un pranzo caldo per pochi soldi.
Chi non può permetterselo, aiuta a cucinare, prepara le verdure o lava i piatti. Caffè, tè e pane vengono serviti gratuitamente.
Quando i primi Rom hanno cominciato a frequentare la nostra istituzione, eravamo tutti molto preoccupati, confessa la signora Steiner. “Ciascuno di noi aveva un’immagine non particolarmente gradevole di queste persone.” Reazioni di rifiuto sono giunte sia dagli ospiti che da alcuni membri del gruppo di volontari.
Primi contatti difficili
All’inizio, il problema più grande è stato la lingua. “Non riuscivamo a comunicare per cui non potevamo nemmeno spiegare loro le regole della casa”, ricorda Lisette Steiner.
“I Rom credevano che La Prairie potesse dare loro di tutto e di più, ciò che non era assolutamente il caso”, prosegue. “Certo, se una persona giunge da noi bagnata fradicia o gelata dal freddo, cerchiamo sempre di darle un paio di vecchie scarpe e qualche indumento usato da indossare.” Ma non sempre la casa ha vestiti da regalare.
“Eppure, basta dare loro un dito, che già chiedono il braccio, perché non vogliono tornare a mani vuote dai bambini e familiari che li attendono a casa”, aggiunge la cantante lirica e da concerto diplomata.
Insomma, le aspettative dei Rom erano notevoli e, come se non bastasse, giungevano a La Prairie in gruppi numerosi: “A volte si presentavano interi clan familiari per un totale di dieci, venti persone.”
Di fronte a questa ‘invasione’, gli altri ospiti della casa si ponevano sempre più in disparte. “Alcuni scaricavano sui Rom tutte le loro frustrazioni e, malgrado questi ultimi non avessero mai torto loro un capello, si esprimevano in toni estremamente negativi su di essi”, afferma la signora Steiner.
Nessun trattamento speciale per nessuno
Le regole della casa, inclusi gli orari fissi per i pasti, valgono per tutti. “Dieci minuti di ritardo sono ammessi, dopodiché si ha diritto unicamente a pane e caffè”, spiega la volontaria. All’inizio, i Rom se ne infischiavano di questa regola.
E lei, pur sentendosi terribilmente in colpa, a volte ha servito loro da mangiare anche quando si presentavano fuori tempo massimo.
”Agli altri ospiti, questa eccezione non è andata giù. Alcuni, in particolare, hanno cercato di sfruttare questa défaillance per trarre un proprio tornaconto.”
La Prairie, tuttavia, non è l’unica istituzione sociale ad aver incontrato difficoltà nei rapporti con i Rom o per causa loro. Alcune hanno addirittura vagliato l’ipotesi di cessare l’attività. “Da parte nostra, volevamo essere una casa aperta a tutti, proprio come recita il nostro motto. Ma la situazione era diventata insostenibile.”
Tre anni fa, abbiamo quindi deciso di muoverci e, con l’aiuto di altre istituzioni, abbiamo organizzato un convegno per discutere e informare sulla questione dei Rom. Da allora, le tensioni si sono allentate e i rapporti sono migliorati.
I ‘nostri’ Rom sono musicisti e non criminali
Nella maggior parte dei casi, i Rom che frequentano La Prairie provengono dalla Slovacchia, raramente dall’Ungheria o dalla Romania. “I ‘nostri’ Rom sono perlopiù musicisti”, sottolinea la signora Steiner. “Si esibiscono per strada per guadagnare qualche soldo e, dopo un breve soggiorno, rientrano nel loro Paese.”
Del resto, non è compito dei volontari fare il terzo grado agli ospiti della casa, siano essi Rom o quant’altro.
Pur essendo perfettamente al corrente della presenza nel nostro Paese di bande di Rom dedite ad attività criminali e all’accattonaggio, Lisette Steiner esclude che persone di questa risma frequentino l’istituzione dove presta volontariato.
“I nostri ospiti si spostano con la famiglia al seguito. Spesso si tratta di gruppi in cui coesistono tre generazioni che si aiutano reciprocamente.” Le bande organizzate non possiedono una struttura familiare.
Certo, nemmeno l’assetto ‘familiare’ è immune da pecche, basti pensare ai bambini mandati in strada a suonare o a raccogliere soldi. “Per i Rom è normale che i bambini contribuiscano al sostentamento della famiglia. Ma in Svizzera questa pratica è considerata lavoro minorile”, precisa Lisette Steiner.
Meno lavoro e più formazione per i bambini rom
“Fino a due, tre anni fa, l’abitudine di portarsi seco i bambini era ancora molto diffusa, mentre oggi è pressoché scomparsa”. Gli stessi Rom stanno cambiando il proprio atteggiamento in merito. “Naturalmente, non va dimenticato che sono stati vittima di numerosi pogrom dai quali i loro principi morali – peraltro molto elevati – non potevano che uscirne alterati”, aggiunge la volontaria.
“Ciò nonostante – Lisette Steiner ne è convinta – anche i Rom devono essere parte attiva di alcuni cambiamenti”. Tra le giovani generazioni, la scelta di avere meno figli rispetto ai propri genitori è già un segnale in questa direzione.
“Pian piano, i Rom si sono resi conto dell’importanza che riveste la formazione. In passato, gli anziani non avevano dubbi sul fatto che nessuno potesse essere più intelligente del capo-clan”, afferma la volontaria-cantante. Pertanto, non vi era motivo di consentire ai nipoti di studiare.
Oggi le cose stanno diversamente: “Una volta, a La Prairie, vedendo il proprio bambino intento a scrivere, i genitori rom hanno elogiato orgogliosi le capacità del piccolo. Episodi del genere indicano che un cambiamento è già in atto, ma la strada da percorrere è ancora molto lunga”.
Sandra Grizelj, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento di Sandra Verzasconi Catalano)
Il nome Rom, Rroma [rom (maschile), rromni (femminile)] è il termine generico per indicare i gruppi etnicamente affini che, a partire dal XIV secolo, lasciarono in più ondate l’India e raggiunsero l’Africa del Nord e l’Europa passando dall’Asia anteriore.
Oggi, i Rom costituiscono una minoranza etnico-culturale presente in tutti i continenti. La stragrande maggioranza di loro vive in Europa, segnatamente nei Paesi del Sud-Est europeo e in alcuni Stati dell’Europa centrale come pure in Spagna e Francia.
Nel 1971, il primo congresso mondiale del movimento internazionale per i diritti dei Rom ha adottato ufficialmente la denominazione “Rom” come termine comprensivo di tutti i sottogruppi.
La loro lingua comune, il romani/romanes, è composta di numerosi dialetti.
Presenti in Europa da quasi settecento anni, i Rom sono oggetto di discriminazioni e persecuzioni sin dall’inizio del XVI secolo. Durante il nazionalsocialismo, a centinaia di migliaia sono periti in un genocidio analogo a quello perpetrato contro gli ebrei europei.
Le persecuzioni dei Rom continuano ancora oggi, ad esempio, da vent’anni a questa parte, in alcuni Paesi del Sud-Est europeo.
Oggigiorno, in Europa, i Rom sono spesso nel mirino di politici della destra populista.
Dal marzo del 2009, nella Città di Berna è in corso l’iniziativa “Agora” volta a contrastare l’accattonaggio organizzato. Il fenomeno è tenuto sotto stretta osservazione dalla Polizia degli stranieri.
Secondo Alexander Ott, capo della Polizia degli stranieri della Città di Berna, nella capitale sono presenti anche bande organizzate di Rom che praticano l’accattonaggio in modo particolarmente sfrontato, avvalendosi deliberatamente di bambini e invalidi.
La Polizia degli stranieri esorta pertanto la popolazione a non assecondare più le richieste dei mendicanti per non alimentare una rete di attività criminali.
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