«Il passaporto non dovrebbe specificare il sesso di una persona»
Uomo o donna? Milusch non vuole scegliere e preferisce definirsi non-binario. Per lo/la zurighese, la decisione della Germania di riconoscere per legge il «terzo sesso» non è sufficiente: si dovrebbe piuttosto eliminare dal documento d’identità il riferimento al sesso di una persona. Per liberarsi dalle categorizzazioni Milusch ha modificato il suo nome e il suo aspetto.
Milusch Pati non è né uomo né donna; né un lui, né una lei. La sua lotta inizia dal linguaggio: «Non voglio essere definito/a con un “il” o un “la”». Se l’inglese si è adattato, permettendo l’uso del pronome neutro «they» (loro), l’italiano non ha alternative, come molte altre lingue. In questo modo si misura la portata degli sconvolgimenti sociali legati al riconoscimento dell’esistenza di un terzo genere. Una piccola rivoluzione che in Europa potrebbe essere attuata per prima dalla Germania.
«Terzo sesso» in Germania
Nel novembre 2017 la Corte suprema tedesca ha chiesto la legalizzazione di un «terzo sesso» sui certificati di nascita. La Germania sarebbe quindi il primo paese in Europa a riconoscerlo ufficialmente.
La Corte costituzionale ha dato tempo alla Camera dei deputati fino alla fine 2018 per votare la legalizzazione di un «terzo sesso» sui registri delle nascite, accanto alle parole «maschio» e «femmina». La corte con sede a Karlsruhe invita i deputati a includere nei documenti in questione riferimenti quali «inter», «varia», o qualsiasi altra «definizione positiva del sesso». In Germania, dal maggio 2013 c’è la possibilità di non dare informazioni relative al proprio sesso lasciando vuoto il campo.
Australia e Nepal hanno già riconosciuto un terzo sesso o genere, noto anche come sesso neutro o intersessuale, né maschio, né femmina. In maggio la Francia ha rifiutato la menzione «sesso neutro», respingendo la domanda di una persona nata senza pene né vagina.
Fonte: ATS
Milusch, 28 anni, potrebbe trascorrere giornate intere a spiegare perché non vuole essere chiamato/a Signora o Signore: al ristorante, nei negozi, all’ufficio postale. Missione impossibile! Il suo desiderio di sfuggire alla binarietà di genere richiede tempo e deriva da un lungo processo di riflessione. «Inizialmente ho notato che non mi piaceva essere descritta come una donna. Tuttavia non mi sono nemmeno mai sentita completamente uomo». Le domande si moltiplicano ancora di più quando uno dei suoi amici transgender comincia un processo di transizione. «Era una cosa che mi affascinava, ma non riuscivo a capirne il motivo».
All’inizio del 2017, Milusch parte alla ricerca della sua identità. «Mi sono rivolto/a a una terapista specializzata in questioni di genere. In seguito ho cercato di fare alcuni cambiamenti e vedere in che modo influenzavano il mio stato d’animo». Il/la chimico/a di Zurigo decide quindi di cambiare il suo nome in Milusch, che considera più neutro rispetto a quello scelto dai genitori.
«Non voglio assumere del testosterone»
Dopo aver optato per un taglio di capelli più corto, percepisce un senso di coerenza; il suo aspetto finalmente corrisponde maggiormente al suo stato d’animo. La metamorfosi si limita a questo, almeno per il momento. «Alcune persone non-binarie intraprendono altri passi, come ad esempio una mastectomia, o decidono di sottoporsi a un trattamento ormonale. Personalmente non ho intenzione di assumere del testosterone, perché non sarei soddisfatto/a di tutti gli effetti che potrebbe avere».
Seduto/a in una caffetteria alla moda nel cuore di Zurigo, Milusch parla con una voce un po’ roca. «Ho una leggera influenza. La mia voce è quindi più bassa, cosa che apprezzo». La sua identità si costruisce all’incrocio dei codici di mascolinità e femminilità: una sottile commistione delle caratteristiche dei due generi.
Parte dell’entourage di Milusch si è abituata al suo nuovo nome. «I miei amici hanno capito senza problemi. Una sola persona non ha voluto accettarlo e ho tagliato i ponti con lei. Alcuni miei parenti tuttavia non sono ancora al corrente». Due anni fa Milusch aveva già fatto coming out dichiarandosi pansessuale*, una rivelazione accolta positivamente dai suoi cari. Tuttavia, la spiegazione si rivela più complessa quando non si vuole essere né uomo né donna. «È molto difficile perché molte persone non sanno cosa significhi, mentre l’omosessualità o le problematiche transgender risultano più familiari».
L’argomento è altrettanto marginale anche all’interno della comunità Lgbtiq. «Alla gay pride si parla molto di uomini omosessuali, poco di lesbiche, e solo a volte delle persone transgender. È così che funziona la nostra società patriarcale: gli uomini hanno sempre maggior visibilità, in tutti gli ambiti».
Bagni pubblici neutri come a casa
Carta d’identità, formulari amministrativi, reti sociali, siti di incontri; dappertutto viene chiesto di selezionare la casella uomo o donna. «Anche se voglio comprare dei vestiti online devo specificare il mio genere. È penalizzante e non capisco perché sia così importante», si lamenta Milusch.
La Germania ha dunque compiuto un passo nella giusta direzione aprendo la porta a un «terzo sesso»? Sì, risponde Milusch, «ma credo che in seguito dovremo prendere le distanze da queste categorie e non precisare più il genere di una persona sul passaporto. È un’indicazione che non ha nessun valore aggiunto: trovo che il colore degli occhi sia un modo migliore di identificare una persona rispetto al suo genere».
La difficoltà di dissociarsi dalle categorie influisce anche nella ricerca di un partner. Molte applicazioni di incontri offrono solo due opzioni: maschio o femmina. «Su Tinder ad esempio sono costretto/a a spiegare il mio caso nella mia biografia e ho l’impressione che molte persone non capiscano».
Quando non ci si considera né uomo, né donna, quali bagni pubblici si usano? «Se sono solo/a utilizzo quelli delle donne. A volte se sono con un amico vado in quello degli uomini, ma non mi sento molto a mio agio, perché spesso bisogna passare davanti agli orinatoi, situati all’entrata dei WC», racconta Milusch. La sua idea: installare servizi igienici neutri ovunque. «Nelle nostre case è già così. Sarebbe più logico avere semplicemente una separazione tra orinatoi e cabine».
Milusch è determinato/a a far cambiare le cose, in particolare grazie al suo coinvolgimento nella Gioventù socialista svizzera. «È importante portare questi temi sulla scena politica. Tra le altre cose voglio battermi per il matrimonio per tutti: un diritto di cui potrebbero beneficiare anche le persone non-binarie». Tuttavia, il riconoscimento di un’alternativa tra «lui» e «lei» sembra ben lungi dall’essere all’ordine del giorno dell’agenda politica svizzera.
Come è possibile dare risonanza a una causa quando anche le parole per esprimerla non esistono? «Non c’è sempre una parola per definire le cose, ma ciò non significa che queste cose non esistano», conclude Milusch.
*pansessuale: caratterizza gli individui potenzialmente attratti sessualmente o emotivamente da altri individui di qualsiasi sesso o genere.
Uomo o donna? In Svizzera bisogna scegliere
In Svizzera un sesso maschile o femminile deve essere registrato al momento della nascita, ma in futuro dovrebbe essere più facile cambiarlo. I genitori hanno tre giorni di tempo per definire il sesso del neonato presso l’ufficio di stato civile. Secondo l’Accademia svizzera di scienze mediche si tratta di una scadenza troppo breve. Nel dicembre 2016 aveva chiesto che il termine fosse prorogato a 30 giorni.
Il certificato di nascita rimane comunque giuridicamente modificabile. Ma questa procedura è complicata. Le persone interessate devono chiedere il riconoscimento legale del diritto di modificare le diciture relative al proprio sesso o nome. L’Ufficio federale di giustizia sta attualmente esaminando come semplificarlo. Un testo dovrebbe essere sottoposto a consultazione l’anno prossimo. Alla fine di ottobre, il Dipartimento federale di giustizia e polizia ha comunicato che sarebbe stato possibile consentire alle persone nate intersessuali di chiedere all’ufficio di stato civile di correggere tali dati mediante una semplice dichiarazione.
Fonte: ATS
Traduzione dal francese di Barbara Buracchio
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