“Tante cose che non si potranno mai più recuperare”
La legge in Svizzera non prevede alcun congedo paternità. Il popolo dovrà decidere se istituirlo. Ma cosa significa concretamente per i papà un congedo per occuparsi dei figli? Davide e Arianna lo sanno. Abbiamo chiesto loro di raccontarcelo.
“Sarebbe un primo passo che potrebbe cambiare tutto l’assetto sociale”, dice Davide Dosi, riferendosi all’iniziativa popolare “Per un congedo paternità ragionevoleCollegamento esterno“, mentre siamo con lui e la moglie Arianna in casa loro a Chiasso, un comune di poco più di ottomila abitanti al confine con l’Italia.
Se i due accademici sono fermi sostenitori dell’iniziativa, di certo non è per trarne vantaggi personali. Infatti, anche nel caso in cui fosse accettata in votazione popolare, Davide Dosi non potrebbe più beneficiarne, perché le sue due figlie sono ormai cresciute: in dicembre Anna compirà 11 anni ed Elena 7.
“Una ricchezza che nessuno mi potrà mai togliere”
È invece per conoscenza di causa che la coppia è fautrice del congedo paternità pagato. Perché Davide Dosi lo ha preso, pagandolo di tasca propria, dopo la nascita di entrambe le figlie. Tutte e due le volte, al termine del congedo maternità di quattro mesi di Arianna, Davide ha ridotto il tempo di lavoro del 20% per sei mesi. Un’esperienza di cui parla con entusiasmo ed emozione.
“Rimanendo a casa, io ho potuto vedere le mie figlie crescere. Questa è una ricchezza che nessuno mi potrà mai togliere”, sottolinea Davide, spiegandoci come questo abbia consentito a lui e alle figlie di conoscersi meglio. “Poi ci sono tante cose che se non si ha la possibilità di vivere in quel momento, non si potranno mai più recuperare, saranno perse per sempre”, prosegue Davide, con lo sguardo e il tono di voce che rivelano ancor più delle parole la gioia e l’emozione che prova rivivendo mentalmente quei momenti. E dall’espressione del volto di Arianna si percepisce chiaramente che sta condividendo gli stessi sentimenti.
Tra le difficoltà, imparare a mettersi in discussione
Naturalmente non ci sono esclusivamente momenti di piacere per i papà. Ma anche le difficoltà, secondo Davide Dosi, aiutano a crescere. “Così ci si rende cosa significa veramente stare a casa da soli un giorno con i figli. È un’esperienza molto formativa”. Una formazione che contribuisce alla comprensione reciproca, non soltanto tra padre e figli, ma anche tra marito e moglie.
La condivisione dei ruoli può però anche provocare delle frizioni, poiché si è in due a stabilire le regole, avverte Davide, non nascondendo che anche lui e Arianna talvolta hanno avuto divergenze. “Bisogna dunque essere pronti a discutere, a non dare per scontato che le cose funzionano così perché ce n’è uno che stabilisce la regola”.
Ed è così che si possono imparare tante cose, aggiunge Arianna. “Quel che ho notato è che Davide affrontava determinate situazioni in un altro modo. Quindi può essere uno spunto per prendere esempio l’uno dall’altra”.
Una situazione privilegiata
La coppia non ha dubbi: se dovesse tornare indietro, sceglierebbe nuovamente il congedo paternità. Anche se per quel periodo ciò ha comportato la rinuncia a una buona fetta di stipendio. “Questo però non lo abbiamo mai sentito come un peso o un sacrificio. L’esperienza che ho condiviso con mio marito e le mie figlie è impagabile”, afferma con slancio Arianna.
Responsabile del servizio relazioni internazionali e mobilità dell’Università della Svizzera italiana, Arianna puntualizza tuttavia che lei e Davide, storico e bibliotecario, hanno potuto ridurre il tempo di lavoro perché erano “in una situazione privilegiata: i nostri stipendi ci permettevano di fare questa scelta e i nostri datori di lavoro sono stati comprensivi”.
La parità di diritti per i papà
Se si introducesse il congedo paternità pagato di quattro settimane entro un anno dalla nascita di ogni figlio, come previsto dall’iniziativa, invece, non dipenderebbe più dalle condizioni finanziarie delle famiglie e dal buon volere del datore di lavoro: il congedo diventerebbe un diritto per ogni papà.
“È questo l’elemento più importante dell’istituzione del congedo: la paternità verrebbe finalmente riconosciuta come un diritto. Esattamente come ogni mamma, ogni papà avrebbe il diritto di occuparsi dei propri figli. Sarebbe nettamente diverso rispetto alla scelta del singolo. Sarebbe un cambiamento sociale enorme”, sottolinea Davide.
Il successo riscontrato nella raccolta delle firme per l’iniziativa e i risultati di un sondaggio nel quale più dell’80% degli intervistati si è detto favorevole a un congedo paternità sembrerebbero indicare che i tempi sono maturi per questo cambiamento.
Il dibattito democratico stimola una riflessione
Davide Dosi resta però con i piedi per terra. “Qualcosa si sta muovendo, ma molto lentamente. Trovo che l’uomo debba fare un cambiamento radicale di mentalità”, osserva il padre di famiglia.
D’altra parte, secondo Arianna, le donne non dovrebbero dare per scontato che il marito non sia in grado di svolgere i compiti familiari e non sia interessato a condividerli. “Se lo si chiede, magari il marito è ben disposto. Ma bisogna dirlo, perché non si può pretendere che l’altro entri nella nostra testa”.
L’iniziativa
Nel parlamento svizzero sono falliti più di trenta interventi per all’introduzione di un congedo paternità o un congedo parentale.
Di fronte alla bocciatura di stretta misura alla Camera del popolo di un’iniziativa parlamentare, nel maggio 2016 quattro organizzazioni, tra cui la federazione sindacale cristiano-sociale Travail.SuisseCollegamento esterno, hanno lanciato l’iniziativa popolare “Per un congedo di paternità ragionevole – a favore di tutta la famiglia”.
Il testo prevede l’istituzione del diritto a un congedo di paternità remunerato di almeno quattro settimane. I papà durante il congedo riceverebbero le indennità di perdita di guadagno. I 20 giorni di congedo sarebbero modulabili e andrebbero presi al più tardi entro 12 mesi dalla nascita di ogni figlio.
Le firme sono state raccolte a tambur battente. Ne sono state riunite più di 107mila – di cui circa 30mila tramite la piattaforma online WeCollectCollegamento esterno – in dodici mesi. Il governo svizzero ha annunciatoCollegamento esterno il 18 ottobre che raccomanderà al parlamento di respingerla.
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