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Invertire il miracolo e trasformare il vino in acqua

Reuters

Fondamento della vita e causa di conflitti sanguinari. L'acqua, celebrata nella Giornata mondiale dell'ONU del 22 marzo, è l'elemento principale attorno al quale si disegnerà il futuro dell'umanità. L'accesso all'acqua potabile non rientra tuttavia tra i diritti umani sanciti dalla Dichiarazione universale.

«Le guerre del XXI secolo non saranno condotte in nome del petrolio, ma dell’acqua». Oltre vent’anni dopo le parole pronunciate nel 1986 dall’allora ministro egiziano degli esteri, e in seguito Segretario generale dell’ONU, Boutros Boutros Ghali, la profezia sembra si sia avverata.

L’acqua, sempre più rara e dunque contesa, ha segnato il destino di milioni di persone. Negli ultimi anni, annota Bruno Riesen della sezione svizzera di Amnesty International, «l’acqua ha giocato un ruolo di primo piano in almeno 37 guerre nel mondo».

Una situazione destinata a peggiorare. Come evidenziato dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), nei paesi in via di sviluppo la concorrenza attorno all’acqua si sta acuendo con rapidità allarmante. E oggi sono oltre 80 gli Stati confrontati a penurie idriche.

«In questo periodo di crisi si concedono miliardi a banche e industrie, dimenticando i poveri», deplora Riesen, intervenuto assieme ad un centinaio di specialisti ad un simposio su Acqua e conflitti organizzato a Berna dalla comunità di lavoro Alliance Sud.

13 litri in un pomodoro

La gestione e la ripartizione delle risorse idriche è problematica. A voler accedere alla fonte sono in tanti; a volerla condividere con altri, decisamente in pochi, soprattutto nell’era del riscaldamento globale.

E così nascono i conflitti: allevatori di bestiame contro agricoltori, sedentari contro nomadi, comunità locali contro grandi multinazionali, popolazione contro governo, ricchi contro poveri.

Conflitti spesso definiti “scontri etnici”, quando in realtà si lotta per l’acqua, per la vita. «L’acqua è sicuramente tra le ragioni principali della guerra arabo-israeliana del 1967. Con l’occupazione, Israele ha assunto il controllo del fiume Giordano e della falda freatica», rileva Fadia Daibes Murad, idrologa e responsabile del programma DanCurchAid in Medio Oriente.

Oltre alla crescita demografica e al cambiamento climatico, la ripartizione delle risorse è resa ancor più complicata dal crescente fabbisogno idrico da parte di agricoltura, industria e turismo. Con una quota del 70-80%, l’agricoltura è il settore che nel mondo utilizza più acqua.

Per Rosmarie Bär, responsabile della politica di sviluppo presso Alliance Sud, se si cercano soluzioni alla crisi dell’acqua è necessario tener conto anche delle ripercussioni del consumo e dello stile di vita occidentale – Svizzera inclusa – sul bilancio idrico dei paesi più poveri.

«Ogni cittadino svizzero utilizza 160 litri di acqua al giorno, per la cucina, la lavatrice, l’igiene personale e gli impianti sanitari. Considerata anche l’acqua “importata” con gli alimenti o i vestiti si arriva a 4’000 litri!», afferma l’ex deputata nel Parlamento elvetico.

«In un pomodoro dal Marocco che troviamo nei negozi ci sono virtualmente 13 litri di acqua; in una T-shirt in cotone 20’000», aggiunge.

Mandato senza diritto

Fervente sostenitrice di una convenzione internazionale sull’acqua, Alliance Sud si batte da anni per la protezione dell’acqua in quanto «elemento naturale alla base della vita» e per includere l’accesso all’acqua potabile tra i diritti fondamentali dell’uomo.

«Il Comitato per i diritti economici, sociali e culturali dell’ONU ha riconosciuto nel 2002 il diritto all’acqua», afferma Catarina de Albuquerque, esperta indipendente del Consiglio per i diritti umani per le questioni legate all’accesso all’acqua potabile.

«Questo diritto non è tuttavia esplicitamente menzionato nella Dichiarazione universale dei diritti umani», deplora de Albuquerque. Soltanto una manciata di paesi, tra cui Sud Africa, Uruguay e Bolivia, hanno iscritto tale diritto nella loro Costituzione.

Le resistenze internazionali e la complessa realtà politica che accompagnano il tema acqua sono emerse anche in occasione della definizione del mandato dell’esperta indipendente dell’ONU. «La risoluzione che ha definito il mio mandato non menziona nemmeno una volta il diritto all’acqua; mi posso occupare esclusivamente dell’acqua potabile e devo tralasciare le risorse idriche destinate ad altri utilizzi».

Miracolo all’inverso

L’avvocatessa portoghese non è poi abilitata ad occuparsi di questioni transfrontaliere. Assurdo, verrebbe da dire. Nel mondo ci sono infatti oltre 260 fiumi e specchi d’acqua che si estendono su più territori. E dove la scarsità di acqua si scontra con gli interessi divergenti di più nazioni, la conflittualità sale alle stelle.

Lo evidenziano i controversi progetti di dighe e centrali sul Tigri e l’Eufrate (che coinvolgono Turchia, Siria e Iraq), i progetti sul Mekong (Cina, Vietnam, Laos e Thailandia) oppure lo sfruttamento delle acque del Giordano (Siria, Israele e popolo palestinese).

«L’acqua deve primeggiare sugli aspetti politici», auspica Rosmarie Bär di Alliance Sud. «Alla base di una politica dell’acqua sostenibile ci deve essere la protezione a lungo termine delle fonti idriche, dei corsi d’acqua e della falda freatica».

Un’intesa è possibile, conclude Fadia Daibes Murad. «C’è bisogno di una visione comune, che preveda benefici per tutte le parti in causa. A livello di organizzazioni non governative questo approccio è una realtà: ora la visione va portata a livelli più alti, dapprima istituzionali, poi nazionali».

In alternativa, non resta che sperare che si ripeta, all’inverso, il miracolo di Gesù, come auspicato dal sindaco della città biblica di Kana: «Se Gesù dovesse oggi ritornare a Kana, lo pregheremmo di trasformare il vino in acqua».

swissinfo, Luigi Jorio

1,2 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile.
Il numero potrebbe salire a 2,5 miliardi entro il 2025 (Nazioni Unite).
Ogni giorno 4’000 bambini sotto i cinque anni muoiono a causa dell’acqua non potabile.
Nel mondo l’agricoltura è responsabile del 70-80% del consumo di acqua (Europa: 35%; Svizzera: 12%).
La metà di quest’acqua è persa a causa dell’inefficienza dei sistemi di irrigazione.

Considerata il “castello d’acqua d’Europa“, la Svizzera non è certo confrontata a una penuria idrica permanente, sebbene non siano mancati periodi di siccità.

Gli interessi legati all’acqua (ecologia, conservazione del paesaggio, produzione di elettricità e turismo) sono molteplici e spesso divergenti.

Durante l’estate “torrida” del 2003, la scarsità delle precipitazioni ha accentuato il conflitto di interessi tra la protezione dei corsi d’acqua e il prelievo idrico per irrigare i campi.

In Svizzera l’acqua interessa pure i produttori di elettricità: il 55% dell’elettricità è in effetti fornito da centrali idroelettriche.

Entro il 2030, l’Ufficio federale dell’energia prevede un calo dell’acqua disponibile del 7%. Nei prossimi 20 anni la produzione di energia elettrica dovrebbe ad ogni modo aumentare, pure del 7%, grazie alla costruzione e al risanamento delle centrali.

In caso di scioglimento completo dei ghiacciai, come preannunciano i climatologi, la Svizzera potrebbe essere confrontata a problemi di approvvigionamento durante l’estate e ritrovarsi con fiumi molto bassi.

Nel mondo, la Direzione per lo sviluppo e la cooperazione consacra ogni anno 60 milioni di franchi per progetti legati all’acqua.

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