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John Sutter, lo svizzero che fondò la capitale della California

Dipinto di uomo con baffi e cappello
Ritratto di John Sutter nel 1866. RSI

Prima di chiamarsi Sacramento, l'attuale capitale della California portava il nome di Fort Sutter, poi ribattezzata nel 1840 come Nueva Helvetia dal suo fondatore: un emigrato elvetico, la cui figura è certamente controversa.  

In effetti, furono migliaia gli svizzeri che nel XIX secolo partirono verso gli Stati Uniti d’America per trovare fortuna, fondando nuove comunità che, almeno nei nomi, portarono porzioni della Confederazione elvetica fuori dai suoi confini. Nel 1803, ad esempio, venne fondata Nouvelle Vevay (oggi New Vevay) nell’Indiana, oppure New Switzerland nell’Illinois, nel 1831, ma anche New Glarus nel Wisconsin nel 1845.

Allo stesso modo, la California fu una destinazione decisamente privilegiata dagli svizzeri che lasciavano la patria e in particolare dai ticinesi, con una stima attorno ai 27’000 emigrati, tra fine Ottocento e inizio Novecento, che raggiunsero il cosiddetto “Golden State” (lo Stato dell’oro) per lavorare come mungitori di mucche o come rancieri, sovente nelle proprietà appartenenti ad altri connazionali che li precedettero, per poi diventare a loro volta dei proprietari terrieri; oltre ai giacimenti auriferi, particolarmente allettante fu anche la legislazione liberale della California grazie all’Homestead Act: la legge del podere del 1862 che semplificava l’acquisizione di terreni.

Stemma
Stemma della contea di Sutter in California. RSI

Gli insediamenti maggiori si verificarono nella regione di San Francisco, lungo le catene costiere e nelle valli centrali; il clima mite di queste zone, infatti, favorì l’insediamento di vignaioli di valle. Dai ranch acquistati dai pionieri -si stima che i ticinesi furono proprietari di circa milleottocento chilometri quadrati di terreno, corrispondenti a due terzi della superficie del Canton Ticino- furono inviati in patria generosi capitali che aiutarono il sostentamento famigliare; alcuni emigranti fecero poi ritorno a casa, mentre altri vennero raggiunti da mogli e figli, creando nuove generazioni di svizzero-americani.

Per quanto riguarda propriamente la proficua corsa all’oro californiana, il pioniere fu appunto lo svizzero-tedesco John SutterCollegamento esterno nel 1849, dal quale prese poi il nome l’odierna contea californiana Sutter CountyCollegamento esterno, che sorge lungo il fiume Sacramento nella Sacramento Valley e che nel 2020 contava una popolazione di quasi 100’000 abitanti. La contea ospita le Sutter Buttes, conosciute come la “catena montuosa più piccola del mondo”: una formazione vulcanica che addolcisce l’altrimenti apparentemente piatta Valle di Sacramento.

Fuga dalla Svizzera

La figura di John Sutter è in realtà oggi alquanto dibattuta. Attinente di Rünenberg (Basilea Campagna), nacque però in Germania il 23 febbraio del 1803, a Kandern che all’epoca era margraviato di Baden; il nome di battesimo era Johann August Suter, conosciuto successivamente come pioniere, avventuriero, politico, ma anche capitano d’artiglieria nell’esercito svizzero, poi proprietario terriero ed “eroe” della frontiera americana. Frequentò le scuole a Kandern e Saint-Blaise, compì un apprendistato nella tipografia e casa editrice Thurneysen a Basilea, seguendo probabilmente in parte le orme del padre basilese Johann Jakob Suter, caposquadra della cartiera Heusler. Lavorò poi come impiegato in un commercio di tessuti ad Aarburg e a Burgdorf, per poi entrare a far parte della milizia bernese quale sottotenente.

Nel 1826 si sposò con Anna Dübeld, figlia di un commerciante benestante, e insieme diedero alla luce cinque figli; famiglia che Sutter abbandonò nel maggio del 1834 dopo che la sua attività fallì e, per sfuggire ai creditori, decise di scappare negli Stati Uniti, presentandosi con il nome di Captain John Augustus Sutter. Nel Missouri, dal 1834 al 1838, cercò invano di affermarsi come uomo d’affari ricorrendo, senza troppi scrupoli, anche ad attività illegali quali il commercio di cavalli lungo la frontiera occidentale americana. A causa dei debiti accumulati, rispettivamente di una conseguente udienza fissata davanti alla Corte d’appello di Jackson County, nel 1838 si diede di nuovo alla macchia: seguendo la pista dell’Oregon, Sutter giunse a Fort Vancouver (Portland, Oregon) e, dopo tappe alle Hawaii e in Alaska, nel 1839 giunse nella baia di San Francisco in California, che all’epoca era sottoposta alla potenza coloniale del Messico, ma già nelle mire dei primi coloni statunitensi.

Qui, dal governatore messicano Juan Batista Alvarado, ottenne l’autorizzazione a insediarsi nella valle di Sacramento e la concessione, in due tranche 1839 e 1840, di circa duecento chilometri quadrati di terra. Alvarado lo nominò inoltre rappresentante governativo e delegato alla giustizia del fronte settentrionale, affinché mettesse fine al furto di cavalli praticato su vasta scala da gruppi di saccheggiatori bianchi e da nativi americani che avevano subito la confisca delle loro terre.

Corsa all’oro

John Sutter sui suoi possedimenti eresse poi un forte autocelebrativo che divenne il simbolo del centro economico del primo insediamento coloniale europeo permanente nella Central Valley della California. Un edificio a due piani edificato tra il 1841 e il 1843, che oggi si traduce nell’unica struttura originale sopravvissuta del Sutter’s Fort State Historic ParkCollegamento esterno, costituito da 280 unità di parco, oltre 340 miglia di costa, 970 miglia di laghi e fiumi, 15’000 campeggi, 5’200 miglia di sentieri, nonché 3’195 edifici storici e più di 11’000 siti archeologici preistorici e storici.

Dipinto
Dipinto di Fort Sutter. RSI

Fu proprio in questo luogo che il 28 gennaio 1848 il falegname James MarshallCollegamento esterno incontrò privatamente Sutter per mostrargli l’oro che aveva trovato durante la costruzione della sua segheria lungo l’American River solo quattro giorni prima. Questa notizia fece quindi abbandonare il forte (e la colonia) dal suo proprietario, che si diresse verso Sutter’s Mill, anch’esso di sua proprietà, lasciando che l’edificio cadesse in rovina.

Nel 1891, l’associazione Native Sons of the Golden West -la cui missione ancora oggi è quella di salvaguardare i punti di riferimento dei giorni pionieristici della California- acquistò e riabilitò Sutter’s Fort quando la città di Sacramento decise di demolirlo; i lavori di riparazione furono completati nel 1893 e il forte fu poi donato dall’Associazione allo Stato della California perché lo annoverasse tra i suoi beni storici e, mezzo secolo più tardi, nel 1947, il forte venne infine trasferito all’autorità dei California State Parks.

Foto di uomo baffuto
Dagherrotipo di John Sutter nel 1850. RSI

Sutter lo schiavista

Per quanto attiene ancora a John Sutter, quando fondò la colonia Nueva Helvetia, egli credeva di trarre il proprio reddito dalla coltivazione di grano, dall’allevamento, dalla produzione di acquavite e dall’artigianato. Obiettivi notevoli che però furono presto confrontati con i debiti dovuti ai prestiti concessi dai ricchi ranchero che dovevano essere ripagati, in più Sutter necessitava della manodopera sufficiente per la gestione della colonia; per farlo partecipò alla riduzione in schiavitù dei popoli nativi della regione, nonché alla tratta di esseri umani.

Creò dunque una milizia di circa 200 uomini composta principalmente da soldati indigeni e prelevò abitanti dei villaggi vicini. Ai suoi creditori destinò invece soprattutto le donne e i bambini, mentre le restanti donne e gli uomini rapiti furono sottomessi a un complesso sistema di sfruttamento che andava da rapporti contrattuali fino ai lavori forzati; perdipiù, stando agli appunti del suo supervisore Heinrich Lienhard, Sutter abusò anche sessualmente delle donne indigene a lui sottoposte. Tutte violenze che rimasero tristemente impunite, nonostante la brutalità della sottomissione della popolazione nativa violasse una clausola del contratto di concessione delle terre del 1840, che prescriveva il trattamento rispettoso degli abitanti.

Tra il 1846 e il 1848, durante la guerra che vedeva opporsi Stati Uniti e Messico, il corpo di spedizione americano di John Fremont prese possesso del forte e obbligò Sutter a cooperare; fu nominato tenente dei volontari, incaricato dagli Stati Uniti di garantire l’ordine nelle sue terre. In effetti la California già nel 1847 era in buona parte controllata dagli Americani, cosicché regnava una grande instabilità istituzionale. Inoltre, nel 1848 alcuni collaboratori di Sutter scoprirono appunto pepite d’oro sulle sue terre, e questi ritrovamenti diedero il via alla celebre corsa all’oro provocando l’arrivo in massa di cercatori provenienti da tutti gli Stati Uniti, che occuparono molte delle proprietà di Sutter, in quel momento fortemente indebitato. Il valore delle terre residue della sua colonia aumentò dunque di conseguenza e, nell’ottobre 1848, Sutter decise di trasferire Nueva Helvetia a suo figlio: John A. SutterCollegamento esterno, il quale in prossimità del forte progettò la città di Sacramento, parcellizzò il terreno e con il ricavato estinse i debiti del padre.

John Sutter padre, nel frattempo, si dedicò all’agricoltura e in particolare alla viticoltura nella sua azienda di Hock Farm, situata a una sessantina di chilometri più a nord, lungo le rive del Feather River: insediamento agricolo su larga scala composto da grano, bestiame, frutteti e vigneti, che poi appunto fu presto chiamata Sutter County. Tuttavia, Sutter negli anni perse la maggior parte del suo patrimonio a favore di partner in affari fraudolenti e l’anarchia imperante rese inutili i suoi sforzi per riavere la colonia. La realizzazione di uno Stato di diritto, specialmente dopo l’adesione della California agli Stati Uniti nel 1850, lo coinvolse in una lotta per la difesa della sua terra durata fino alla sua morte.

Parallelamente ricoprì diverse cariche, tra cui quella di delegato alla Costituente californiana, tentò poi invano l’elezione a governatore (1849) e divenne maggiore generale della milizia californiana (1853). Dopo la distruzione della sua tenuta a causa di un incendio doloso nel 1865, si trasferì a Washington D.C., sperando sempre in un risarcimento da parte delle autorità dello Stato federale, ottenne dalla California una pensione tra il 1865 e il 1875.  Nel 1871 si stabilì infine a Lititz in Pennsylvania, dove venne sepolto dopo la morte avvenuta nel 1880.

Lapide
Lapide del generale Sutter nel cimitero di Moravian, Lotitz (Pennsylvania) RSI

Un mito decaduto

La figura del generale Sutter, quando questi era ancora in vita ma anche in tempi più o meno recenti, ispirò racconti d’avventura dai contenuti in parte fantasiosi, tramandati in Svizzera senza spirito critico. Circolavano soprattutto idee del tutto esagerate sulla sua ricchezza. Fu per primo Martin Birmann, tutore della moglie di Sutter, a gettare le basi del suo mito con l’opera General Johann August Suter, edita nel 1868. Ma non fu il solo: nel 1925 infatti, seguì il romanzo L’Or. La Merveilleuse Histoire du Général Johann August Suter di Blaise Cendrars, che per la prima volta elevò il personaggio a eroe; poi Stefan Zweig, Cäsar von Arx, Traugott Meyer, Helen Liebendörfer (ancora nel 2016) e altri autori, scrissero adattamenti letterari, di cui uno cinematografico nel 1936 ad opera di Luis Trenker.

Nella mostra Swiss in American Life, organizzata dai consolati svizzeri e cofinanziata da Pro Helvetia, che tra il 1977 e il 1983 fece tappa in diverse località degli Stati Uniti, Sutter fu rappresentato come “grande figura della storia svizzera”; infine,  durante i lavori preparatori del gemellaggio tra Liestal e Sacramento nel 1989, il governo di Basilea Campagna sostenne la realizzazione di un monumento dedicato alla sua figura a Sacramento, con mezzi provenienti dal fondo della lotteria cantonale.

A partire dagli anni 1980 nuove ricerche compiute negli Stati Uniti hanno indagato aspetti della vita di Sutter fino ad allora celati dalla narrazione attorno al personaggio. Spostando l’accento sulla prospettiva indigena, dando visibilità alle vittime della conquista dell’ovest americano. In questo contesto Andrés Reséndez ha coniato il concetto di «altra schiavitù» (the other slavery), riferito all’assoggettamento dei popoli nativi delle Americhe. Anche l’immagine del generale Sutter è stata oscurata dalla brutalità del reale personaggio storico; secondo Benjamin Madley le pratiche disumane del sistema dei lavori forzati introdotto dai ranchero e da Sutter favorirono la violenza degli angloamericani nei confronti dei popoli indigeni, creando le premesse per i genocidi regionali avvenuti in California dopo l’inizio della corsa all’oro nel 1848.

Nel contesto del movimento Black Lives Matter del 2020, in Svizzera e negli Stati Uniti l’immagine unidimensionale di John Sutter fissata nella memoria collettiva è stata poi rimessa in questione. A Rünenberg, suo comune d’origine elvetico, alcuni manifestanti hanno coperto il suo monumento con un drappo insanguinato mentre a Sacramento la sua statua, davanti al Sutter Medical Center nel centro di Sacramento, è stata smantellata. Una figura dunque molto divisiva, ma che probabilmente si giustifica nel contesto e nel periodo storico in cui visse: fu infatti un uomo pienamente ottocentesco, appartenente ad una società come quella del XIX secolo che fu segnata da grandi conflitti sociali, colonialismi e ingiustizie di varia natura.

Targa commemorativa
Targa commemorativa di John Sutter, conservata al Sutter’s Fort. RSI

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