Le proteste per il clima hanno bisogno della disobbedienza civile?
Il movimento ambientalista ricorre con sempre maggiore frequenza a metodi più radicali. Molte azioni hanno scatenato un vivace dibattito sulla loro legittimità e sul loro scopo, anche in Svizzera.
Quattro anni e mezzo fa, la 15enne Greta Thumberg era seduta da sola e in silenzio davanti alla sede del Parlamento nella sua città natale, Stoccolma, reggendo un cartello con la scritta “sciopero scolastico per il clima”.
In pochissimo tempo, questa azione silenziosa e solitaria ha dato il via a un movimento di protesta globale sempre più forte e che di recente ha fatto ricorso a metodi più radicali, come blocchi autostradali o l’imbrattamento, seppur innocuo, di opere d’arte.
Sono azioni che suscitano l’incomprensione di molte persone. Anche all’interno del movimento per il clima si discute se questa disobbedienza civile sia davvero necessaria per smuovere la popolazione e portare un cambiamento nella politica climatica, oppure se questi atti non abbiano invece l’effetto contrario, suscitando ostilità nei confronti dell’obiettivo del movimento.
Essere ascoltati
Il professor Robin Celikates, della Libera università di Berlino, studia i movimenti di protesta da oltre un decennio e ha una risposta decisa alla domanda: “Le proteste devono essere drastiche, perché la protesta può sviluppare il suo effetto simbolico come contributo alla discussione pubblica e al dibattito politico solo se viene notata”.
Con interventi come i blocchi stradali “si genera attenzione, si crea pressione e, in una certa misura, si costringe l’opinione pubblica a prendere posizione”.
Per Celikates, è normale che la protesta in una democrazia sia al contempo simbolica e dirompente. Nelle azioni di disobbedienza civile, la violazione mirata e limitata della legge è essenziale, “ma questo non rende la protesta illegale nel suo complesso, né la rende illegittima”.
Superare il limite in modo mirato
Helen Keller, docente di diritto internazionale, diritto europeo e diritto pubblico all’Università di Zurigo, sottolinea la differenza tra legalità e legittimità: sebbene la magistratura reputi chiaramente alcune di queste azioni come illegali, esse non sono illegittime.
“La disobbedienza civile si basa fondamentalmente sul superamento dei limiti della legge”, afferma Keller. Gli attivisti e le attiviste devono aspettarsi di pagare le conseguenze delle loro azioni. La questione della legittimità di determinati atti si pone quando si valuta la punizione. “Più le motivazioni sono legittime, minore sarà la pena”, afferma Keller.
Keller, che ha lavorato come giudice presso la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo dal 2011 alla fine del 2020, sottolinea che la Corte ha ripetutamente consigliato alle autorità nazionali di reagire con una certa moderazione alle manifestazioni non autorizzate. “Non dobbiamo semplicemente stroncare questi movimenti sul nascere”, dichiara la docente.
Le democrazie prosperano grazie alle proteste
La libertà di espressione e di riunione sono pilastri fondamentali di una democrazia viva, afferma Keller. “Una democrazia trae vantaggio dalla possibilità di scendere in piazza. E finché le proteste sono pacifiche, bisogna lasciar fare”. Che si condividano o meno gli obiettivi è del tutto irrilevante.
“Le conquiste democratiche di cui oggi siamo orgogliosi non sarebbero avvenute senza le proteste.”
Robin Celikates
Dopotutto, anche il movimento ambientalista è autorizzato a sfruttare lo spazio pubblico per esprimere le proprie preoccupazioni. “Non appena si commettono atti penalmente rilevanti, la polizia deve intervenire”. Ma Keller è convinta che non sia compito della politica chiedere misure preventive contro attivisti e attiviste per il clima o trattarli con mano particolarmente ferma.
Celikates è d’accordo nell’affermare che i movimenti di protesta sono l’elisir di una democrazia. Nel confronto internazionale e storico, dice, le proteste per il clima non sono particolarmente radicali, soprattutto in termini di obiettivi. “Ai Governi viene solo ricordato ciò che si sono già impegnati a fare: mettere in atto gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima”, afferma.
L’esperto ricorda la lotta per i diritti delle donne, per i diritti delle minoranze o il movimento per i diritti civili degli Stati Uniti. “Le conquiste democratiche di cui oggi siamo orgogliosi non sarebbero avvenute senza le proteste”.
Nella stragrande maggioranza dei casi, le conquiste democratiche non sono state raggiunte grazie a una volontà venuta dall’alto, “ma perché alcuni gruppi svantaggiati hanno chiesto a gran voce i loro diritti, attraverso proteste di piazza e talvolta anche tramite azioni più radicali”, spiega Celikates. Ecco perché i movimenti di protesta sono parte integrante di una democrazia tanto quanto i partiti, i tribunali o i Parlamenti eletti.
Della stessa opinione è anche il presidente del Partito ecologista svizzero Balthasar Glättli che in questo servizio del telegiornale della Radiotelevisione svizzera afferma: “La disobbedienza civile è parte della democrazia. Senza di essa in Svizzera non avremmo, ad esempio, il Canton Giura o il servizio civile”.
“Questi gruppi, a un certo punto, devono fare appello a una parte più ampia della popolazione per convincerla della bontà della loro causa.”
Helen Keller
Cosa succede dopo?
Tuttavia, anche un movimento di protesta deve essere in grado di imparare e di valutare criticamente le proprie azioni alla luce delle reazioni dell’opinione pubblica e deve porsi la domanda se i metodi scelti abbiano contribuito alla realizzazione degli obiettivi.
L’efficacia è una questione molto importante, accanto a quella della legittimità e della giustificazione di ogni singolo caso. “Personalmente, non sono convinto, ad esempio, che i blocchi stradali nelle ore di punta siano utili”, afferma Celitakes.
Dopotutto, colpiscono quelle persone che devono andare al lavoro alle sette del mattino e che probabilmente non fanno parte di quell’1% della popolazione il cui stile di vita contribuisce in modo massiccio alla crisi climatica o impedisce di affrontarla adeguatamente”.
Anche per Keller è chiaro che queste azioni di disobbedienza civile e le proteste, da sole, non portano da nessuna parte.
“Questi gruppi, a un certo punto, devono fare appello a una parte più ampia della popolazione per convincerla della bontà della loro causa”. Attirare semplicemente l’attenzione dell’opinione pubblica, insomma, non basta per avere successo. “L’obiettivo del movimento per il clima non è quello di parlarne. Lo scopo è fare finalmente qualcosa per proteggere meglio il clima”.
A cura di Marc Leutenegger
Traduzione: Zeno Zoccatelli
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