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Perché continua il dibattito sull’«inforestierimento»

La Svizzera sta diventando troppo affollata? Sì, sostengono alcuni. Keystone

La paura svizzera dell’«inforestierimento», della sovrappopolazione straniera, ha toccato il suo apice negli anni ’60 e ’70. Ma come osserva lo storico Damir Skenderovic, le due votazioni nazionali in febbraio e novembre di quest’anno dimostrano che il tema rimane attuale.


Lo scorso mese di febbraio la Svizzera ha approvato l’iniziativa popolare «contro l’immigrazione di massa», lanciata dall’Unione democratica di centro. Il 30 novembre, le cittadine e i cittadini elvetici saranno chiamati a esprimersi sull’iniziativa EcopopCollegamento esterno, che vorrebbe limitare l’immigrazione netta annuale allo 0,2% della popolazione su una media di tre anni e destinare il 10% dei fondi per l’aiuto allo sviluppo alla promozione del controllo delle nascite nei paesi in via di sviluppo.

La seconda iniziativa è nata in seno a un’associazione ecologista. I suoi autori respingono on forza l’accusa di cavalcare la paura dell’«inforestierimento», affermando che il loro obiettivo è di contribuire a uno sviluppo sostenibile della Svizzera, riducendo la pressione sulle aree abitate, sul traffico e sull’ambiente attraverso una riduzione dell’immigrazione, e di aiutare le persone nelle regioni svantaggiate del pianeta.

Damir Skenderovic insegna all’Università di Friburgo. rts.ch

Damir SkenderovicCollegamento esterno, professore di storia contemporanea all’università di Friburgo, che ha pubblicato studi sulla destra radicale, sulla migrazione e sulle politiche identitarie, ritiene però che l’iniziativa consideri gli stranieri un capro espiatorio.

«Inforestierimento»

Il termine Überfremdung (inforestierimento) compare per la prima volta nel 1900 in un opuscolo recepito soprattutto in circoli intellettuali. Negli anni della Prima guerra mondiale il dibattito raggiunge sfere più ampie della popolazione. Anche le istituzioni cominciano a considerare necessario un maggior controllo dell’immigrazione. Nel 1917 i servizi di polizia degli stranieri sono centralizzati.

Dopo il 1918 il tema dell’«inforestierimento» è molto discusso, nonostante un netto calo della popolazione straniera. Il termine Überfremdung entra nel linguaggio ufficiale e fa la sua comparsa anche in testi legislativi. Continua però a non essere chiaramente definito: riguarda il numero o la qualità delle persone oppure ancora il loro influsso economico, culturale e politico? Nel dibattito entrano anche suggestioni antisemite.

Dopo la Seconda guerra mondiale in Svizzera arrivano migliaia di lavoratori provenienti dall’Europa meridionale e in particolare dall’Italia. La discussione sull’«inforestierimento» si concentra soprattutto sull’economia e sul mercato del lavoro, ma continua anche a mettere in guardia dai rischi culturali dell’immigrazione. Nel 1961 nasce un piccolo movimento politico chiamato Azione nazionale. Nel frattempo una commissione federale si china sulla questione se in Svizzera ci siano troppi stranieri.

Nel 1967 James Schwarzenbach, una figura chiave del dibattito sull’«inforestierimento» è eletto in parlamento e proietta l’Azione nazionale nell’area nazionale. La Svizzera è il primo paese in cui sorge un partito di destra di questo tipo. Nel 1970 un’iniziativa lanciata da Schwarzenbach è respinta di misura alle urne. Le discussioni sull’iniziativa sono molto accese, altre proposte simili saranno portate alle urne e respinte negli anni successivi.

Negli anni Novanta una partito politico di governo, l’Unione democratica di centro, fa propri i temi del dibattito sull’«inforestierimento». Il termine Überfremdung torna a essere utilizzato, dopo che era stato accantonato per le sue connotazioni escludenti. L’UDC è oggi il maggior partito svizzero per numero di voti alle elezioni nazionali.

swissinfo.ch: Il termine circola ancora, ma il discorso sull’«inforestierimento« della Svizzera ha avuto il suo apice negli anni Sessante e Settanta.

Damir Skenderovic: Sì, però la discussione non è mai davvero finita. Il discorso sull’«inforestierimento» insinua che ci sia una minaccia, un pericolo, e che dovrebbe esserci qualche forma di protezione. Nel termine corrispondente in tedesco, Überfremdung, c’è il prefisso über, che qui significa «troppo», sia in senso quantitativo che qualitativo. Ma ognuno rimane libero di rispondere alla domanda sul «quanto». Inoltre c’è la parola fremd: lo straniero, il forestiero, che non appartiene a questo luogo, che è ritenuto estraneo al proprio mondo. C’è l’idea di una minaccia permanente proveniente dall’esterno, dall’«altro». Questo corrisponde anche a una sorta di percezione negativa dell’identità, con l’idea che la presa di distanza dall’altro aiuti a costruire la propria identità.

swissinfo.ch: E dietro a tutto questo c’è la paura?

D. S: Senza dubbio. La politica della paura vuole evocare la sensazione che uno debba difendere sé stesso, lavora con le emozioni e le fantasie piuttosto che con la ragione e i fatti. Dagli anni Novanta, la politica della paura ha fortemente influenzato varie campagne e decisioni politiche in Svizzera, relative in particolare all’immigrazione e alla politica estera.

swissinfo.ch: Perché si torna a discutere di «inforestierimento» in relazione all’iniziativa Ecopop?

D. S.: L’iniziativa chiede una riduzione dell’immigrazione. Ciò significa prima di tutto che sono definite due categorie di persone: i «nazionali» e i «non-nazionali», gli svizzeri e i non-svizzeri, quelli che hanno il diritto di stare e quelli che devono andarsene o non possono entrare nel paese. In secondo luogo l’iniziativa affronta questioni quali l’ecologia, l’ambiente e la crescita. Cerca di operare con il sentimento che qualcuno in tedesco ha definito Dichtestress (stress da densità di popolazione), un termine che non esiste in altri paesi e che lascia piuttosto perplessi chi ha vissuto per esempio a New York o in Giappone.

L’iniziativa tuttavia manca l’obiettivo, perché l’ecologia e l’ambiente sono questioni transnazionali, che non si fermano ai confini della Svizzera. L’iniziativa torna quindi a una nozione dello Stato nazionale che non ha senso in ambito ecologico. Anche la questione della crescita, in termini di economia o di popolazione, ha una scala globale e quindi le soluzioni non possono essere trovate a livello nazionale. Alcune questioni affrontate, come per esempio l’affollamento dei mezzi di trasporto, gli affitti alti o il boom edilizio, richiedono inoltre che qualcuno si assuma la colpa. A mio avviso si tratta di una politica del capro espiatorio.

swissinfo.ch: E così ha ripreso temi del dibattito sull’«inforestierimento»?

D. S.: Il dibattito sulla sovrappopolazione, sul fatto di avere troppe persone, sullo stress ecologico e sulla pressione ambientale ha una lunga storia e ha avuto uno dei suoi primi momenti negli anni Sessanta e Settanta. Un aspetto del dibattito è collegato alla nozione di nazione e nazionalismo; la sovrappopolazione è considerata all’interno dei confini nazionali, è messa in connessione con lo Stato nazionale. Nel solco di questa tradizione – alla quale hanno contribuito scienziati, economisti e demografi e di cui questa iniziativa è un esempio – la sovrappopolazione è messa in relazione con l’immigrazione e i termini di sovrappopolazione e «inforestierimento» sono fusi.

swissinfo.ch: La Svizzera di oggi è diversa da quella degli anni Settanta. Perché si parla di «inforestierimento» quando tutto va bene nel paese?

D. S.: Nelle scienze sociali ci sono varie spiegazioni sul perché qualcuno nelle sue decisioni politiche sia guidato dalla paura e sostenga un partito politico che parla costantemente di ogni genere di rischi e minacce. Le persone ritengono per esempio che ora tutto vada bene, ma hanno paura che domani le cose possano cambiare. Oppure c’è quello che è chiamato «lo sciovinismo del welfare», per cui se tutto va bene, è necessario proteggere il welfare, lo stato sociale e altre conquiste nazionali per garantire il proprio benessere. Diventa quindi essenziale assicurarsi che gli svizzeri abbiano più diritti degli altri.

Infine è un fenomeno storico noto che parte della classe media, anche quando le cose vanno bene, le prospettive professionali sono buone, il livello di educazione è alto e la vita privata è stabile, ha paura che domani le cose possano andare peggio, che possa perdere il suo status. Per cui vota per partiti che promettono di mantenere il suo status quo e di garantire una protezione a livello nazionale.

(traduzione di Andrea Tognina)

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