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Polanski è libero

Polanski non dovrà più restare rinchiuso nella prigione dorata di Gstaad Keystone

Roman Polanski è tornato un uomo libero. La Svizzera ha respinto la domanda di estradizione negli Stati Uniti e revocato le misure restrittive della libertà del regista franco-polacco.

L’annuncio è stato dato lunedì pomeriggio dalla ministra svizzera di giustizia e polizia Eveline Widmer-Schlumpf. Secondo una dipendente del cineasta, Polanski ha già lasciato il suo chalet di Gstaad, nel canton Berna, dove si trovava in residenza coatta dal 4 dicembre 2009, dopo l’arresto a Zurigo il 26 settembre.

Spiegando in una conferenza stampa a Berna i motivi della decisione, Eveline Widmer-Schlumpf ha puntualizzato che l’autorità elvetica non è entrata nel merito della colpevolezza o dell’innocenza di Polanski, poiché non era questo il suo compito. Berna doveva semplicemente pronunciarsi sulla liceità della domanda di estradizione.

La ministra ha escluso cedimenti a pressioni da Francia o Polonia. Ha però riconosciuto che il verdetto non è stato unicamente giuridico. “Diritto e politica non si possono mai distinguere completamente. Bisogna trovare una soluzione giuridica che sia ineccepibile politicamente e non solo giuridicamente”, ha argomentato la ministra.

In dubbio pro reo

L’Ufficio federale di giustizia invoca due motivi per rifiutare l’estradizione. Quello principale è che il 13 giugno scorso il Dipartimento americano della giustizia ha rifiutato di trasmettere a Berna il verbale con le dichiarazioni rilasciate il 26 gennaio dal pubblico ministero Roger Gunson, che negli anni ’70 era stato responsabile del caso Polanski. Washington ha addotto una sentenza giudiziaria secondo cui tale documento deve restare segretato.

Secondo gli avvocati di Polanski dal verbale risulterebbe che il giudice allora competente, nell’udienza del 19 settembre 1977, aveva espressamente assicurato ai rappresentanti delle parti che i 42 giorni di detenzione trascorsi dal regista nel reparto psichiatrico di un carcere californiano costituivano la pena detentiva complessiva da scontare.

“Se ciò corrisponde al vero e Roman Polanski ha dunque già scontato la sua pena, né la procedura fondata sulla domanda d’estradizione statunitense né la domanda stessa avrebbero ragione d’essere”, afferma il Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) in un comunicato. “Nemmeno dopo intensi accertamenti è stato possibile escludere con la necessaria certezza la presenza di un vizio nella domanda di estradizione statunitense”, prosegue la nota.

La fiducia di Polanski

Un’altra considerazione che ha pesato sulla decisione elvetica è il “fatto ben noto” che Roman Polanski, sin dall’acquisto della sua casa di Gstaad nel 2006, per anni ha soggiornato regolarmente in Svizzera senza che le autorità statunitensi avessero mai presentato una domanda formale di estradizione.

Inoltre, Polanski non è mai stato controllato dalle autorità elvetiche nonostante la sua iscrizione nel sistema di ricerca svizzero. “Tali circostanze hanno creato una situazione di fiducia, e Roman Polanski non avrebbe deciso di partecipare, nel settembre del 2009, al Festival del film di Zurigo se non fosse stato convinto che il viaggio non gli avrebbe comportato alcuno svantaggio legale”.

Soddisfazione e ottimismo

Il Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti per ora non ha voluto commentare il rifiuto della Svizzera. Dal canto suo, la Widmer-Schlumpf ha detto che Washington ha espresso “comprensione” per gli argomenti invocati da Berna. La ministra elvetica ha precisato di avere informato lunedì mattina l’ambasciatore statunitense a Berna Donald Beyer e di essere fiduciosa, dopo il colloquio, sulla buona cooperazione futura fra gli Stati Uniti e la Svizzera.

Dalla Francia sono giunte reazioni di gioia dei ministri della cultura Frédéric Mitterrand e degli affari esteri Bernard Kouchner. Quest’ultimo ha detto il proprio “profondo sollievo” all’omologa svizzera Micheline Calmy-Rey. In un comunicato, oltre ad esprimere soddisfazione, Mitterrand sottolinea che ora ”Polanski può finalmente ritrovare la comunità di artisti che lo hanno sostenuto con calore e rispetto durante molti mesi”. Una vicenda giudiziaria, conclude il ministro, che ha visto opporsi anche ”voci incontestabili come quella di Milan Kundera”.

Sempre dalla Francia, l’avvocato del cineasta Georges Kiejman si è dichiarato “evidentemente molto felice e molto commosso, sia come amico di Roman Polanski, sia perché penso che abbia subito un lungo calvario”. Il legale ha quindi “reso omaggio alla giustizia svizzera, la cui analisi giuridica è molto giusta”.

L’avvocato si è poi detto ottimista circa il futuro. “Penso che il malinteso che persiste con le autorità americane si risolverà più facilmente e spero che un giorno possa ritornare negli Stati Uniti”.

Arresto e soggiorno coatto

Roman Polanski, che compirà i 77 anni il prossimo 18 agosto, era stato arrestato il 26 settembre 2009 all’aeroporto di Zurigo-Kloten, in esecuzione di un mandato di cattura spiccato a fine 2005 dalla Procura di Los Angeles per “rapporti sessuali illeciti con una minorenne”: una formula patteggiata che indica con un eufemismo uno stupro vero e proprio ai danni di una 13enne, avvenuto il 10 marzo 1977, quando il regista aveva 43 anni, a casa dell’attore Jack Nicholson.

Dallo scorso 4 dicembre Polanski si trovava assegnato a residenza coatta nel suo chalet di Gstaad, nell’Oberland bernese. Il 24 novembre il Tribunale penale federale gli aveva concesso gli arresti domiciliari, contro una cauzione di 4,5 milioni di franchi.

Il 27 settembre 2009 il regista avrebbe dovuto ricevere un premio alla carriera nell’ambito del Festival del film di Zurigo, con laudatio prevista del capo dell’Ufficio federale della cultura Jean- Fréderic Jauslin, all’oscuro di tutto.

L’arresto del regista aveva fatto gridare allo scandalo il mondo della cultura e la stampa internazionale. Francia e Polonia avevano fatto le rimostranze a Berna, che si era difesa affermando di aver applicato i trattati internazionali.

Anche la Confederazione si era divisa: da una parte i sostenitori di Polanski e i critici di quella che consideravano una nuova “genuflessione” verso gli Stati Uniti dopo quella per il caso UBS, dall’altra chi chiedeva una legge uguale per tutti, sostenendo che gli abusi commessi da Polanski costituiscono un grave crimine che non merita la prescrizione.

swissinfo.ch e agenzie

La vicenda inizia nel febbraio 1978 a Los Angeles, quando il regista polacco Roman Polanski è accusato di aver stuprato una ragazza di 13 anni, di perversione, sodomia e uso di stupefacenti.

Il regista riconosce parzialmente i fatti, cioè di aver fatto sesso con l’allora modella minorenne Samantha Gailey. Patteggia quindi con il tribunale di Santa Monica, dichiarandosi pronto a seguire una terapia.

Il giudice accetta – lasciando cadere le altre accuse – e si appresta ad ordinare l’arresto di Polanski, che però nel frattempo ha lasciato il paese. Il regista – che ha sempre sostenuto di essere finito in una trappola tesa dalla madre della ragazza – non torna più negli Stati Uniti.

Per evitare l’estradizione, all’inizio del 1978 Polanski lascia Londra, dove risiede, e si trasferisce a Parigi. Il regista in seguito ottiene la cittadinanza francese. Ciò gli offre la garanzia di non essere estradabile dalla Francia.

Nel maggio 2009, un tribunale di Los Angeles respinge il ricorso in cui Polanski chiede l’archiviazione delle accuse.

Anni dopo il fatto, la vittima dichiara pubblicamente di non auspicare ulteriori sviluppi giudiziari, ma il mandato di arresto nei confronti di Polanski rimane pendente.

Il 26 settembre 2009, all’arrivo a Zurigo, dove giunge per ritirare un premio cinematografico, il regista è arrestato in vista di estradizione.

Il 28 settembre Polanski ricorre al Tribunale penale federale (TPF). Il 20 ottobre l’alta corte di Bellinzona respinge il ricorso.

Il 22 ottobre la domanda ufficiale degli Stati Uniti di estradare il regista è consegnata a Berna.

Il 26 ottobre la vittima domanda l’abbandono delle accuse.

Il 25 novembre il TPF accorda a Polanski la scarcerazione, contro il versamento di una cauzione di 4,5 milioni di franchi.

Il 4 dicembre il regista franco-polacco è trasferito agli arresti domiciliari a Gstaad, nel canton Berna, dove possiede uno chalet.

Il 21 dicembre la giustizia americana rifiuta di archiviare il caso.

Il 22 gennaio 2010 un tribunale di Los Angeles respinge la richiesta di Polanski di un processo in contumacia.

Il 22 aprile una corte d’appello californiana rigetta la richiesta della vittima di Polanski di abbandonare il perseguimento.

Il 15 maggio l’attrice britannica Charlotte Lewis accusa Roman Polanski di avere abusato sessualmente di lei all’inizio degli anni ’80 quando aveva 16 anni. Gli avvocati del regista minacciano di perseguirla per calunnia.

Il 12 luglio la ministra svizzera di giustizia e polizia Eveline Widmer-Schlumpf annuncia il rifiuto di Berna di estradare il cineasta.

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