La politica migratoria svizzera una ricetta per l’Europa?
Nella politica migratoria, la Svizzera lascia un certo margine di manovra ai cantoni. Alcuni applicano le leggi in modo più restrittivo di altri, come dimostra uno studio. L'Europa potrebbe ispirarsi al sistema elvetico, afferma il direttore del Forum svizzero per lo studio delle migrazioni e della popolazione Gianni D'Amato.
Sottili differenze che possono avere grandi conseguenze. La politica migratoria in Svizzera viene attuata in modo diverso in ogni cantone. Il Forum svizzero per lo studio delle migrazioni e della popolazione (SFMCollegamento esterno) ha pubblicato i risultati di una ricercaCollegamento esterno che ha esaminato in dettaglio i campi dell’integrazione, della protezione contro la discriminazione, dell’asilo, dell’ammissione e della naturalizzazione. Intervista ad uno dei co-autori, il professor Gianni D’Amato dell’università di Neuchâtel.
swissinfo.ch: Quali sono i fattori che influenzano un’attuazione più liberale o restrittiva della politica migratoria da parte di un cantone?
Gianni D’Amato: La composizione demografica gioca un ruolo importante. Più il cantone è urbano, con alti tassi di immigrazione, di matrimoni binazionali o di naturalizzazione, più le pratiche sono inclusive. Non sorprende che anche l’orientamento politico dei vari organi politici abbia una certa influenza. Più le politiche sono di sinistra o di centro-sinistra, più liberale è l’applicazione della legge.
Più sorprendente è la constatazione che più un cantone è economicamente forte, meno inclusiva è la sua politica migratoria. Ciò può essere spiegato dal fatto che i cantoni con tassi di disoccupazione o di beneficiari dell’assistenza sociale più elevati dispongono già di strutture per promuovere una politica inclusiva. L’ambiente linguistico, invece, diversamente da quanto ci si sarebbe potuti aspettare, non influenza direttamente la politica migratoria.
Ciò significa che un richiedente asilo che sollecita un permesso per caso di rigoreCollegamento esterno (permesso di soggiorno per motivi umanitari) può essere regolarizzato in un cantone ma non nell’altro?
Sì, in certi cantoni si hanno maggiori possibilità di realizzare il proprio progetto di vita che in altri. Pur essendoci una volontà di armonizzazione, c’è ancora un margine di manovra che può avere conseguenze per le persone. Occorre tuttavia sottolineare che la giustizia consente una forma di controllo. Le amministrazioni cantonali interpretano le leggi, sapendo che ci sarà un feedback da parte dei tribunali. Talvolta sono consapevoli che la loro interpretazione della legge possa essere al limite, ma contano sul correttivo giuridico.
I paesi europei faticano a raggiungere un accordo sulla ripartizione dei migranti. È difficile armonizzare le pratiche migratorie?
La politica svizzera consiste nel trasferire il più rapidamente possibile i migranti nei centri di accoglienza, per poi ripartire rapidamente tra i cantoni coloro che hanno il diritto di rimanere in Svizzera. Una forma di trasferimento di questa politica a livello europeo sarebbe la soluzione, ma per ora non funziona. Alcuni Stati hanno una minima volontà di fare qualcosa, mentre molti altri non fanno nulla. Da tre anni si discute senza successo di un accordo; non è ancora stata scovata la soluzione per trovare una politica comune.
Le discussioni svoltesi all’inizio di ottobre sotto l’egida di Francia e Germania hanno una probabilità di portare a un accordo?
Non credo proprio, la situazione è bloccata. Non esiste un’interpretazione comune. Ora bisogna vedere se un gruppo composto di qualche Stato riuscirà a raggiungere un accordo e a influenzare gli altri.
L’offensiva lanciata dalla Turchia contro una milizia curda nella Siria nordorientale rischia di provocare una nuova crisi migratoria in Europa?
In risposta alle critiche europee sulla sua offensiva nella Siria nordorientale, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha minacciato di inviare in Europa i 3,6 milioni di rifugiati accolti in Turchia. L’attuazione di questa minaccia potrebbe effettivamente portare a una situazione difficile, prima in Grecia e poi sulla rotta balcanica. Molto dipenderà dagli interventi diplomatici ed economici dei paesi europei.
La Svizzera dovrebbe prepararsi a un ulteriore aumento delle domande d’asilo?
La crisi migratoria del 2015 ha toccato in modo più leggero la Confederazione. Le domande d’asilo aumentano in Svizzera se i rifugiati vengono dall’Italia, mentre altre rotte la toccano meno. Ma nulla è escluso.
(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)
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