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Rudolf Elmer multato e poi arrestato

Per il Tribunale di Zurigo, Rudlf Elmer è stato mosso soltanto da uno spirito di vendetta Keystone

L'ex dipendente della Julius Bär – dopo essere stato condannato mercoledì pomeriggio a una pena pecuniaria per minacce, tentata coazione e violazione del segreto bancario – è stato arrestato in serata per un'accusa analoga.

Lunedì il 56enne, ora disoccupato, ha infatti consegnato a Julian Assange – fondatore di Wikileaks – due dischetti contenenti i dati di 2000 presunti evasori fiscali.

Poche ore prima del suo arresto, Elmer – che aveva denunciato presunte irregolarità da pate della banca – era stato riconosciuto colpevole di minacce, tentata coazione e violazione del segreto bancario. Il Tribunale distrettuale di Zurigo lo ha condannato ad una pena di 240 aliquote giornaliere da 30 franchi.

Secondo la corte zurighese, Rudolf Elmer non aveva attaccato il suo ex datore di lavoro per motivi etici, ma unicamente per un bisogno personale di vendetta in seguito al suo licenziamento, avvenuto nel 2002.

L’ex direttore operativo della filiale della Julius Bär alle Isole Cayman aveva tentato a più riprese di ricattare il suo ex datore di lavoro, impiegando informazioni confidenziali conservate dopo il suo allontanamento.

In seguito al rifiuto della banca di dare seguito alle sue richieste, Elmer aveva tra l’altro tentato, senza successo, di far pubblicare alcuni documenti dalla stampa. Appena lunedì scorso, Elmer ha consegnato a Julian Assange, fondatore della piattaforma internet Wikileaks, due dischetti con dati di presunti evasori fiscali.

Il supporto informatico conterrebbe informazioni riguardanti uomini politici, capitani d’industria e altre personalità residenti negli Stati uniti, in Gran Bretagna e in Asia, che sarebbero ricorsi alle piazze off shore per evitare di pagare le imposte.

Riconosciuto colpevole

Considerato da alcuni un “whistleblower” (persona che rivela irregolarità da parte del suo datore di lavoro), processato ingiustamente per le sue rivelazioni, l’ex dipendente della Julius Bär è stato riconosciuto invece colpevole dal Tribunale distrettuale di Zurigo di minacce, ripetuta tentata coazione e ripetuta violazione del segreto bancario.

“Lei ha fatto parte per anni del mondo bancario e ne ha tratto profitto”, ha dichiarato il giudice della corte zurighese. I contrasti con i superiori, sfociati nel licenziamento della fine del 2002, sono iniziati quando il banchiere si vide rifiutare una promozione.

Elmer è stato condannato a versare una pena pecuniaria di 240 aliquote giornaliere da 30 franchi. La pena è però sospesa con la condizionale per un periodo di due anni. L’ex dipendente della Julius Bär dovrà inoltre pagare i tre quarti delle spese processuali, per una somma di 5’000 franchi.

Nel corso dell’udienza, tenuta mercoledì a Zurigo, Elmer ha riconosciuto soltanto l’accusa di tentata coazione. La difesa ha chiesto che venga prosciolto dalle accuse di minacce e violazione del segreto bancario e ha proposto una pena pecuniaria con la condizionale di 30 aliquote giornaliere da 30 franchi, per un totale di 1’050 franchi.

Solo rancore

Secondo la pubblica accusa, l’ex dipendente della Julius Bär avrebbe agito per rancore. Elmer non è un “whistleblower”, ma si definisce tale per seguire una strategia difensiva, ha affermato la procuratrice incaricata di sostenere l’accusa davanti al Tribunale distrettuale di Zurigo.

Dopo la nuova consegna di dati a Julian Assange, la procuratrice ha inoltre deciso di presentare al tribunale una richiesta di pena più severa, che passa da otto mesi di prigione con la condizionale a otto mesi da scontare, più una multa di 2’000 franchi. “Rudolf Elmer non sembra aver imparato nulla dal procedimento in corso”, ha dichiarato la procuratrice.

Da parte sua, l’avvocatessa della difesa ha invece parlato di una “campagna orchestrata ad arte per mettere a tacere il mio assistito”. La banca avrebbe ingaggiato dei detective privati che hanno sorvegliato giorno e notte Elmer e la sua famiglia.

La difesa ha inoltre contestato l’accusa di violazione del segreto bancario. Rudolf Elmer riconosce di aver trasmesso dati di clienti della banca a diverse autorità fiscali della Svizzera e anche ad organi di stampa. I dati sono tuttavia stati spediti dalle Isole Cayman e, secondo l’avvocatessa, non si può quindi parlare di violazione del segreto bancario svizzero.

Guerra psicologica

In apertura del processo l’ex dipendente della Julius Bär ha ammesso di aver spedito e-mail anonimi ai responsabili della banca, perché si trovava in una situazione di assoluta emergenza. Definendosi vittima di una “guerra psicologica”, l’ex banchiere ha pure riconosciuto di aver trasmesso alle autorità fiscali e a Wikileaks i dati di presunti evasori fiscali.

Elmer ha invece negato di essere l’autore delle minacce a cui fa riferimento l’atto d’accusa. Ha in particolare smentito di aver annunciato un falso attentato con una bomba contro la sede zurighese della banca Julius Bär e di aver spedito alla banca una e-mail con la quale chiedeva che gli venissero versati 50’000 franchi.

Rudolf Elmer, 55 anni, ha lavorato per quindici anni per la Julius Bär.

1994: viene trasferito alla succursale della banca nelle isole Caïman, dove assume la carica di direttore. Egli afferma che durante questo periodo ha tentato, senza successo, di rendere attenti i suoi datori di lavoro sugli abusi relativi a conti bancari offshore.

2002: la Julius Bär, la più importante banca svizzera di gestione patrimoniale, lo licenzia dopo essersi accorta della scomparsa di documenti relativi a dei clienti.

2005: tre anni dopo il suo licenziamento contatta gli organi di stampa, ma nessuno è disposto a pubblicare i suoi documenti. Lo stesso anno depone una denuncia contro il segreto bancario svizzero alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

dicembre 2007: consegna i suoi dati al sito wikileaks, il quale li pubblica nei mesi seguenti.

2008: la Julius Bär, ritenendosi diffamata dai documenti pubblicati, riesce a bloccare per un certo periodo il sito di Wikileaks negli Stati uniti.

19 gennaio 2011: Rudolf Elmer si presenta davanti al tribunale distrettuale di Zurigo per rispondere delle accuse di violazione del segreto bancario e di coazione.

Rudolf Elmer non è il solo svizzero ad aver rivelato irregolarità all’interno di una banca e ad aver lanciato l’allarme contro le pratiche illecite del sistema bancario.

Christoph Meili era nel 1997 un agente della sicurezza di una società privata di un ufficio UBS. Allora, aveva impedito la distruzione di documenti sui fondi ebraici in giacenza. Li aveva poi consegnati a un’organizzazione ebraica. Le autorità giudiziarie zurighesi aprirono in seguito un’inchiesta a suo carico per violazione del segreto bancario.

Bradley Birkenfeld, impiegato presso l’UBS negli Stati uniti, si trova in prigione dall’8 gennaio 2010. Sta scontando una pena di 40 mesi per cospirazione e frode fiscale. Ha collaborato con le autorità statunitensi per far luce sui conti bancari di ricchi evasori fiscali americani.

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