Debole maggioranza per la grande riforma fiscale
La legge sulla riforma fiscale per le imprese e sul finanziamento dell’AVS ottiene attualmente una sottile maggioranza di consensi. È quanto risulta dal primo sondaggio della SSR in vista della votazione del 19 maggio. Massiccio “sì” invece alla revisione della legge sulle armi.
Il controverso pacchetto approvato dal parlamento per adeguare la tassazione delle imprese alle norme internazionali e assicurare il finanziamento dell’Assicurazione per la vecchiaia e i superstiti (AVS) dovrebbe superare lo scoglio delle urne in maggio. Secondo il primo sondaggio della SSR, realizzato dall’istituto gfs.bern tra il 25 marzo e il 4 aprile, il 54% delle persone interrogate intende approvare la nuova Legge federale concernente la riforma fiscale e il finanziamento dell’AVS.
Il testo viene invece respinto dal 37% degli interrogati, mentre il 9% rimane ancora indeciso. Il margine di scarto appare piuttosto consistente, ma gli autori del sondaggio avvertono che è ancora troppo presto per fare delle previsioni. Questi dati “riflettono la situazione all’inizio della campagna per la votazione popolare”, ossia “ad uno stadio in cui è appena cominciata la formazione delle opinioni”.
La nuova legge viene rifiutata attualmente soltanto dagli elettori dell’Unione democratica di centro (55%). Situazione di quasi parità tra i simpatizzanti dei Verdi (36% favorevoli e 32% contrari), che si battono contro questa riforma assieme ai Verdi liberali (43% v. 32%). Il progetto è sostenuto massicciamente dagli elettori del Partito liberale radicale (82% v. 14%) e del Partito popolare democratico (71% v. 24%). Favorevoli anche i socialisti (59% v. 34%).
Dossier complessi
La prudenza è d’obbligo tenendo conto anche della complessità del pacchetto in votazione: saranno sicuramente necessarie ancora alcune settimane e grandi sforzi di spiegazione da parte di governo, partititi e organizzazioni interessate per permettere agli elettori di farsi un’idea abbastanza chiara della portata delle riforme proposte e, soprattutto, del loro impatto finanziario per la Confederazione, i Cantoni, i Comuni, le imprese e, non da ultimo, gli stessi contribuenti.
In questo pacchetto sono state infatti legate due riforme, già alquanto complesse da sole, sottoposte separatamente al popolo nel 2017 ed entrambe bocciate. Due anni fa, il 59% dei votanti aveva respinto la Riforma III dell’imposizione delle imprese (RII III), varata per adeguare la legislazione svizzera agli standard dell’OCSE ed evitare il rischio di sanzioni internazionali. Questo progetto era stato combattuto con successo dalla sinistra, secondo la quale la RII III conteneva troppi regali fiscali per le imprese e troppe perdite finanziarie per la Confederazione.
Il popolo aveva silurato anche il progetto Previdenza per la vecchiaia 2020, con la quale il governo e la maggioranza delle Camere federali intendevano proporre un’ampia riforma dei due pilastri obbligatori che sorreggono il sistema pensionistico: l’Assicurazione per la vecchiaia e i superstiti (AVS), gestita dallo Stato, e la previdenza professionale, amministrata dalle casse pensioni e dalle assicurazioni private. A far naufragare questo progetto erano state le opposizioni giunte da destra e dalla sinistra più radicale.
Compensazioni sociali
Con la nuova Legge federale concernente la riforma fiscale e il finanziamento dell’AVS – denominata RFFA – le Camere federali hanno tentato di unire le due importanti riforme in un solo pacchetto, in modo da stemperare le opposizioni. Nel nuovo progetto di riforma dell’imposizione delle imprese la maggioranza borghese del parlamento ha fatto alcune concessioni alla sinistra – benché piuttosto limitate.
Nel contempo, però, le due Camere hanno abbinato a questa riforma una compensazione sociale: 2 miliardi di franchi dovranno essere versati nelle casse dell’Assicurazione vecchiaia e superstiti (AVS). Una somma che dovrebbe corrispondere all’importo perso da Confederazione e Cantoni per offrire anche in futuro una tassazione sufficientemente attraente per le imprese e competitiva a livello internazionale.
Il sondaggio
Per la prima indagine demoscopica in vista della votazione federale del 19 maggio 2019, l’istituto gfs.bern ha intervistato, tra il 25 marzo e il 4 aprile, 5924 persone con diritto di voto, selezionate in modo rappresentativo e ripartite in tutte le regioni linguistiche della Svizzera.
Il margine di errore è di ±2,9 punti percentuali. Il sondaggio è realizzato su mandato della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR, della quale fa parte anche swissinfo.ch.
Gli svizzeri residenti all’estero non possono essere intervistati perché, per motivi legati alla protezione dei dati, i ricercatori del gfs.bern non hanno accesso ai loro indirizzi.
Il finanziamento supplementare per l’AVS sarà reso possibile tramite un aumento dello 0,15% dei contributi versati sia dagli assicurati che dai datori di lavoro. Anche il contributo della Confederazione all’AVS aumenterà progressivamente, in relazione agli effetti della riforma sul gettito fiscale.
Due terzi per la revisione della legge sulle armi
Parte invece con ampi consensi la revisione della legge sulle armi, approvata dal parlamento per trasporre nel diritto svizzero una modifica della direttiva dell’UE sulle armi, che prevede in particolare un disciplinamento più severo di quelle semiautomatiche. In quanto Stato partecipante allo spazio di Schengen/Dublino anche la Svizzera è chiamata, almeno parzialmente, a riprendere nella sua legislazione varie direttive dell’UE.
Attualmente la revisione della legge sulle armi viene sostenuta dal 66% delle persone contattate per il sondaggio, mentre il 33% la respingono. Da notare che solo l’1% degli interrogati afferma di non sapere ancora come votare. Anche in questo caso, solo gli elettori dell’Unione democratica di dentro si oppongono in maggioranza (74% contrari) alla revisione.
Scopo della nuova direttiva dell’UE è di ridurre i rischi che armi automatiche e semiautomatiche siano trasferite verso i mercati illegali e che finiscano nelle mani di criminali e di terroristi. Per questo motivo, i membri dell’Unione hanno deciso di rendere più difficile l’acquisto di queste armi, migliorare la loro tracciabilità e rafforzare lo scambio di informazioni tra gli Stati membri in materia di sicurezza.
Modifiche inique e liberticide
Secondo i sostenitori dei cambiamenti legislativi, la direttiva dell’UE rispetta le peculiarità e le tradizioni elvetiche nel tiro. I cambiamenti non toccano i fucili d’assalto dei soldati svizzeri e i tiratori privati possono continuare a praticare liberamente il loro sport e a comprare o vendere armi. Le modifiche non riguardano inoltre i cacciatori.
Gli adeguamenti garantiscono alla Svizzera la permanenza nell’area di Schengen. Se la Confederazione non recepisce la Direttiva europea sulle armi entro i termini previsti, la cooperazione rischia di cessare automaticamente. La Svizzera non avrebbe quindi più accesso al sistema d’informazione di Schengen (SIS), diventato uno strumento indispensabile per il lavoro quotidiano di ricerca e verifica della polizia e delle guardie di confine. E dovrebbero essere reintrodotti i controlli sistematici alle frontiere.
Le modifiche sono state combattute da un referendum lanciato dalla Comunità di interessi del tiro svizzero e sostenuto dall’Unione democratica di centro. Ai loro occhi le nuove disposizioni non apportano assolutamente nulla contro il terrorismo e sono solo inique e liberticide. La direttiva corrisponderebbe ad un divieto de facto del possesso di armi private, ossia una delle principali libertà dei cittadini. Il possesso privato di armi sarebbe infatti una sorta di meccanismo che protegge i diritti individuali da possibili abusi da parte dello Stato o della collettività.
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