Berna, «La Cappella» del fotografo
È il 1998 quando il fotografo bernese Christoph Hoigné s'imbatte per caso in una cappella messa in vendita dalla Chiesa metodista e decide di trasformarla in un piccolo teatro.
Negli anni ’70 un’altra cappella metodista di Berna era stata distrutta per far spazio ad un centro commerciale.
A differenza delle Chiese ufficiali (cattolica e riformata), le Chiese libere non possono contare su entrare regolari, legate alla riscossione delle tasse, ma dipendono dalle offerte dei fedeli. Sono dunque le prime a subire le conseguenze di un momento finanziario difficile. A ciò si aggiungono le dimensioni limitate di queste comunità.
Non stupisce dunque che siano proprio loro le prime a separarsi dalle loro sedi di culto. I metodisti, per esempio, hanno rinunciato alla «Villettenkapelle» di Berna, che è stata distrutta per costruire il centro commerciale «City West». A Zurigo, una delle loro sedi di culto si chiama oggi «Blinde Kuh» (mucca cieca) ed è un ristorante gestito in buona parte da persone ipovedenti, dove si mangia al buio.
E nella capitale federale la «Wesleykappelle», costruita nel 1907, è stata ceduta ad un fotografo, che ne ha fatto la sua casa oltre che un piccolo teatro per spettacoli di cabaret, concerti di musica classica o di chansonniers. Il nome? «La Cappella».
swissinfo: Christoph Hoigné, come le è venuta l’idea di acquistare una cappella?
Christoph Hoigné: È stato un caso. Un mio amico architetto mi ha segnalato che c’era questa chiesa in vendita. Per la verità non stavo cercando niente di simile, ma per curiosità sono andato a vederla e mi sono subito reso conto che si trattava di un edificio fantastico.
Mi sono detto: bisogna fare qualcosa. Ho cominciato a riflettere su cosa si potesse realizzare, e ho capito relativamente in fretta che era il posto ideale per la musica, il cabaret e altri tipi d’arte non “urlata”.
Dopo un paio di mesi di trattative, ho potuto comprare l’edificio e cominciare ad organizzare concerti e manifestazioni culturali.
swissinfo: Come si sono svolte le trattative di compravendita? La Chiesa metodista le ha imposto delle condizioni specifiche?
Ch.H.: I metodisti non erano certo entusiasti all’idea di vendere. Penso che sia comprensibile, quando si è posseduta una chiesa per anni, non è facile separarsene.
Mi hanno chiesto in modo dettagliato cosa ne avrei fatto. C’erano una serie di cose che non avrebbero visto di buon occhio. Da un punto di vista giuridico non potevano impormi niente, ma hanno naturalmente espresso il desiderio che si portasse rispetto all’edificio.
Hanno detto chiaramente che non si sarebbero rallegrati, se avessimo tenuto un qualche rito occulto o delle Messe nere, ma non hanno espresso riserve nei confronti dell’arte.
swissinfo: Ha avuto dei concorrenti? Quanto le è costato diventare il proprietario di una chiesetta?
Ch.H.: Per quanto ne so, i metodisti hanno impiegato molto tempo prima di trovare qualcuno che comprasse la loro cappella. Non penso abbiano avuto contatto con altre persone che la volessero per davvero.
Non voglio dare delle cifre – del resto con i venditori ci siamo messi d’accordo così – posso però dire che la cappella è costata certamente meno di una casa monofamiliare. In seguito ho dovuto investire altro denaro per adattarla all’impiego che volevamo farne.
swissinfo: Che tipo di attività si svolgono a «La Cappella»?
Ch.H.: Negli ultimi tempi ci siamo specializzati in cabaret, canzoni d’autore e musica classica. Ad inizio novembre, abbiamo festeggiato i sei anni d’attività.
Ormai la gente sa cosa può trovare a «La Cappella»: non siamo una discoteca, non siamo una sala da grande concerto jazz, siamo piuttosto un locale per i toni lievi, per le piccole cose. Abbiamo un pubblico che apprezza la musica, ma anche i testi. Di certo non presentiamo musica da hit parade.
In tedesco si direbbe che facciamo «Kleinkunst» (letteralmente: arte piccola). Più che l’arte a non essere di grandi dimensioni è il palco: si tratta di uno spazio intimo.
swissinfo: La Cappella non è solo un centro culturale. Sottotetto c’è un appartamento in cui lei abita. Che effetto fa vivere il proprio quotidiano in una ex chiesa?
Ch.H.: Oggi abitare in questo edificio è una cosa normale, la mia famiglia ed io siamo ormai qui da sei anni, è casa nostra. Ma siamo coscienti del fatto che si tratta di una casa speciale e non di un appartamento come tutti gli altri.
Non sono metodista, nessuno della mia famiglia ha contatto con i metodisti, ma rispettiamo il fatto che ci siano delle persone che passano davanti a casa nostra dicendo: «Però è strano, qui ci siamo sposati, qui sono stati battezzati i nostri figli…».
Per quanto mi riguarda, l’edificio mi piace perché è costruito molto bene. Lo spazio è stato concepito nel modo giusto: è grande abbastanza per organizzarvi delle buone manifestazioni, ma nel contempo resta un luogo abbastanza intimo. La gente ci dice spesso che qui ci si sente in fretta a proprio agio.
E poi noi non siamo dei professionisti, abbiamo degli altri lavori, eppure ospitiamo in media 150 rappresentazioni per anno. Abitare proprio sopra la sala degli spettacoli è comodo: se per dieci volte c’è la stessa rappresentazione si può salire e mangiare in famiglia o sbrigare le faccende amministrative.
Forse bisogna essere un po’ pazzi per fare questo tipo di cose: ci costa molte ore di lavoro e ha cambiato la nostra vita, ma non rimpiangiamo la nostra decisione. Siamo diventati amici di molti artisti e questo compensa il fatto che ci sia meno tempo per gli amici di prima.
Intervista swissinfo, Doris Lucini
In Svizzera, da un punto di vista giuridico, la Chiesa evangelica metodista è un’associazione. Le sue attività sono finanziate da donazioni spontanee.
Tra gli edifici di culto dei metodisti c’erano anche la cappella Wesley a Berna e la cappella Inselhof a Zurigo.
La cappella di Berna è stata venduta nel 1998 da un fotografo, che ne ha ricavato un appartamento e una piccola sala teatrale.
A Zurigo, nel 1999, è stato aperto il ristorante «Blinde Kuh»: il personale è ipovedente e la sala è al buio. Si tratta di un’iniziativa che ha riscosso notevole successo.
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