Da Ginevra un nuovo piano per la pace
Si è svolta lunedì a Ginevra la cerimonia di lancio di un nuovo piano per la pace in Medio Oriente.
L’iniziativa, che si è sviluppata grazie al sostegno della Svizzera, è stata tenuta a battesimo da personalità di spicco palestinesi, israeliane e dall’ex presidente americano Jimmy Carter.
Secondo i promotori, l’evento, con la firma simbolica del cosiddetto “Accordo di Ginevra”, ha inaugurato una vasta campagna internazionale per raccogliere sostegno popolare e politico attorno all’iniziativa.
“La pace è possibile e la crisi che viviamo non è l’unica prospettiva. È questa la sfida che proponiamo al popolo e alla comunità internazionale. Perché ora c’è una scelta, ma sta a loro farla vivere. A livello locale e mondiale”, ha detto Ghaith Al Omari, portavoce della delegazione palestinese.
L’accordo era già stato firmato una prima volta in Giordania, il 12 ottobre scorso, dall’ex ministro israeliano Yossi Beilin e dal palestinese Yasser Abed Rabbo, che hanno portato avanti la trattativa negli incontri che si sono svolti in segreto per due anni.
Una sfida internazionale
Entrambe le parti dicono che la cerimonia simbolica di lunedì rappresenta l’apertura di una fase nuova e più dinamica nello sforzo di guadagnare il consenso dell’opinione pubblica al nuovo piano di pace.
L’accordo traccia le linee guida per la spartizione di Gerusalemme e per la creazione di uno stato palestinese, ma entra anche nel merito di questioni controverse come il ritorno dei profughi palestinesi e lo smantellamento della maggior parte degli insediamenti israeliani nei Territori Occupati.
“Veniamo a Ginevra per presentare l’iniziativa gli uni agli altri, ai nostri popoli e alla comunità internazionale”, ha dichiarato Daniel Levy, membro della delegazione israeliana. “Portiamo un messaggio: non è un conflitto insanabile. Ed esistono soluzioni”.
Molte le personalità presenti alla cerimonia
L’evento è stato aperto dall’attore americano Richard Dreyfuss e ha visto la partecipazione di centinaia di personalità della politica, dell’industria, della cultura e dell’arte.
Oltre alla Ministra degli esteri elvetica, Micheline Calmy-Rey, hanno preso parte alla cerimonia tre premi nobel, come l’ex presidente polacco Lec Walesa, e gli inviati speciali di alcuni stati arabi, tra cui il Marocco e l’Egitto, insieme ai protagonisti delle due parti in conflitto.
C’era anche una delegazione di organizzazioni della società civile. Secondo Levy: “I vari gruppi hanno capito che per i loro obiettivi ed interessi arrivare alla pace costituisce la cosa più importante”. Al Omari ha aggiunto: “L’eterogeneità dei partecipanti riflette il messaggio centrale di questa iniziativa: la pace e la politica sono valori universali”.
In cerca di sostegno
Nelle scorse due settimane, per promuovere la conoscenza dell’iniziativa presso la popolazione locale, copie del piano di pace – un documento di 50 pagine – sono state recapitate a tutte le famiglie israeliane e pubblicate sui giornali palestinesi.
Il Centro per il dialogo umanitario, un’organizzazione indipendente di Ginevra che lavora sulla mediazione per la pace, ha ricevuto l’incarico di aiutare a finanziare e promuovere l’iniziativa.
In un sondaggio realizzato recentemente dall’Università Rice (Texas) e dall’International Crisis Group di Washington, il 53,3 per cento degli israeliani intervistati si dice disposto a sostenere la proposta, mentre il 43,9 per cento si dichiara contrario. Da parte palestinese, l’accordo conquisterebbe un consenso pari al 55,6 per cento, mentre gli oppositori sarebbero il 38,5 per cento.
L’opposizione delle autorità israeliane e palestinesi
L’iniziativa ha tuttavia incontrato la forte opposizione del governo israeliano ed il primo ministro Ariel Sharon ha dichiarato a più riprese che la “Road Map” americana è l’unica via alla pace in Medio Oriente.
Il governo svizzero ed il gruppo che ha portato avanti i negoziati insistono da parte loro col dire che la proposta non sostituisce la Road Map. “La Road Map è l’unico piano di azione ufficiale in discussione”, scandisce Al Omari, “e di conseguenza è un progetto nel quale siamo coinvolti e che non vogliamo in nessun caso mettere a repentaglio”.
In un primo tempo sembrava che il leader palestinese Yasser Arafat sostenesse, seppure a denti stretti, l’Accordo di Ginevra. Ma in seguito Al-Fatah – fondato e tuttora guidato da Arafat – ha ritirato il suo appoggio. Secondo il movimento ci vorrebbero delle modifiche radicali nel documento sulle questioni riguardanti i rifugiati e Gerusalemme.
“Non ci aspettiamo che Arafat lo sostenga, almeno finché non si profila all’orizzonte una controparte israeliana. Se riusciamo a coinvolgere il governo di Tel Aviv a sostenere e promuovere un’iniziativa di questo tipo, allora possiamo aspettarci che Arafat e l’OLP prendano una posizione”, conclude Al Omari.
Nel frattempo il segretario di Stato americano Colin Powell ha incoraggiato l’iniziativa, che ha definito “importante” e “potenzialmente utile”. Levy e Al Omari confermano che una delegazione mista israeliana e palestinese andrà negli Stati Uniti questa settimana, anche se ancora deve giungere la conferma di un incontro con Powell.
Il ruolo della Svizzera
Alla conferenza stampa di presentazione dell’evento, che si è svolta a Ginevra la scorsa settimana, i portavoce di entrambe le delegazioni hanno ringraziato la Svizzera per il ruolo di facilitazione e per avere consentito “ad israeliani e palestinesi di avvicinarsi”. Daniel Levy ha sottolineato che grazie all’accordo, la parola “Ginevra” è diventata “incredibilmente familiare” in Medio Oriente.
Ma i rappresentanti del Governo elvetico hanno tenuto a ricordare che la Confederazione ha rivestito nella trattativa esclusivamente il ruolo di facilitazione, senza influire in nessun modo sui contenuti dell’accordo. “Abbiamo semplicemente lavorato su un modello, già ben sperimentato, di supporto a progetti che vengono dalla società civile”, precisa a swissinfo Paul Fivat, portavoce del Dipartimento Affari Esteri. “Ora c’è sul tavolo un piano, che deve essere discusso da tutte le parti coinvolte. Crediamo sia giusto e legittimo sostenere tentativi come questo”.
swissinfo, Anna Nelson, Ginevra
(traduzione di Serena Tinari)
Un piano di pace per il Medio Oriente, elaborato grazie alla facilitazione della Svizzera, è stato presentato lunedì a Ginevra nel corso di una cerimonia cui hanno partecipato circa 400 personalità israeliane, palestinesi e della comunità internazionale.
L’iniziativa, nota con il nome di Accordo di Ginevra, è stata elaborata grazie a due anni di incontri segreti e riguarda molti aspetti che dividono israeliani e palestinesi.
L’accordo traccia le linee guida per la spartizione di Gerusalemme, la creazione di uno Stato palestinese, la questione dei rifugiati palestinesi e quella delle colonie israeliane nei Territori Occupati.
I promotori hanno lanciato una campagna internazionale per guadagnare sostegno politico e popolare all’iniziativa, che è stata aspramente criticata dal governo israeliano.
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