Küng: «L’economia ha bisogno di morale»
Il teologo svizzero Hans Küng è uno dei più brillanti pensatori cattolici della sua generazione.
Jonathan Summerton, di swissinfo, si è intrattenuto con lui sul ruolo di un’etica globale per l’economia e per la politica.
Fra i molti libri scritti da Hans Küng vi è il recente “L’etica mondiale per la politica e l’economia”, edito in Italia da Queriniana.
swissinfo: Professor Küng, cos’è l’etica mondiale?
Hans Küng: Non è parte di una nuova ideologia e non è una religione unica.
Si tratta di una cosa molto semplice: è lo standard morale minimo necessario perché la convivenza sia possibile all’interno di una famiglia, di una comunità o di una nazione. Ci vuole un certo consenso su alcuni principi morali basilari, principi che si ritrovano in tutte le grandi tradizioni dell’umanità, nelle tradizioni religiose e filosofihe.
Le faccio un solo esempio: la massima “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te” la si ritrova negli insegnamenti di Confucio, nel giudaismo, nel “sermone sul monte” e nella tradizione islamica. È una norma globale, che può essere adottata dagli individui, dalle nazioni e da altri gruppi umani.
Tutto ciò è ancora valido nel XXI secolo? L’etica globale non finisce per essere definita attraverso parametri occidentali?
No, queste norme si trovano nell’antica saggezza cinese, nelle tradizioni indiane o fra gli aborigeni d’Australia. Questa è la cosa bella. Non è un concetto occidentale imposto agli altri. Non si applicano standard morali occidentali, perché questi principi basilari sono presenti ovunque.
Si parla molto di trasparenza e di responsabilità, nella politica e nell’economia. Si tratta di concetti reali o di slogan utilizzati a uso e consumo dei media e del pubblico?
Sicuramente la trasparenza è carente. Se però si guarda ai recenti scandali a Wall Street o in Svizzera, ci si rende conto che non si può parlare solo di mancanza di trasparenza in senso tecnico. Si tratta più semplicemente di menzogne, truffe e furti.
Io credo che sia a Wall Street, sia in Svizzera, molte persone stiano capendo che l’economia ha bisogno di una certa morale, di una certa etica, per evitare disastri come quelli di Swissair, Credit Suisse, Ringier e altri, dove vi è stata molta disonestà.
Non è una regola generale della politica e dell’economia il fatto che chi detiene il potere operi soprattutto in funzione del proprio interesse, almeno finché non viene colto in fallo?
Sì, ma gli sviluppi recenti dimostrano che questo equivale a una cattiva politica e a una cattiva economia. Naturalmente è legittimo lavorare per i propri interessi, ma solo se si rispettano alcuni standard etici minimi.
Fare affari ignorando qualsiasi norma etica è possibile all’interno di una bolla speculativa come quella che ci siamo appena lasciati alle spalle. Ma appena si raggiunge la fase critica – e noi ora siamo a questo punto – la bolla esplode e a tutti appare evidente che l’economia non si basava su buoni principi etici.
Le grandi aziende cercano di mostrare un senso di responsabilità nelle questioni ambientali e sociali a livello globale. Ma i movimenti di critica alla globalizzazione sono ancora scettici…
Addirittura persone come Horst Köhler, il direttore del Fondo monetario internazionale, ammettono che molte proteste e manifestazioni contro alcuni disfunzioni della globalizzazione sono giustificate.
Oggi si sta sviluppando un consenso sul fatto che la globalizzazione ha certamente aspetti positivi ai quali non bisogna rinunciare, ma che d’altro canto ha anche molti svantaggi. Ci sono vincitori e perdenti.
Non dobbiamo dimenticare che il capitalismo delle origini ha avuto bisogno di molte riforme. Ora, nell’epoca della globalizzazione, non possiamo basarci esclusivamente sui principi dell’economia ignorando quei paesi o addirittura continenti, come l’Africa, che non riescono a tenere il passo. Dobbiamo trovare un certo equilibrio.
Se parliamo di globalizzazione, parliamo di un certo numero di paesi, le cui imprese espandono le loro attività in tutto il mondo. È utile che i dirigenti di queste aziende si trasformino in filantropi e aiutino i paesi più sfavoriti?
È una buona cosa se le persone molto ricche sono anche generose verso il prossimo. Ma naturalmente la soluzione non può essere questa. Abbiamo bisogno di una nuova struttura finanziaria globale.
Non possiamo dipendere troppo dalle reazioni dei mercati, dove la fiducia in un paese cresce troppo in fretta e in caso di crisi mondiale tutti gli investimenti stranieri abbandonano il paese provocando catastrofi. Necessitiamo di determinate norme e per questo ci vuole un impulso etico.
Se nei governi e nel mondo della finanza non c’è nessuno pronto a fare e a dire qualcosa, scivoleremo da una crisi all’altra.
La recente evoluzione – il crollo della borsa – è un segno di un surriscaldamento irrazionale, come del resto ha osservato anche il presidente della Federal Reserve statunitense. Ma perché non è stato intrapreso nulla contro questo surriscaldamento?
Le quotazioni in borsa hanno continuato a crescere finché, come sempre, la bolla è esplosa. Per evitare situazioni simili in futuro dobbiamo essere più prudenti e ammettere che la struttura finanziaria del mondo è insoddisfacente.
In fondo abbiamo bisogno di una sorta di nuovo accordo di Bretton Wood. Il primo ha permesso una certa stabilità dei mercati durante due o tre decenni. Ora raggiungere a mio avviso un nuovo accordo e spero che non si debba giungere ad una nuova crisi mondiale come quella del 1929 prima che qualcosa si muova.
Intervista di Jonathan Summerton, swissinfo (traduzione: Andrea Tognina)
Hans Küng, nato a Sursee, nel canton Lucerna, nel 1928, ha studiato filosofia e teologia a Roma e Parigi ed è stato ordinato sacerdote nel 1954.
Fra il 1962 e il 1965 è stato consulente teologico del Concilio Vaticano II, voluto da papa Giovanni XXIII.
È stato il primo teologo cattolico di rilievo a rifiutare le dottrina dell’infallibilità del papa, nel 1971.
Nel 1979 è stato privato del diritto di insegnare come teologo cattolico.
Tra il 1960 e l’emeritazione nel 1996, Küng è stato professore di teologi aecumenica e direttore dell’istituto di ricerca ecumenica dell’Università di Tubinga, in Germania.
È presidente della Fondazione per un’etica mondiale.
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