L’estremo saluto al giovane ucciso a Locarno
Gente comune, tanti giovani, personalità politiche: una folla immensa ha accompagnato Damiano Tamagni, il giovane ucciso a Locarno durante il Carnevale, nel suo ultimo viaggio.
Sebbene la cerimonia funebre abbia tentato di mettere del balsamo sulle ferite delle famiglie lacerate dal dolore, prima fra tutte quella di Damiano, lo sgomento in Ticino rimane alto.
“Grazie Damiano”. Grazie è forse una delle parole pronunciate più volte nel corso della funzione religiosa di mercoledì. Da parte degli amici più cari, che porteranno per sempre nel loro cuore la figura generosa e solare di “Dami”. Da parte del vescovo di Lugano, Monsignor Piergiacomo Grampa, che ha lodato l’esempio di una vita caratterizzata da gioia di vivere, impegno per la comunità e serietà nell’affrontare le sfide della vita.
Un impegno e una generosità che continueranno a vivere non solo nella memoria di tutti, ma anche nelle cinque persone che potranno vivere grazie al dono degli organi di Damiano. Autorità politiche ed ecclesiastiche sono concordi nell’affermare che il sacrificio del giovane ucciso non deve essere vano. Deve anzi avere un senso per tutta la società.
Una folla immensa
La Chiesa di Gordola, dove mercoledì pomeriggio si sono svolti i funerali di Damiano Tamagni, era stipata di persone. E il sagrato antistante era troppo piccolo per contenere una folla immensa. Davanti all’ingresso della chiesa le bandiere di dieci comuni del Locarnese. Un’atmosfera solenne, certo, ma anche di composta sofferenza.
“Di fronte al mistero della morte e della sofferenza le parole non sono sufficienti per superare lo sconcerto del cuore, tanto meno lo sono di fronte a questa morte assurda e sconvolgente”. È con queste parole, spesso rotte dalle lacrime, che il vescovo di Lugano ha iniziato la sua omelia.
Ricordando la personalità di Damiano, un ragazzo altruista pieno di speranze, il vescovo ha più volte parlato di una morte assurda che nessuno riesce ad accettare, e delle tremende lacerazioni che essa ha provocato non solo nella sua famiglia, ma nell’intera società. Una società che deve ora darsi l’opportunità di cercare e trovare soluzioni comuni per frenare manifestazioni di violenza sempre più diffuse.
Contrastare le cause del disagio
“La morte di Damiano, che ha generato un dolore senza confini, non passerà sotto silenzio. Come Cantone – ha dichiarato il ministro delle Istituzioni Luigi Pedrazzini – faremo di tutto affinché gli autori dell’aggressione siano puniti in modo esemplare. Il comprensibile sentimento di ribellione, che ha pervaso tutti noi, deve ora essere seguito da risposte severe”.
Ed ha aggiunto, rifacendosi all’ appello della famiglia di Damiano che chiede di non fomentare odio e razzismo: “Non ci deve essere spazio per vendette, per forme di prevaricazione su chi non ha nessuna colpa. Il Ticino è sempre stato un cantone aperto e accogliente, e tale deve rimanere. Ma vogliamo anche garantire piena sicurezza. Dobbiamo inoltre vigilare maggiormente al mondo dei giovani, e cercare di contrastare le cause del disagio giovanile”.
Malessere giovanile, appunto, che si manifesta con la violenza, nei fatti e nelle parole, e su cui il Ticino sta riflettendo. Lo dimostrano i numerosi dibattiti che hanno seguito l’omicidio di Locarno. Perché se è vero che la questione dell’integrazione è tornata alla ribalta, la violenza giovanile – spesso gratuita – è sicuramente uno degli elementi che impone un’immediata e approfondita riflessione.
Tentare di ricucire lo strappo
Intanto la giustizia segue il suo corso. Ma è nella vita quotidiana delle persone che si specchiano disorientamento, rabbia e voglia di curare le ferite aperte. L’ambasciata croata a Berna, conscia della gravità del momento, ha inviato un messaggio di cordoglio alla famiglia e un invito a conservare le buone relazioni tra svizzeri e croati.
Il padre spirituale della comunità croata in Ticino, Ivan Prusina, cerca come può di aiutare le famiglie degli aggressori, sconvolte dal dolore e schiacciate dal peso di un brutale gesto per il quale non si danno pace. “Sono persone semplici che lavorano duramente – ha detto alla stampa padre Ivan – ora tutto è crollato”.
“Anche se la giustizia non ci potrà ridare Damiano – ha concluso il vescovo Grampa – si prendano i provvedimenti dovuti secondo giustizia, consapevoli comunque che solo l’amore può risolvere alla radice i problemi di una vera convivenza sociale”.
swissinfo, Françoise Gehring, Gordola
Per la famiglia dei tre aggressori è stato difficile trovare degli avvocati difensori. Molti dei legali contattati hanno infatti declinato l’invito. Un segnale che la dice lunga sul clima teso che si registra in Ticino. I legali hanno potuto avere i primi contatti sorvegliati con i tre ragazzi, mentre non sono ancora stati ascoltati dal Ministero pubblico.
Oltre alla dinamica dei fatti, la giustizia dovrà inoltre stabilire le responsabilità di ognuno dei ragazzi. Sul fronte delle indagini non è escluso che alle due imputazioni già note – omicidio intenzionale e aggressione – possa essere aggiunta anche quella di omissione di soccorso.
Contro gli autori dell’omicidio di Locarno, Lega dei Ticinesi e UDC hanno chiesto, in un atto parlamentare, la revoca della cittadinanza svizzera per i naturalizzati e l’espulsione dal Paese per gli stranieri domiciliati.
Secondo la Legge sulla cittadinanza, l’ufficio federale competente può, con il consenso dell’autorità del Cantone d’origine, revocare la cittadinanza svizzera, la cittadinanza cantonale e l’attinenza comunale a una persona che possiede anche un’altra cittadinanza, se la sua condotta è di grave pregiudizio agli interessi o alla buona reputazione della Svizzera.
Sempre con il consenso del Cantone, Berna può, entro il termine di cinque anni, annullare la naturalizzazione o la reintegrazione conseguita con dichiarazioni false o in seguito all’occultamento di fatti essenziali.
La questione della revoca è molto più complessa e non si conoscono casi in cui sia stata applicata. Per quanto riguarda la tragedia di Locarno, Berna ha già fatto capire – sebbene non in modo ufficiale – che non è fra quelli che potrebbero giustificare il ricorso a misure estreme.
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