La Chiesa fa il suo mea culpa su un caso di pedofilia
La vicenda di un sacerdote pedofilo sta suscitando un certo tumulto all'interno della Chiesa svizzera. La Conferenza dei vescovi svizzeri vuole rivedere le sue direttive interne.
Dopo le ammissioni di responsabilità fatte questo fine settimana, il vicario generale della diocesi di Losanna, Ginevra e Friburgo propone la creazione di una banca dati internazionale.
Per evitare casi come quello che sta scuotendo la Chiesa cattolica svizzera in queste settimane, la Conferenza dei vescovi svizzeri (CVS) intende riesaminare le proprie direttive interne che fissano il comportamento da seguire in caso di preti sospettati di pedofilia.
È quanto indicato lunedì da Walter Müller, portavoce della CVS. «Le direttive attuali sono in vigore dal 2002 e prevedono una severa selezione dei candidati al sacerdozio, un migliore accompagnamento durante la formazione, nonché la possibilità di allontanare dai servizi pastorali le persone che hanno un comportamento scorretto; prima la politica era diversa», spiega Müller a swissinfo.
«La commissione d’esperti per gli abusi sessuali (della CVS) sarà probabilmente chiamata ad occuparsi del tema. Siamo consapevoli di dover ancora migliorare le procedure», ha precisato Müller.
Mea culpa
Domenica, dalle colonne di «Le Matin Dimanche», un membro della gerarchia cattolica svizzera ha ammesso per la prima volta una responsabilità della Chiesa nella vicenda del prete di 67 anni, indagato in Francia per atti di pedofilia.
Betticher aveva addirittura parlato di «complicità»: «La parola complicità mi fa male per la Chiesa che amo, ma è vero», ha dichiarato Betticher.
«È evidente che la procedura non si è svolta correttamente all’epoca. Altrimenti non ci sarebbe potuta essere una recidiva», ha aggiunto. La curia sapeva infatti – almeno dal 1989 – che il sacerdote, un cappuccino, aveva abusato di un ragazzo, ma non aveva denunciato il fatto alla giustizia civile. La gerarchia ecclesiastica aveva preferito lasciar trasferire il molestatore in Francia, dove è ricaduto una volta almeno nello stesso vizio.
«Constato che si è agito in modo inaccettabile. All’epoca c’era una omertà spaventosa. Nei club di calcio, nelle scuole, si agiva allo stesso modo. Ma per un prete, è molto più grave: dev’essere al di sopra di ogni sospetto».
Da allora le cose sono cambiate, ha assicurato Betticher: «Abbiamo ormai una procedura molto severa. Non appena il vicario giudiziario è informato dei sospetti, deve immediatamente condurre un’indagine ecclesiastica. Se i fatti trovano conferma, chiederà al prete di denunciarsi. Se rifiuta, lo farà egli stesso».
Rete internazionale
Secondo il vicario generale bisogna però andare ancora oltre: «Dobbiamo creare una rete internazionale per poter istituire un’autentica assistenza giudiziaria tra episcopati a livello mondiale», dice il membro della gerarchia cattolica friburghese in interviste pubblicate lunedì dai quotidiani «24 Heures» e «Tribune de Genève». E questo «con l’aiuto del braccio secolare della giustizia che ha mezzi di cui noi non disponiamo».
«Dobbiamo essere più severi. In caso di dubbio, ad esempio, sugli strumenti dei cappuccini per controllare il padre accusato di pedofilia, la diocesi deve esigere una visita canonica». Si tratta in particolare di assicurarsi che venga effettivamente garantita la qualità del controllo permanente previsto dalle regole del 2002, per esempio mediante un bilancio psicologico semestrale.
Un segnale importante
Colette Marti, responsabile della campagna «No alla violenza sessuale sui bambini!» dell’Associazione svizzera per la protezione dell’infanzia, giudica positivamente questa presa di posizione della Chiesa.
«Si tratta di un segnale inviato al pubblico: un’istituzione come la Chiesa dice in sostanza ‘noi non accettiamo questo genere di comportamenti’».
«Senza dubbio siamo solo all’inizio di un lavoro che deve essere svolto in profondità – sottolinea ancora Colette Marti. È importante che tutti coloro che lavorano in una chiesa – non solo i preti ma anche ad esempio chi suona l’organo – siano sensibilizzati al problema».
swissinfo e agenzie
La Conferenza dei vescovi svizzeri (CVS) è stata fondata nel 1863 a Soletta ed è diventata, su scala mondiale, la prima assemblea di vescovi a riunirsi regolarmente.
Ne fanno parte i vescovi delle diocesi di Basilea, Coira, Losanna-Ginevra-Friburgo, Lugano, Sion e San Gallo, nonché gli abati di Einsiedeln e St. Maurice.
Il prete al centro della vicenda che sta scuotendo la Chiesa cattolica elvetica era stato implicato in casi di pedofilia in Svizzera tra il 1968 e il 1972. Nel 1989 aveva lasciato il paese per la Francia, dove dapprima aveva ottenuto un ministero a Grenoble. Nel 2002, la Diocesi di Ginevra, Losanna e Friburgo, venuta a conoscenza della situazione, ha allertato la curia di Grenoble della pericolosità dell’uomo.
In un primo tempo trasferito a Lione, il sacerdote è poi ritornato in Svizzera nel 2005. Attualmente vive nel convento di Montcroix a Delémont, nel Giura, dove è protetto dalla pressione dei media, secondo quanto dichiarato dal padre provinciale dell’ordine, Ephrem Bücher.
Il sacerdote è stato interrogato lo scorso 14 gennaio dalla polizia cantonale giurassiana su richiesta della giustizia francese. L’uomo ha ammesso palpeggiamenti a carattere sessuale su un dodicenne nel 1992 nella regione di Grenoble. La vittima era suo nipote, ha indicato la magistratura francese, che si riserva di spiccare un mandato di cattura internazionale. Il 67enne avrebbe anche riconosciuto di aver commesso molestie in Svizzera.
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