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«Un gesto di fiducia del Papa verso la Svizzera»

Un momento della cerimonia in Vaticano, con il Papa e il neo-consacrato cardinale Cottier Keystone

Tra i nuovi cardinali della Chiesa cattolica consacrati questa settimana, c'è anche lo svizzero Georges Cottier, il teologo del Papa.

Il neo-porporato, da 14 anni in Vaticano, ha concesso un’intervista a swissinfo

swissinfo: Cardinale Cottier, qualcuno l’ha definita «il guardiano del tempio» per il suo ruolo in Vaticano. Che cosa significa?

Cardinale Cottier: Io devo rileggere i testi preparati per il Santo Padre, per verificare che siano chiari dal punto di vista della dottrina e che non comportino ambiguità. Perché i redattori di questi testi sono numerosi e vengono da orizzonti differenti, per cui c’è bisogno di qualcuno che abbia una visione unitaria del pensiero.

Il Papa ha scritto moltissimo, secondo alcuni addirittura 18 milioni di parole nei suoi 25 anni di pontificato…

Cardinale Cottier: Sì, il Santo padre ha scritto moltissimo. La tendenza, già iniziata con Paolo VI, è dovuta anche al fatto che la gente viaggia molto, e molti sono anche coloro che vengono a Roma a chiedere udienza al Santo Padre.

E visto che oggigiorno è molto facile registrare la voce, bisogna evitare le improvvisazioni, affinché le dichiarazioni del Papa non siano poi travisate dalla stampa. Per cui ora tutto viene scritto.

In passato non era così. Pio XI, per esempio, improvvisava quasi sempre durante le udienze che concedeva.

Con la sua nomina a cardinale, la Svizzera diventa un paese molto ben rappresentato nella ristretta cerchia dei porporati. Tre cardinali per un così piccolo Paese dove, oltretutto, accanto ai cattolici c’è una forte tradizione protestante. Non c’è il rischio di creare uno squilibrio?

Cardinale Cottier: Spero di no. Il cardinalato è un gesto di grande fiducia del Santo Padre verso il nostro paese. E i nostri fratelli protestanti capiscono certamente che dipende dalla struttura della nostra chiesa, per cui non riesco a immaginarmi che il fatto di avere tre cardinali svizzeri possa creare problemi.

Anzi, per la mia nomina, ho ricevuto molte testimonianze da parte di amici protestanti, che mi hanno molto commosso.

Negli ultimi anni, la Chiesa cattolica in Svizzera ha vissuto momenti difficili, con la fondazione della comunità integrista di Écône, la contestazione del vescovo conservatore Haas o la paternità del vescovo Vogel. Come giudica questi episodi?

Cardinale Cottier: Veramente, per la Svizzera quello di Écône è stato come un corpo straniero, perché erano francesi sia il vescovo Lefèbvre che il nucleo dei suoi partigiani. Comunque è vero che anche in Svizzera, soprattutto in Vallese, alcuni hanno sofferto per la maniera un po’ brutale con cui è stata applicata la riforma liturgica.

Il caso del vescovo Haas concerne soprattutto una persona. E dipende anche dalla peculiarità della Svizzera, dove alcuni cantoni possono dire la loro anche nelle cose della chiesa. Inoltre, a Roma si è molto riflettuto alla questione, perché se si sposta un vescovo, cedendo alle proteste, si crea un precedente. E a Roma si pensa sempre a livello universale.

Quello del vescovo Vogel di Basilea è un caso di miseria umana, come ne sono successi alcuni nella storia della chiesa. E dobbiamo avere misericordia per le debolezze e pregare per tutti anche per i nostri vescovi e sacerdoti.

Che considerazioni ha avuto il pontefice nei confronti di queste vicende che hanno indiscutibilmente turbato la tranquillità della Chiesa svizzera?

Cardinale Cottier: Il Papa ha preso molto a cuore il caso del vescovo Haas. Mi aveva invitato a un suo incontro con i vescovi svizzeri, per cercare una soluzione pacifica, una soluzione improntata all’unità, alla carità. E il Santo Padre, che ci teneva molto, ha anche trovato la soluzione.

Riguardo a Écône: per non favorire lo scisma, il Papa ha fatto in modo che i cattolici caduti nella trappola di Lefèbvre potessero fare ritorno nella Chiesa. Ma c’è ancora un nucleo di resistenza, e temo che Écône finisca per diventare una sorta di setta.

In Svizzera molti cattolici sono insofferenti nei confronti delle tendenze centralizzatrici e delle gerarchie del Vaticano. Molti pensano che la Chiesa cattolica, contrariamente a quella protestante, soffra di un “deficit democratico”. Lei come vede questo problema?

Cardinale Cottier: Innanzitutto, il criterio democratico non può essere applicato alla Chiesa, che per la sua propria natura è gerarchica.

Ma ci sono anche parecchi pregiudizi: per esempio, si esagera molto il centralismo romano. Io sono qui da 14 anni e vedo che si fanno molte consultazioni, molte commissioni.

Inoltre il Papa prende le sue decisioni dopo aver ascoltato molte persone, e non tutte della stessa tendenza.

In quanto teologo del Papa, lei ha esaminato negli ultimi anni tutti i documenti più importanti pubblicati da Giovanni Paolo II. Esiste un “fil rouge” in questi testi?

Cardinale Cottier: Certamente, perché pur parlando di tanti temi, il Papa si è sempre preoccupato della fede del popolo cristiano.

Concretamente si può dire che questo pontificato, come già quello di Paolo VI, è segnato dalla ferma volontà di applicare il Concilio vaticano II. Il Papa ha raccolto l’eredità del concilio e si dà da fare per applicarlo con numerose istituzioni e iniziative.

Il Papa è pure molto attento ai problemi attuali della nostra società. È molto significativo, per esempio, il suo fortissimo impegno per la famiglia e per la pace.

Mentre il suo interesse per la pietà della gente, per i pellegrinaggi, per le grandi tradizioni di preghiera, significa che quella voluta dal Santo Padre è una Chiesa più vicina al popolo. È uno stile nuovo per il papato e per tutta la Chiesa.

Giovanni Paolo II si è profilato come un pontefice sensibile a una certa modernità, contro la globalizzazione senza controllo, a favore dei poveri, contro la guerra. Un Papa molto moderno, che ha però anche mandato molti segnali contraddittori sulla moral

Cardinale Cottier: Non so se sono contraddittori. Bisognerebbe vedere se non c’è una logica in questo comportamento del Papa.

Uno dei mali del mondo per il Papa è certamente il liberalismo filosofico. Se l’uomo è egli stesso fonte del bene e del male, va tutto in rovina, perché siamo nel relativismo totale, senza più criteri oggettivi. E l’uomo è abbandonato alla sua individualità, con tutti i guai che ne conseguono.

Fin dall’inizio, il Papa ha insistito sui problemi della vita della coppia, della famiglia, della vita sessuale. E anche sulla dottrina sociale della chiesa. E lì si capisce anche il suo impegno per la solidarietà, contro la globalizzazione cieca, che di fatto significa la predominanza dei forti sui deboli.

Lo stesso vale per gli individui. La libertà individuale senza norma etica è causa non soltanto di divisione, ma anche di potere e di umiliazione nell’ambito dei rapporti umani.

Lo stato di salute del pontefice è sempre più precario e molti si interrogano sulla persona che gli succederà. Come dovrà essere colui che sarà chiamato a portare avanti le riforme di Papa Woytila?

Cardinale Cottier: La storia recente della Chiesa ci fa vedere che abbiamo avuto una serie di grandi Papi molti diversi l’uno dall’altro. Il Papa ci lascia davanti a una chiesa più universale di prima.

Un processo cominciato con il Concilio vaticano II, che però era ancora dominato dagli europei. E ora tutto questo non c’è più, per cui ci troviamo di fronte a interrogativi ai quali preferisco non rispondere. Lasciamo che sia lo Spirito Santo a illuminare la coscienza dei cardinali che dovranno votare.

Che certamente faranno anche un bilancio dei grandi problemi che si pongono alla Chiesa di oggi, problemi che il Papa ha già definito come quelli della nuova evangelizzazione.

Secondo lei, quale immagine di Giovanni Paolo II passerà alla storia?

Cardinale Cottier: Un’immagine fatta di contrasti, tra la figura dell’uomo forte, molto mediatico che era prima, e quella attuale del grande infermo, che soffre molto.

Ma soprattutto un’immagine di Cristo sofferente, mentre vive profondamente il mistero della croce. La nostra società cerca di dimenticare la sofferenza, l’infermità e anche la morte. E ora, un uomo che ricorda l’esistenza di molti anziani, di molti handicappati, di molti malati, rende un grande servizio alla società. Questa sarà un’immagine forte, che rimarrà.

swissinfo, intervista di Paolo Bertossa e Mariano Masserini

Martedì, 21 ottobre 2003, il Papa ha consacrato 30 nuovi cardinali, tra cui lo svizzero Georges Cottier.

Gli altri due cardinali elvetici sono l’ex vescovo di Sion Henri Schwery (71 anni) e il ticinese Gilberto Agustoni (81), attivo nella curia.

In passato la porpora cardinalizia era stata attribuita solo a cinque svizzeri.

La prima volta nel 1511, a Matthäus Schiner (1465-1522), potente vescovo vallesano nato a Mühlebach vicino a Ernen (VS).

Bisogna poi aspettare sino alla fine del 19esimo secolo per la seconda nomina: Gaspard Mermillod (1824-1892), nato a Carouge (GE), vescovo di Losanna-Ginevra con sede a Friburgo, ricevette la porpora nel 1890.

Nel 1965 fu la volta del vescovo friburghese Charles-Joseph Journet (1891-1975), nato a Vernier (GE), e nel 1967 di Benno Gut (1897-1970), nato a Reiden (LU), abate primate dei Benedettini.

Il teologo Hans Urs von Balthasar (1905-1988) ricevette la nomina da Giovanni Paolo II nel 1988, ma morì due giorni prima della cerimonia.

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