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Un vescovo consiglia di controllare più da vicino le moschee

Secondo Monsignor Bürcher, la gente deve imparare a convivere Keystone

Uno dei massimi esperti di islam della Chiesa cattolica afferma che le autorità federali dovrebbero sorvegliare da vicino le moschee svizzere.

Intervistato da swissinfo, Pierre Bürcher, vescovo ausiliario di Losanna, Ginevra e Friburgo, spiega che quanto sta accadendo dietro le mura delle moschee costituisce una minaccia alla pace ben più grave della costruzione di minareti.

Le parole del monsignore giungono a poche settimane di distanza dal lancio dell’iniziativa anti-minareti da parte di un gruppo di politici di destra.

Secondo il presidente del gruppo di lavoro “Islam”, creato nel 2001 dalla Conferenza dei vescovi svizzeri, gli incontri avuti con alcuni esponenti musulmani sia in Svizzera che all’estero (il gruppo si è infatti recato in Iran e in Siria) hanno contribuito a migliorare i rapporti e la comprensione reciproca tra le due comunità religiose.

Ciò nonostante, avverte Bürcher, il cammino verso una coesistenza davvero pacifica è ancora lungo e irto di ostacoli.

swissinfo: Monsignor Bürcher, Lei sostiene che sul piano religioso le relazioni tra le due comunità stanno migliorando. In realtà, su questi rapporti pende costantemente la spada di Damocle degli eventi politici globali…


Pierre Bürcher: Il dialogo interreligioso e interculturale rappresenta una delle principali sfide di inizio XXI secolo e negli ultimi decenni la Chiesa cattolica ha inserito tra le sue priorità l’avvio di contatti con le altre confessioni. Papa Benedetto XVI, così come il suo predecessore Giovanni Paolo II, è infatti convinto che questo dialogo sia vitale per il futuro della nostra società.

Sul piano politico, sia in Svizzera che all’estero (mi riferisco in particolare all’Iran e alla Siria) le varie autorità ci hanno sempre riservato un’accoglienza calorosa. A seminare zizzania è soltanto una piccola frangia di estremisti che pur ponendo enormi problemi, non rappresenta il vero islam.

swissinfo: In alcuni Paesi del Medio Oriente i cristiani non beneficiano della medesima libertà religiosa accordata ai musulmani in Svizzera. In questo senso, durante le vostre visite nella regione avete colto segnali circa un possibile cambiamento di rotta?

P.B.: Per fortuna in Svizzera la libertà religiosa e di culto è un diritto garantito dalla Costituzione, ma in altri Paesi la situazione è ben diversa. In alcuni Stati del Golfo come il Qatar e gli Emirati arabi uniti, ad esempio, i cristiani sono liberi di praticare il proprio culto e spesso sono gli stessi emiri a fornire il terreno necessario per la costruzione di una chiesa.

L’Arabia Saudita, per contro, non riconosce né la libertà religiosa né quella di culto, ma ciò non impedisce a numerosi cristiani di vivere e lavorare in questo Paese. Personalmente sono convinto che verrà il giorno in cui anche i cristiani saranno liberi di professare la propria fede anche in Arabia Saudita. Affinché questo auspicio si realizzi, dobbiamo però continuare a fare pressione sulle autorità musulmane del governo saudita.

Nel contempo, l’iniziativa lanciata in Svizzera contro la costruzione di minareti dimostra che anche in casa nostra esiste una certa dose di estremismo.

swissinfo: In effetti, questa iniziativa è una reazione inequivocabile alla diffusione dell’islam e della legge islamica in Svizzera. Qual è la posizione della Chiesa cattolica al riguardo?

P.B.: Le leggi svizzere devono essere rispettate e non possiamo permettere che vengano prevaricate da un altro modo di pensare, ad esempio dalla sharia.

Il minareto è sì un simbolo per i musulmani, ma non costituisce una parte essenziale della moschea e dobbiamo evitare di incaponirci su questo punto. Ciò che conta veramente è quanto accade all’interno delle moschee dove il Corano viene letto e spiegato e dove alcune persone possono smarrire la retta via. È infatti in questo luogo di culto che l’imam pronuncia la khutba, il sermone islamico dal contenuto spesso politicizzato, ed è qui che vengono veicolati sentimenti antioccidentali o dove, addirittura, i fedeli vengono istigati a compiere atti terroristici.

Mi chiedo se le autorità siano veramente al corrente di quanto sta accadendo nelle moschee e se queste pratiche siano legali. A mio modo di vedere sono questi gli aspetti che contano e non tanto se la legge consente o meno di costruire un minareto.

swissinfo: Sta forse dicendo che le autorità dovrebbero alzare la guardia su quanto sta accadendo all’interno delle moschee svizzere?

P.B.: Proprio così, dobbiamo renderci conto che nella tradizione musulmana, politica, cultura, società e religione sono indissolubilmente collegate l’una con l’altra. Su questo punto le due religioni hanno una visione nettamente contrapposta e anche un minimo accenno di tolleranza potrebbe risultare fatale per la pace e la coesistenza. Questo spiega perché in numerosi Paesi musulmani le autorità hanno rafforzato la vigilanza sulle moschee e perché la khutba viene sistematicamente monitorata.

swissinfo: È chiaro che la gente teme l’islam e questo non soltanto in Svizzera, ma anche in altri Paesi occidentali. Che fare per fugare questi timori?

P.B.: Uno dei motivi all’origine di questa paura consiste nella diversità delle due religioni e nella mancanza di comprensione reciproca. Inoltre, capita spesso che i nuovi arrivati sconvolgano l’equilibrio prestabilito, creando una situazione di disagio o addirittura di paura. Ecco perché dobbiamo imparare a convivere gli uni accanto agli altri, se non vogliamo incorrere in problemi ben più gravi.

swissinfo: Eppure, dopo secoli e secoli di frizioni, ci stiamo ancora arrovellando per trovare una soluzione. Che cosa le fa credere che questa sia la volta buona?

P.B.: Sul piano religioso, la maggior parte dei credenti, anche i più ferventi – siano essi cristiani, ebrei o musulmani – non raggiungeranno mai la perfezione. Lo stesso vale per le relazioni interculturali e interreligiose. Gli esseri umani hanno i loro limiti; sfortunatamente non siamo perfetti, né tanto meno lo sono le nostre società.

Intervista a cura di Adam Beaumont, swissinfo
(traduzione e adattamento di Sandra Verzasconi Catalano)

Un gruppo di politici di destra ha lanciato una campagna per vietare la costruzione di minareti in Svizzera.

I promotori dell’iniziativa hanno tempo fino a novembre del 2008 per raccogliere le 100’000 firme necessarie per indire una votazione popolare.

La comunità musulmana del Paese si dice sorpresa di questa campagna “islamofobica” che, avverte, rischia di deteriorare ulteriormente un rapporto già di per sé fragile.

Sia la Chiesa protestante, che quella cattolica hanno levato gli scudi in sua difesa. Al loro fianco, anche la maggior parte dei partiti politici, diversi esperti di diritti umani e alcuni ministri.

Costituito nel 2001, il gruppo di lavoro “Islam” è composto prevalentemente da cattolici, ma tra le sue fila annovera anche alcuni esponenti protestanti e musulmani.

L’obiettivo del gruppo è di coadiuvare la Chiesa cattolica nel risolvere le problematiche connesse con la presenza sempre più massiccia di musulmani in Svizzera, ad esempio sull’argomento dei matrimoni misti e del velo islamico.

Tra i suoi compiti quello di organizzare visite a comunità musulmane in Svizzera e all’estero. Lo scorso anno, su invito dell’Islamic Culture and Relations Organization il gruppo si è recato in Iran, mentre nel marzo di quest’anno ha visitato la Siria.

In un futuro non troppo lontano, Monsignor Bürcher conta di visitare anche i Balcani, ossia la regione da dove proviene la maggioranza dei 340’000 musulmani che vivono in Svizzera.

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