Svizzera a 10 milioni abitanti avrà penuria alloggi, su gli affitti
(Keystone-ATS) La Svizzera da 10 milioni di abitanti sarà confrontata con una penuria di alloggi.
Questo porterà gli affitti a crescere in modo più forte dei salari, sempre che il mondo politico non interverrà: in tal caso però si costruirà di meno, ciò che costringerà gli svizzeri a stringersi, cioè a limitare il loro spazio abitativo, sostiene un’analisi pubblicata oggi da UBS.
Stando agli esperti della banca guidata da Sergio Ermotti la popolazione residente permanente supererà la barriera dei 9 milioni nella prima metà del 2024; la soglia dei 10 milioni dovrebbe poi essere raggiunta entro la metà del 2030.
Questo ulteriore milione di persone stabilirà probabilmente nuovi record: mai prima di allora la popolazione era aumentata così rapidamente. E mai questa crescita, dovuta alla forte immigrazione, era stata accompagnata da una così scarsa attività edilizia.
La creazione di spazi abitativi più che sufficienti e la massiccia espansione dell’infrastruttura di trasporto sono responsabili del fatto che gli affitti sono aumentati molto meno dei salari da quando la Svizzera ha raggiunto i 5 milioni di abitanti nel 1955. Ciò che è stato vero negli ultimi 70 anni – diminuzione del costo degli alloggi, ampliamento dello spazio per persona e più elevato comfort abitativo – rischia di essere un ricordo del passato. Infatti vi sarà una carenza cumulativa di almeno 150’000 appartamenti entro il 2034, dovuta al rallentamento dell’attività edilizia.
Sempre stando agli economisti di UBS è probabile che nei prossimi anni le pigioni aumentino più rapidamente dei redditi. Gli affitti offerti potrebbero salire del 25-30% in termini reali entro la metà degli anni 2030, una tendenza paragonabile a quella registrata tra il 2002 e il 2012. A differenza di quanto avvenuto negli ultimi 70 anni, i canoni di locazione nei centri delle città dovrebbero aumentare in misura maggiore rispetto alla periferia, a causa dell’elevato livello di immigrazione.
Anche i prezzi degli immobili residenziali – sia per le case occupate dai proprietari che per i condomini – dovrebbero crescere più rapidamente dei redditi, mentre i tassi di interesse rimarranno complessivamente moderati. Da un lato, le zone di pregio continueranno a essere richieste in modo sproporzionato a causa della crescita. Dall’altro lato i centri si espanderanno sempre più verso gli agglomerati urbani, aumentando così anche la disponibilità di chi vi abita a pagare di più per l’alloggio. Gli stabili residenziali hanno pertanto il potenziale di eguagliare o addirittura superare gli aumenti di valore del passato.
I sogni di elevati aumenti di valore dovuti alla progressione degli affitti potrebbero però rapidamente rivelarsi un’illusione, mettono in guardia gli specialisti di UBS. Se la situazione abitativa di molte famiglie dovesse peggiorare i politici potrebbero “appesantire il mercato con ulteriori normative”. In questo scenario, l’attività edilizia diminuirebbe ulteriormente e le famiglie sarebbero costrette a vivere più ammassate. A rimetterci, a lungo termine, sarebbero anche il tessuto edilizio e la sostenibilità, a causa della mancanza di incentivi per ristrutturazioni complete ed efficienti dal punto di vista energetico, argomentano gli economisti dell’istituto che quest’anno, con il sostegno attivo della Confederazione e al di fuori del normale quadro legislativo, ha fagocitato Credit Suisse.