CN: identità “asilanti”, agevolare accesso a cellulari e tablet
(Keystone-ATS) Determinare l’identità di un richiedente asilo, senza documenti o che non coopera, giustifica un’intrusione, sebbene regolata e quale “ultima ratio”, nella sua sfera privata.
In casi specifici, insomma, dev’essere possibile accedere al suo cellulare, computer o tablet, come prevede una revisione di legge approvata oggi per 123 voti a 65 dal Consiglio nazionale, da cui si è dissociata una minoranza rosso-verde che giudica invece sproporzionata, costosa e poco efficace una simile possibilità concessa alla Segreteria di Stato della migrazione (SEM)
La ricerca di dati nei cellulari o altri supporti deve avvenire col benestare del diretto interessato. Dovrebbe consentire di determinare l’identità della persona in questione, il paese di provenienza e l’itinerario seguito per raggiungere la Svizzera.
Mantenere proporzionalità
La revisione della Legge sull’asilo adottata oggi, e che dovrà passare al vaglio degli Stati, realizza un’iniziativa parlamentare del consigliere nazionale Gregor Rutz (UDC/ZH), ispiratosi a una prassi in uso in Germania.
La proposta, sostenuta anche dal Consiglio federale, è stata combattuta da una minoranza rosso-verde che ha tentato anche la carta della non entrata nel merito, venendo però agevolmente superata (122 voti a 65 i contrari) da un emiciclo convinto della giustezza della revisione.
Ok intrusione, ma senza esagerazioni
Tuttavia, se la sinistra non è riuscita a far desistere la maggioranza di centro-destra dai suoi propositi, nemmeno la destra “conservatrice”, tradizionalmente favorevole a maggiore severità nei confronti dei richiedenti asilo, è riuscita a far breccia con le sue proposte di ulteriori inasprimenti.
Sì quindi all’analisi di cellulari e altri supporti, ma solo col consenso del diretto interessato, ha stabilito il plenum bocciando una proposta dello stesso Rutz che avrebbe dare la possibilità alle autorità di ordinare il sequestro di telefonini e quant’altro. Ciò vale anche quando un richiedente asilo ha ottenuto una risposta negativa e deve venir allontanato dal Paese.
La maggioranza desidera anche che le autorità considerino ogni caso individualmente, tenendo conto del principio di necessità e proporzionalità, prima di far capo a questa procedura. Un aggiunta combattuta, invano, dai democentristi. Oltre a ciò, la persona interessata va informata della procedura che l’attende: Gregor Rutz avrebbe voluto stralciare questa parte dalla legge, ma è stato sconfessato.
Anche dati di terzi
Il campo rosso-verde non è nemmeno riuscito ad impedire che le autorità preposte all’esame delle domande di asilo, possano controllare i dati personali di terzi qualora l’esame delle informazioni nel cellulare del diretto interessato abbiano dato esito negativo.
La sinistra teme che in questo modo si possa, per esempio, violare il segreto professionale del legale del richiedente, per non parlare delle sfera privata dei famigliari. I sostenitori di questo provvedimento pensano invece che, in questo modo, sia possibile, ricavare informazioni utili dalle persone che hanno accompagnato il richiedente nel suo viaggio, o su eventuali passatori.
I dati raccolti potranno inoltre essere conservati per un anno, come deciso dalla maggioranza. La sinistra avrebbe voluto ridurre questo termine a sei mesi, ma ha dovuto inchinarsi.
Revisione inutile
Prima dell’esame dettagliato del dossier, la minoranza ha fustigato una revisione che s’intromette pesantemente nei diritti fondamentali delle persone e che non rispetterebbe sufficientemente i requisiti legali in materia di protezione dei dati. Anche l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha criticato il progetto di legge bollandolo come una grave violazione della sfera privata, protetta dai diritti umani, ha ricordato Balthasar Glättli (Verdi/ZH).
Secondo lo zurighese, che ha sovente menzionato il caso tedesco, le ricerche di questo tipo hanno dato esito tutto sommato modesto, a fronte di mezzi importanti messi in campo. Anche nel corso del progetto pilota condotto dalla SEM, solo nel 15% dei casi è stato possibile ottenere informazioni utili. Insomma, la riforma è troppo onerosa a fronte degli sforzi profusi.
Il deputato ecologista ha espresso inoltre un certo sgomento per la possibilità di accedere a dati di terzi, che potenzialmente riguardano i famigliari, ma anche avvocati e giornalisti. A suo dire, per un’intrusione così profonda nella sfera privata di una persona sarebbe perlomeno necessario il benestare di un giudice.
Preservare credibilità politica di asilo
La maggioranza di centro destra, invece, ha rammentato che i richiedenti asilo, come dice la legge attuale, hanno l’obbligo di cooperare con le autorità per determinare le ragioni della loro domanda e fare luce su chi sono e da dove vengono.
Solo così è possibile decidere con cognizione di causa se la persona in questione sia degna o meno di ottenere protezione. In caso contrario rischia di venir meno anche l’accettazione nella popolazione del diritto di asilo.
A nome della commissione, Marco Romano (Centro/TI) ha affermato che la possibilità di accedere a cellulari e altri supporti rappresenta un tassello importante per accertare rapidamente l’identità di una persona e agevolare l’esame rapido e equo della domanda di asilo.
Oggi l’80% dei richiedenti non dichiara la propria identità oppure non dispone di documenti, ha spiegato Romano. Il progetto pilota della SEM ha permesso di ottenere elementi concreti in alcuni casi per far avanzare la procedura. Vi è insomma un interesse pubblico che giustifica tale revisione di legge, a parere del deputato di Mendrisio. È pacifico, ha spiegato ancora il ticinese, che i funzionari terranno conto nella loro decisione finale anche del grado di collaborazione della persona interessata.
Ad ogni modo, Romano ha rammentato che la decisione di far capo a strumenti simili va considerata quale “ultima ratio”, ossia dopo che tutti i tentativi di ottenere informazioni sono risultati inutili.