Identità elettronica: al via raccolta firme per referendum
(Keystone-ATS) Gli svizzeri potrebbero esprimersi sull’identità elettronica. Quanto deciso dal Parlamento sul tema non piace alla sinistra, che sostiene un referendum, la cui raccolta firme è iniziata oggi, per opporsi alla formulazione scelta dalle Camere federali in settembre.
Durante la recente sessione autunnale prima il Consiglio nazionale e poi quello degli Stati, adottando le basi che permetteranno di creare un’identità digitale (eID), hanno deciso sotto la spinta della destra che saranno i privati a gestire il futuro sistema. La Confederazione avrà solo un ruolo sussidiario: entrerà in gioco unicamente qualora essi non dovessero riuscire a soddisfare gli obiettivi della nuova legge.
L’utente che desidera avere un’eID dovrà quindi aprire un profilo (account) presso degli identity provider (IdP), ovvero fornitori privati di servizi. Una procedura che la sinistra contesta, tanto che PS, Verdi e Partito pirata, così come membri sparsi di tutti gli schieramenti, appoggiano il referendum.
La raccolta di sottoscrizioni è stata ufficialmente lanciata da Digitale Gesellschaft Schweiz (Società digitale), dall’associazione indipendente Campax, dalla piattaforma WeCollect e dal gruppo PublicBeta. Per segnare l’avvio della campagna, dei cittadini hanno prodotto, grazie a uno strumento automatico sul web, decine di migliaia di eID svizzere che circoleranno sui social media, si legge in un comunicato odierno.
Queste “Swiss eID” personalizzate rappresentano la rivendicazione centrale del referendum, ovvero il desiderio di un documento digitale fornito dallo Stato, e non da imprese private. Secondo l’alleanza che si ribella alla nuova legge, il Parlamento si è piegato alle esigenze dell’economia e saranno democrazia e popolo a pagarne le conseguenze.
L’identità elettronica sarà l’identità ufficiale degli svizzeri, ricordano le organizzazioni. I contratti, le transazioni finanziarie, le informazioni sulla sanità, i servizi amministrativi, ma anche le dichiarazioni d’imposta e le decisioni politiche saranno trattate in forma digitale tramite un’eID.
Secondo i promotori del referendum, preoccupati da problemi legati alla sicurezza, è incomprensibile che la Confederazione nomini esclusivamente dei privati come fornitori di servizi a tal proposito. In questo modo, lo Stato avrebbe solo un controllo limitato e non sarebbe responsabile dell’archiviazione e dell’utilizzo dei dati personali dei cittadini.
L’alleanza ricorda infine che un sondaggio ha mostrato come l’87% della popolazione voglia ottenere questo documento dallo Stato, principalmente per mancanza di fiducia nelle imprese private in materia di protezione dei dati. Ma il Parlamento non ha tenuto conto di questa volontà, criticano i referendisti.