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No Billag: naufragio totale, iniziativa respinta da 72% dei votanti

Tramonta definitivamente l'iniziativa No Billag. KEYSTONE/ENNIO LEANZA sda-ats

(Keystone-ATS) Dopo aver suscitato paura nel mondo politico e in quello mediatico No Billag fa naufragio totale allo scoglio delle urne: una chiara maggioranza della popolazione svizzera (71,6%) ha bocciato l’idea di abolire il canone radiotelevisivo.

E lo ha fatto con convinzione in tutti i cantoni, Ticino compreso, dove è mancato il voto di protesta da taluni sperato e da altri temuto.

L’esito del voto è inequivocabile e ampiamente condiviso, con differenze regionali tutto sommato limitate. L’opposizione è stata assai marcata in Romandia, dove i programmi della SSR godono di un sostegno maggiore che in altre regioni. Campioni in questo ambito sono stati Neuchâtel (78,3% di no), Giura (78,1%) e Friburgo (77,6%), seguiti a ruota dai Grigioni (77,2%), particolarmente sensibili al tema.

I no meno convinti sono giunti da Svitto (62,1%) e da Sciaffusa (62,7%), cantone quest’ultimo in cui è peraltro prevista una multa se non si vota. In terza posizione in questa classifica si piazza il Ticino, dove le schede negative sono state il 65,6%: particolarmente presa di mira negli ultimi mesi, l’emittente RSI si vede quindi sostenuta da due votanti su tre, un risultato probabilmente insperato alcuni mesi or sono.

Appare lontano lo shock del 14 giugno 2015, quando il cantone italofono aveva respinto (52,0%) la modifica della legge sulla radiotelevisione, che prevede il passaggio a un prelievo generalizzato per tutte le economie domestiche e le imprese di una certa grandezza. A livello nazionale la normativa era passata per un soffio: 50,1% di sì, meno di 4000 schede di differenza.

Contrariamente ad allora oggi il risultato è fin da subito apparso chiaro. Alla fine dello spoglio i sì sono stati 833’630, i no 2’098’139: una differenza di quasi 1,3 milioni di schede. La partecipazione si è attestata al 54,1%: sopra la media sono i dati di Ticino (64,8% ) – solo a Sciaffusa la mobilitazione è stata maggiore – e Grigioni (53,9%).

L’esito del voto non si discosta nemmeno tanto dagli ultimi sondaggi, sebbene sia un po’ più netto del previsto. In dicembre la situazione non appariva invece così chiara: addirittura vi erano stati rilevamenti demoscopici in cui il sì era in vantaggio, ciò che aveva diffuso sconcerto fra i contrari alla proposta, costringendoli a serrare i ranghi.

Al termine di una campagna di votazione molto lunga e intensa ha prevalso il maggior peso di questi oppositori: a favore di No Billag si sono infatti schierati solo l’UDC, l’Unione democratica federale, i Giovani liberali radicali e l’Unione svizzera arti e mestieri (USAM). Tutto il resto dello spettro politico ed economico, nonché il mondo sindacale e culturale si sono attivamente impegnati contro, esprimendo timori per la tenuta della coesione nazionale e dello stesso buon funzionamento della democrazia elvetica.

I contrari all’iniziativa sono stati aiutati anche dal Consiglio federale, che ha ridotto ai cittadini l’onere da pagare. Dal 2019 il canone a carico delle economie domestiche scenderà infatti da 451 a 365 franchi all’anno; le imprese verseranno in base al loro giro d’affari, quelle con ricavi inferiori a mezzo milione saranno esentate. Tutti saranno comunque tenuti a pagare l’obolo, indipendentemente dal consumo di programmi o dal possesso di apparecchi di ricezione.

Seppur sconfitti i promotori – un gruppo di giovani politici praticamente sconosciuti al grande pubblico, di tendenze radicali, libertarie e conservatrici – possono comunque legittimamente rivendicare il fatto di aver suscitato un vivace dibattito sul tema. Che non è destinato a chiudersi in fretta: la stessa SSR ha ammesso che sono necessarie riforme e ha già annunciato un programma di risparmio con conseguenze sull’organico.

La discussione sul servizio pubblico radiotelevisivo si intreccia inoltre con una situazione dei media in generale tutta da ridefinire, con i vari attori del ramo impegnati a far fronte a profondi mutamenti.

Durante la campagna di votazione su No Billag si sono levate anche voci in favore di un’iniziativa meno radicale, che chieda il dimezzamento del canone. L’unica cosa certa è che il termine Billag sparirà dal linguaggio politico: dall’anno prossimo il mandato di riscuotere il canone passerà infatti dalla società controllata da Swisscom all’azienda zurighese Serafe.

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