Un’iniziativa privata per una pace possibile
Personalità di spicco della società civile israeliana e palestinese si incontrano il primo dicembre a Ginevra per firmare un accordo di pace.
Battezzato «Iniziativa di Ginevra», questo accordo deve molto all’operato del ginevrino Alexis Keller.
Sei settimane dopo la conclusione dei negoziati in Giordania, i protagonisti dell’Iniziativa di Ginevra s’incontrano sulle rive del lago Lemano per la firma ufficiale del documento.
È un ritorno alla fonte, poiché l’idea di questo accordo è nata proprio a Ginevra nel corso dell’estate 2001, quando il filosofo del diritto ginevrino Alexis Keller propone al suo amico Yossi Beilin, già ministro israeliano della giustizia, di portare a termine i negoziati di Taba, sospesi nel gennaio 2001.
L’israeliano, che ha partecipato ai negoziati di Oslo, contatta allora il palestinese Yasser Abded Rabbo, figura di spicco dell’OLP, anch’egli presente a Oslo.
Iniziano allora dei negoziati segreti che culminano, il 12 ottobre scorso, in un accordo di una sessantina di pagine corredate da trenta carte geografiche. Il documento propone un piano di pace globale e definitivo. Offre anche tutta una gamma di soluzioni dettagliate ai problemi sollevati nel corso dei negoziati di Taba.
Da quando è stato pubblicato, l’accordo non cessa di suscitare reazioni contrastanti. Alexis Keller le passa in rassegna.
swissinfo: Come valuta l’accoglienza riservata all’Iniziativa di Ginevra?
Alexis Keller: La comunità internazionale si è dimostrata in larga maggioranza favorevole all’iniziativa. Bisogna però dire che gli Stati Uniti si sono mostrati più reticenti dell’Europa.
In Israele, il governo ha manifestato la sua ostilità con una violenza che mi ha sorpreso. L’opinione pubblica è ancora divisa, ma penso sia normale dal momento che ci si sta occupando di promuovere l’iniziativa solo da poche settimane. L’idea di base però si sta facendo strada. Gli israeliani cominciano a comprendere che è possibile trovare una soluzione pacifica a questo lancinante conflitto.
Nei territori occupati, le reazioni sono generalmente positive. Inoltre i firmatari palestinesi – tra i quali figuarano dei membri dell’ala dura del Fatah – sono impegnati in modo attivo nella promozione dell’accordo (n.d.r.: Al momento dell’intervista Keller ignorava che il Fatah avrebbe ritirato, un giorno prima della firma, il suo appoggio all’Iniziativa di Ginevra).
Come in Israele, ci sono delle opposizioni, in particolare quella di Hamas e della Djihad islamica.
Dalle due parti però, un numero crescente di persone sta cominciando a capire che le strade battute finora non portano da nessuna parte e che non può esserci soluzione militare a questo conflitto.
swissinfo: Quali sono le reazioni dei paesi arabi?
A.K.: L’Egitto e la Giordania hanno espresso pubblicamente ed in modo molto chiaro il loro sostegno all’accordo. Lo ritengono un elemento essenziale per la costruzione della pace nella regione.
Per quanto ne so, l’Arabia Saudita – anche se in modo più riservato – ha mostrato dei segni d’interesse che si sono tradotti in telefonate d’incoraggiamento ai più alti livelli.
La Siria, che ha un contenzioso aperto con Israele, non si è ancora pronunciata ufficialmente.
swissinfo: Qual è, a suo parere, il punto debole del documento?
A.K.: Il testo non affronta in modo approfondito un punto molto importante: la distribuzione delle risorse idriche.
Ma, per la prima volta dopo 50 anni, siamo in presenza di un accordo globale e definitivo che tratta in dettaglio la quasi totalità dei problemi.
Sono fermamente convinto che questo documento servirà da base a qualsiasi altro accordo che verrà stipulato in futuro.
swissinfo: L’accordo è frutto del lavoro di personalità estranee agli attuali governi e prende in considerazione le opinioni espresse dalla popolazione. Questo modo di procedere può servire da modello per la soluzione di altri conflitti?
A.K.: Ne sono convinto. Attualmente sono in corso grandi riflessioni sul ruolo dello Stato e sui suoi continui mutamenti.
Queste riflessioni sottolineano il peso sempre maggiore della società civile nelle relazioni internazionali e, in particolar modo, nella soluzione dei conflitti. Ecco perché penso che questo tipo d’iniziativa privata avrà un grande futuro.
swissinfo: Alfred Donath, presidente della Federazione svizzera delle comunità israelite, ha rimproverato Micheline Calmy-Rey per non aver avvertito tempestivamente il governo israeliano di questa iniziativa. Una critica giustificata?
A.K.: In primo luogo bisogna ricordare che Alfred Donath è un paladino dei sostenitori della linea dura in Israele. La comunità ebraica svizzera è molto divisa al suo interno in merito all’Iniziativa di Ginevra.
Per quanto riguarda la nostra ministra degli esteri, non credo che il suo comportamento possa essere interpretato come un’azione contro il governo israeliano. Noi le abbiamo chiesto un sostegno logistico e lei ce lo ha accordato.
Se questo tipo di sostegno rappresenta davvero un problema, allora bisogna rivedere tutta la politica di promozione della pace seguita dalla Svizzera e dal suo Dipartimento degli affari esteri, una politica che si basa su un mandato approvato dal parlamento.
Intervista swissinfo: Frédéric Burnand, Ginevra
(traduzione, Doris Lucini)
Alla fine del 2001, Alexis Keller e Yossi Beilin, già ministro israeliano della giustizia e principale artefice degli accordi di Oslo, decidono di portare a termine i negoziati di Taba, lanciati da Bill Clinton, Yasser Arafat e Ehud Barak nel gennaio dello stesso anno.
Alexis Keller e suo padre, un ex diplomatico e banchiere, s’impegnano personalmente e finanziariamente nei lavori di preparazione dell’accordo, lavori che spesso si svolgono nello chalet di famiglia ubicato nelle Alpi bernesi.
Il 12 ottobre 2003, Yossi Beilin e il suo omologo palestinese Yasser Abed Rabbo concludono in Giordania un accordo di pace. Il primo dicembre 2003 l’accordo viene firmato a Ginevra, città da cui prende il nome.
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